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Dalla Regione Lazio autorizzazione a 4 cave a Roma e Viterbo

I dati di Legambiente sull’attività di estrazione nel Lazio

Con voto favorevole a maggioranza, un voto contrario e due astensioni l’VIII Commissione del Consiglio regionale del Lazio dà il via libera a quattro schemi di deliberazione di Giunta per l'autorizzazione di quattro cave, di cui due a Roma e due in provincia di Viterbo (Orte e Vasanello).

Diversi saranno i materiali estratti: basalto nell’area della Capitale, dove si è stabilita l’apertura di una cava in località "Riserva della Casaccia", con autorizzazione decennale a favore della “Generale Srl” di Roma ed a "Prato Mentuccia" data in concessione all'azienda capitolina “Miri Cave Srl”; travertino, estratto in località "Fontana Antica" a Vasanello ricavato dalla “Travertini Sant'Andrea Giganti Renato Srl” di Serre di Rapolano (Si), sempre per un decennio; sabbia e ghiaia, infine, verranno ottenute dall’attività, della durata di sette anni, sulle terre di Radigara (Orte) dalla ditta “Semag Srl” (Testa di Lepre – Fiumicino).

Quest'ultima deliberazione deve ancora essere sottoposta al parere della commissione Ambiente, a differenza delle altre tre che tornano in Giunta per l'approvazione definitiva. Nel corso della stessa seduta la VIII Commissione ha preso atto della procedura istruttoria per la designazione di tre componenti della "Commissione regionale consultiva per le attività estrattive", trasmettendo gli atti al Consiglio regionale. L'Aula individuerà tra i curricula presentati tre esperti esterni all'amministrazione regionale in possesso di requisiti di professionalità e competenza, rispettivamente, in ingegneria mineraria, in geologia e in scienze agronomiche e forestali.

Rimanendo in tema di attività estrattiva , è bene fare chiarezza, dati alla mano, su questo settore economico cosi sviluppato e vivace, come vedremo tra poco, nella nostra Regione.

Annualmente, nelle 288 cave attive nel Lazio, vengono estratti 14.980.500 metri cubi di sabbia e ghiaia e 687.674 metri cubi di pietre ornamentali con canoni rispettivamente di 0,30 e 2,00 Euro al metro cubo, ai quali si aggiungono 4.360.675 metri cubi di calcare e 230.400 metri cubi di argilla, con canoni rispettivamente di 0,50 e 0,30 Euro al metro cubo; il tutto crea un giro di affari da 190 milioni di Euro (nella sola Regione) a fronte del miliardo di Euro totalizzato dall’Intera Nazione italiana. La scarsa presenza di leggi che regolamentino in modo preciso le attività minerarie, pene quasi inesistenti per gli illeciti e le poche tasse hanno favorito il fiorire lussureggiante delle cave nella regione del Centro Italia.

Stando agli studi e alle dichiarazioni di Legambiente, accanto alle circa trecento miniere attive, si sommerebbero le 475 inattive, per lo più abbandonate. La nota organizzazione ambientalista, così attenta alla stabilità idro-geologica, viste le recenti catastrofi dovute all’eccessivo sfruttamento del terreno, avanza proposte nel tentativo di arginare questo settore senza controllo. Una di queste è l’aumento dei canoni per l’estrazione che costringerebbe i cavatori a sfruttare anche gli inerti già estratti che giacciono abbandonati in enormi depositi. Sempre Legambiente, nel “Rapporto Cave 2014” – documento da cui sono stati estrapolati questi dati – denuncia che il sistema normativo in materia di estrazione di minerali per fini edili (che è la prima voce in questo settore) è fermo al 1927 ed urge, quindi, una radicale riforma.

Tra le tante proposte avanzate dall’organizzazione spicca quella di "introdurre canoni di concessione più alti, almeno, del 20%, rispetto al prezzo di vendita, e favorendo il riciclo degli inerti provenienti dall'edilizia in modo da ridurre sensibilmente l’utilizzo delle discariche come avviene negli altri Paesi europei. Se si puntasse con più convinzione sul riciclo degli inerti si potrebbe tranquillamente ridurre il prelievo da cava, magari innescando anche un serio processo di rinnovamento del parco edilizio esistente" – usando le parole di Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio.

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