Da Roma a San Marino per sopravvivere: la storia di Sara e del figlio autistico lasciati senza assistenza
Il racconto: “Abbiamo lasciato il nostro mondo perchè non c’era più alternativa. A San Marino funziona tutto”

medicina e assistenza pubblica
La città di Roma non è riuscita ad essere all’altezza e non ha fornito assistenza a chi ne ha bisogno. È quello che racconta con voce amareggiata Sara, madre di un ragazzo autistico di 12 anni. Da mesi, la famiglia ha visto dissolversi il sostegno sanitario su cui contava per affrontare ogni giorno. Alla fine, Sara ha dovuto prendere una decisione dolorosa ma inevitabile: lasciare tutto e trasferirsi con i suoi due figli a San Marino.
Cosa è successo
“In Romagna abbiamo trovato umanità, dignità e rispetto. A Roma invece, nonostante le promesse delle istituzioni, siamo stati abbandonati”, racconta. Una dichiarazione che pesa come un atto d’accusa verso un sistema che, troppo spesso, resta sordo ai bisogni dei più fragili.
Il figlio di Sara è affetto da una forma grave di autismo, riconosciuta con la legge 104 del 1992. Accanto a lui ci sono la madre e un fratello maggiore che negli anni si è trasformato in un secondo caregiver, dividendosi tra affetti, scuola e l’impegno costante di aiutarlo giorno e notte.
Fino a poco tempo fa, la famiglia poteva contare su due servizi fondamentali: le terapie domiciliari orientate all’autonomia e il SAISH, un programma comunale per l’assistenza educativa dei minori con disabilità. Poi tutto si è fermato, senza preavviso e senza un’alternativa concreta.
“Ora possiamo respirare”
“I servizi sono stati sospesi, e con loro anche la nostra possibilità di andare avanti”, spiega Sara. “Nonostante avessimo diritto a un supporto costante, ci siamo ritrovati da soli. Roma ha smesso di tutelarci”.
Accanto alle difficoltà burocratiche, anche un muro sanitario difficile da abbattere. “Dal 2022 ho cominciato a documentare ogni dettaglio clinico di mio figlio. Ho portato prove, foto, sintomi, cercando una spiegazione. Ma la risposta era sempre la stessa: ‘Non esiste nulla che giustifichi tutto questo’”. I medici, anche specialisti, hanno spesso sottovalutato il quadro complesso, liquidando la madre come iperprotettiva o allarmista.
Il trasferimento non è stato una fuga, ma un atto di sopravvivenza. San Marino ha accolto la famiglia con calore e disponibilità. “Qui funziona tutto. Le persone ti ascoltano, sorridono, cercano soluzioni. È stato scioccante scoprire quanto sia possibile sentirsi accolti da subito, senza dover combattere ogni giorno contro la burocrazia”.
“Oggi possiamo respirare. Mio figlio riceve attenzioni, assistenza e soprattutto rispetto”, dice Sara. Ma il pensiero torna sempre a Roma, a chi è rimasto indietro. “Abbiamo lasciato la nostra casa, i nostri affetti, il nostro mondo. Ma non per scelta. Lo abbiamo fatto perché non c’era più alternativa. E intanto nessuno, tra chi governa la città, si chiede davvero cosa stia succedendo”.