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Davigo a processo, il contrappasso nel trentennale di Tangentopoli

Il campione del giustizialismo rinviato a giudizio per rivelazione di segreto d’ufficio. Lui si professa innocente, ma dice(va) pure che gli innocenti sono colpevoli non ancora scoperti

Piercamillo Davigo

Piercamillo Davigo

Piercamillo Davigo, ex presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati ed ex membro del Consiglio Superiore della Magistratura, andrà a processo per rivelazione di segreto d’ufficio. Una vera e propria nemesi per un conclamato campione del giustizialismo. Soprattutto perché, tanto per girare il coltello nella piaga, la notizia è arrivata nell’anniversario di Tangentopoli, di cui il Nostro fu notoriamente uno dei protagonisti.

“C’è sempre un puro più puro che ti epura”

Diceva Pietro Nenni, storico leader del Psi, che «a fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro che ti epura». Un monito che il direttore de Il Riformista Piero Sansonetti ha perfidamente citato in occasione del rinvio a giudizio dell’ex giudice di Cassazione Piercamillo Davigo. Noto per ritenere che «non esistono innocenti; esistono solo colpevoli non ancora scoperti» o, in versione alternativa, «non esistono innocenti ma colpevoli che l’hanno fatta franca».

È quantomeno curioso, dunque, che il diretto interessato si professi innocente ora che Federica Brugnara, Gup di Brescia, ha deciso di mandare lui alla sbarra. Ed è un’ulteriore ironia della sorte il fatto che, nel trentennale di Mani Pulite, nel tritacarne giudiziario sia finito proprio un ex membro del pool.

Mani pulite
Mani pulite

Il procedimento, che scatterà il prossimo 20 aprile, ruota attorno alle dichiarazioni dell’avvocato Piero Amara, già legale esterno di Eni. Il quale ha rivelato l’esistenza di una presunta associazione massonica, la Loggia Ungheria, capace di condizionare la magistratura e altri apparati dello Stato.

Piero Amara. davigo
Piero Amara

Il Dottor Sottile ricevette il dossier dal Pm milanese Paolo Storari, preoccupato di quello che gli pareva un eccessivo immobilismo da parte della “sua” Procura. E, come ricorda Il Foglio, ne parlò (almeno) con David Ermini, vicepresidente del Csm, Giovanni Salvi, Pg della Cassazione, e Nicola Morra, presidente pentastellato della Commissione antimafia.

David Ermini
David Ermini

Il piccolo particolare è che i verbali del faccendiere di Trinacria erano secretati, da cui l’accusa di rivelazione di segreto d’ufficio. D’altronde, da caso Amara a casi amari è un attimo.

Le accuse contro Davigo

Storari ha scelto il rito abbreviato, e i Pubblici Ministeri bresciani hanno chiesto per lui sei mesi di condanna. L’idolo dei manettari, invece, è più che intenzionato a dare battaglia, anche perché la sua posizione è piuttosto controversa.

Paolo Storari, davigo
Paolo Storari

Per esempio perché un altro consigliere di Palazzo dei Marescialli (e suo ex amico), Sebastiano Ardita, si ritiene «danneggiato» dalla divulgazione dell’interrogatorio del leguleio siciliano. Il quale lo aveva tirato in ballo con delle illazioni già da tempo smentite attraverso prove concrete. Ardita, come riferisce Il Tempo, sospetta che Davigo abbia diffuso i documenti per «screditarlo» agli occhi dei colleghi. Tanto da essersi costituito, non sorprendentemente, parte civile contro entrambi i “loquaci” colleghi.

Sebastiano Ardita
Sebastiano Ardita

Come detto, però, la principale ipotesi di reato è un’altra. Nel capo d’imputazione si legge che Davigo rassicurò Storari «di essere autorizzato a ricevere copia degli atti». Come infatti ha sempre sostenuto, il segreto investigativo non è opponibile ai togati dell’organo di autogoverno dei giudici – come lui all’epoca – «per espressa circolare del Csm».

Csm
Csm

Davigo si riferisce alla Circolare n. 510 del 15 gennaio 1994. Che però, come aveva puntualizzato Italia Oggi, si applica ai procedimenti penali contro i magistrati – e non è questo il caso. Inoltre, è difficile pensare che possa aver luogo «fuori da ogni procedura formale», come ha scritto il Giudice dell’udienza preliminare.

bilancia della giustizia, davigo
Bilancia della giustizia

Naturalmente, spetterà al Tribunale della Leonessa d’Italia stabilire la verità dei fatti. Intanto però è un sollievo sapere che la legge è davvero uguale per tutti. Anche quella del contrappasso.