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Caso Zaniolo, Italo Cucci: “Affidate Niccolò a Totti”

Il direttore di Italpress sul caso Zaniolo: “Niccolò deve capire cosa significa essere un professionista. I tifosi? Sono peggiorati”

Il direttore di Italpress, Italo Cucci

Italo Cucci

Situazione al limite del sostenibile e senz’altro da stigmatizzare in toto quella che si sta verificando a Roma nei confronti di Nicolò Zaniolo.

I fatti delle ultime ore

Uno striscione recante un molto poco educato invito a recarsi altrove, affisso nella serata di domenica, poco dopo la sconfitta della squadra di Josè Mourinho contro il Napoli che precedeva di poco un altro episodio, avente protagonista un gruppo di ultras ritrovatosi sotto casa del giocatore.

Insulti, clima tesissimo. Una situazione che avrebbe portato il calciatore a cercare di scappare chiedendo l’aiuto della polizia, intervenuta con una pattuglia.

In queste ore Zaniolo è tornato a La Spezia, città nella quale è nato, per cercare di ritrovare serenità con la As Roma. Il giocatore, di concerto con la società, non ha fatto parte all’allenamento odierno. Questo, anche in relazione a eventuali ultimi sviluppi relativi al calciomercato.

Intanto, proseguono le indagini da parte degli inquirenti per rintracciare e identificare gli autori del blitz, cercando di far luce all’interno di una vicenda ancora tutta da chiarire.

Nel frattempo, abbiamo chiesto un commento a Italo Cucci, direttore di Italpress.

“Sono episodi che non vengono presi come tema del calcio” – ha detto Cucci – “Sono la punta di un fenomeno che io chiamerei ‘Fratelli Coltelli’. Prima si amano, poi si odiano. E’ come la vicenda di Acerbi dall’altra parte. C’è questo eccesso di titolarità del campione, che però il campione non capisce. Giorni fa ho scritto una cosa: perché non affidate Zaniolo a Francesco Totti, che gli spiega come si vive?”

Il germe della violenza a quanto pare è ancora altamente presente e insito, in una parte perlomeno, dei tifosi

“Sono peggiorati. Rivedevo in questi giorni un antico rapporto che ho avuto con uno dei più famosi dei ragazzi della Curva Sud, che si chiamava Geppo. Avemmo uno scambio di lettere sul Guerin Sportivo. Mi viene quasi da dire che quello fosse il periodo intellettuale. Anche se in realtà, non è che in Curva Sud ci fossero dei figli di Maria. Però era un altro mondo. Tutto prende il suo tempo. In questo momento questi episodi di violenza, di odio, comprendono l’aggravante dei social. Allora non c’erano e le cose si sbrigavano da uomo a uomo, con rapporti duri. La storia di Geppo è diventata per me una medaglia al valore perché in quei tempi la principessa di Monaco, Grace Kelly, aveva organizzato un premio destinato a chi avesse scritto qualcosa sul tema dello sport senza violenza. E io non partecipai al concorso, ma lo vinsi proprio grazie alla storia di Geppo. Andai a Montecarlo a ritirare il premio, quando la principessa era morta da poco tempo in un incidente stradale. Ho ancora una bella foto con Ranieri e mi ritrovai con personaggi di un mondo strepitoso. Ricordo anche il mitico capo di France Football. Mi diedero anche un cospicuo assegno, di cui conservo solo la fotografia”.

Cosa è cambiato da allora?

“Allora si ragionava su certe cose, si entrava nei problemi. Questi si vivevano con dei ragazzi che avevano turbamenti di varia natura. All’epoca ti portavano via i RayBan, le catenine d’oro, le Timberland. In curva succedeva di tutto. Oggi è tristissimo, ma è anche tutto peggiorato. Quando dirigevo il Corriere dello Sport il massimo del turbamento fu raggiunto quando a una situazione critica della Roma buttarono del pesce a Trigoria. Zaniolo, lo ripeto, deve capire dov’è, come si vive e che cosa significa essere un professionista”.