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Dal sogno all’incubo, quanta strada c’è? Poco più di ottant’anni

Ignaro di ciò che si sta per abbattere sul genere umano, Byron dà voce al sogno di quella terra amata che per lui fu l’Oxiana…

Dal sogno all’incubo, quanta strada c’è? Poco più di ottant’anni. Questo è il tempo che ci separa da quando Robert Byron decise di intraprendere il suo viaggio in Iran e in Afghanistan, nel 1933 – l’anno in cui Hitler prese il potere in Germania. Viaggio che prese consistenza narrativa nel libro “La via per l’Oxiana” (ed. it. Adelphi). Con negli occhi e nelle orecchie le notizie della recente crisi internazionale, con la memoria alle Guerre nel Golfo e a tutti i disastrosi sviluppi geo-politici dell’ultimo mezzo secolo, si resta senza fiato a scoprire che cosa fu il Medio Oriente per alcuni avventurosi europei della prima metà del Novecento.

Non a caso il saggio di Bruce Chatwin che l’editore ha voluto premettere al libro, si intitola “Lamento per l’Afghanistan”. Un maestro riconosciuto della letteratura di viaggio come Chatwin, riconosceva di avere uno dei suoi modelli in Robert Byron, che, tra le altre cose, ebbe la ventura di avere un cognome piuttosto ingombrante, dal punto di vista della storia della letteratura inglese. Come se un promettente scrittore tedesco facesse di cognome “Goethe”, o un giovane italiano “Leopardi” o “Manzoni” – così il giovane Robert versava il suo tributo al grande nume del Romanticismo inglese, a quel Lord Byron che Arthur Schopenhauer rimpianse per tutta la vita di non essere riuscito a conoscere.

Ora, che sia stata la mano più morbida e felice dell’imperialismo inglese, che nell’area aveva ramificati interessi, rispetto a quanto accaduto poi con la Guerra fredda, resta il fatto che Byron ci racconta di terre di sogno, laddove il gioco di luci, i monumenti, gli odori, i sapori, le grandi figure del passato islamico e persiano, le memorie della spedizione di Alessandro, erano ancora in grado di creare atmosfere meravigliose.

Una volta Adorno, in un passo della prima parte di “Minima Moralia”, datato 1944, disse che le V2 hitleriane avevano confutato la filosofia della storia di Hegel, in quanto, grazie a loro, lo Spirito del mondo si era mostrato non come a cavallo – secondo una celebre immagine dello stesso Hegel, a proposito di Napoleone – ma come alato e senza testa e che questo costituiva, per il pensiero storicistico di Hegel, la confutazione definitiva (aforisma 33).

La verità di certe tesi risulta – nonostante tante tranquillizzanti, e false, rassicurazioni ottimistiche – dalla misura in cui possiamo toccare certe cose con mano. E non solo per la distruzione dei Buddha di Bamiyan, cui Roberto Calasso ha dedicato un memorabile commento. Si tratta della distruzione di un intero mondo, di più, di una serie di mondi storici concatenati di cui, tra un po’, avremo conoscenza solo in fotografia.

Ma chi scriverà della nostra epoca, come Robert Byron scrisse della sua? Con altrettanta classe, passione, grazia, leggerezza? Nessuno, con ogni probabilità. La verità è che, se l’umanità non è più la stessa di prima, non è più in grado di conservare quelle peculiarità che, in passato, l’avevano resa tale, allo stesso modo non è all’altezza di comprendere verso dove ci stiamo affacciando…

Che molti luoghi del Medio Oriente e del Maghreb siano diventati soltanto ricettacoli di morte, non è qualcosa di cui è possibile trascurare l’importanza. Forse ci attendono, in futuro, radiose colazioni in cui ebrei, musulmani e cristiani avranno imparato a convivere insieme, senza dover subire il tacco di un padrone straniero, arrogante e inopportuno. Ma i grandi risultati, le grandi conquiste, una Pace incondizionata tra le Religioni del Libro, non è una vittoria ad un torneo di bocce e, ad opporsi, è la guerra che abita nelle nostre viscere, il Polemos che, secondo Eraclito, è padre di tutte le cose, di tutte re (frammento 53)…

Da allora, il fuoco si è spostato da una zona del mondo all’altra. Dal 1939 al 1945, l’Europa entrava nella Seconda guerra mondiale, nel conflitto più tragico della sua storia. Ma, negli ultimi cinquant’anni è stato il Medio Oriente ad essere massacrato da una serie di conflitti senza fine. Da quel dramma per il quale, già a proposito della Prima guerra mondiale, Karl Kraus aveva utilizzato l’espressione di ultimi giorni dell’umanità.

Ignaro di ciò che si sta per abbattere sul genere umano, Byron dà voce al sogno di quella terra amata che per lui fu l’Oxiana, per poi morire, prematuramente, nel 1941. Incastonando in meno di quattrocento pagine quasi perfette, una delle grandi esperienze di vita, che esisteranno finché ci sarà vita umana sulla terra: il viaggio.

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