CatholicMatch, la app di incontri cattolica: “Sì! Oggi San Paolo sarebbe digitale”
Monsignor Tommaso Stenico a proposito dell’app di incontri cattolica: “Bisogna però fare attenzione a chi c’è dall’altra parte”
Il frutto della cultura digitale secondo alcuni, il Tinder dei cattolici secondo altri. Sta di fatto che sempre più utenti utilizzano CatholicMatch, l’app di incontri che consente di mettere in relazione persone che condividono la stessa fede o principi religiosi. In questo caso, quelli della chiesa cattolica.
Come funziona e i risultati
Un’applicazione per certi versi singolare, almeno inizialmente gratuita, che chiede agli iscritti di indicare il grado di osservanza dei precetti cattolici. Qualcuno sostiene anche che sia molto funzionale, a giudicare dalle probabilità di successo ottenute dopo l’utilizzo dagli utenti. In alcuni casi, dicono, i risultati sono anche migliori rispetto ad altri siti o app dalle stesse proprietà.
Diverse le storie che raccontano il successo degli incontri avvenuti tra fruitori dell’app. Con buona pace di quelli che ritengono che determinate opportunità tecnologiche siano ben lontane dai principi e dalle pratiche di un credo religioso.
E’ forse la dimostrazione che la contemporaneità in termini sociali certo, ma anche religiosi, passa anche e soprattutto attraverso queste nuove modalità di comunicazione?
Lo abbiamo chiesto a Monsignor Tommaso Stenico, docente e scrittore, già prelato d’onore di Sua Santità presso la Santa Sede.
“Non conosco nei dettagli l’applicazione” dice Monsignor Stenico “ma la Chiesa è stata in assoluta la prima a porsi questo problema. Dal 1962 al 1965 si è tenuto il Concilio Ecumenico Vaticano II e uno dei 16 documenti elaborati in tre anni di lavoro, frutto della mente di vescovi provenienti da tutto il mondo, era dedicato a titolo Inter Mirifica, cioè tra le cose più belle, ai mezzi della comunicazione sociale. Dalla metà degli anni sessanta quindi, la Chiesa ha aperto le porte ai mezzi della comunicazione. Il Vangelo stesso ha detto predicate super tecta allora. La Chiesa fa di tutto perché la parola di Dio passi da sopra i tetti. Se S. Paolo fosse esistito oggi, sarebbe certamente un digitale. Io stesso ho due siti che curo quotidianamente, che utilizzo per divulgare la parola del Signore“.
Dunque c’è una discreta utilità?
“Sì. Molti preti utilizzano Youtube, quasi tutte le parrocchie ora sfruttano un proprio sito internet. Io ho un rimpianto, morire prima di vedere dove arriverà definitivamente la comunicazione digitale. Credo che nel prossimo decennio faremo passi da gigante. Ma in queste realtà c’è un problema: chi c’è dall’altra parte? E’ gente che si industria, che finge chissà cosa? Certamente se il fine non è veritiero, c’è il male”.
Queste applicazioni se paragonate ad altre di similare funzione, possono banalizzare il messaggio, il ruolo della Chiesa?
“Dipende se esiste la retta intenzione da parte di chi utilizza questa app, se si sfrutta la Chiesa per altre finalità. Ne va dell’onestà di chi ha realizzato questo tipo di opportunità. L’intenzione maligna, farebbe male non solo alla Chiesa, ma a tutta la comunità. Tutti gli esponenti delle neo confessioni religiose, sono in televisione tutti i giorni. Si sente lontano un miglio se il pastore è davvero un istruito nella materia per la quale intende parlare, o se al contrario è un improvvisato. Questa gente ha un fascino particolare, che spesso i preti della Chiesa Cattolica non hanno. Io ricordo un vecchio esponente politico, nella mia prima parrocchia che mi diceva: “Don Tommà, voi non ci sapete fare. Se noi avessimo la possibilità di parlare tutte le volte che avete voi a una folta comunità, come quella che avete voi in chiesa, noi cambieremmo l’Italia”. Aveva ragione”.