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Caro energia, Confartigianato: a rischio 3,5 mln di posti di lavoro. Le regioni più colpite

“Rischiamo un’ecatombe”, avverte il presidente Marco Granelli. A rischio 881mila Pmi di oltre 40 settori

Caro energia imprese Confartigianato

In vista dell’autunno continuano incontri e stime sul tema del caro energia, nonostante la piena campagna elettorale. In vista di una serie di incontri con i leader politici prima del voto, Confartigianato ha stimato numeri che devono essere presi in considerazione, prima e dopo il 25 settembre prossimo.

Caro energia: l’analisi di Confartigianato

Confartigianato ha analizzato “l’impatto sempre più vasto e pesante della folle corsa dei prezzi di gas ed elettricità sulle aziende di 43 settori”. Le stime riportano un quadro d’insieme molto preoccupante: “Il caro energia mette a rischio 881.264 micro e piccole imprese con 3.529.000 addetti, pari al 20,6% dell’occupazione del sistema imprenditoriale italiano, si legge nell’analisi. Il presidente Marco Granelli, che da oggi incontrerà i leader politici in vista del voto, avverte: “Rischiamo un’ecatombe”.

I settori più colpiti

Le attività più esposte “alla minaccia del lockdown energetico e addirittura della chiusura – evidenzia il rapporto – sono quelle energy intensive: ceramica, vetro, cemento, carta, metallurgia, chimica, raffinazione del petrolio, alimentare, bevande, farmaceutica, gomma e materie plastiche e prodotti in metallo”.

Tuttavia, per la Confederazione di artigiani e piccole imprese, “i rincari dei prezzi dell’energia fanno soffrire anche altri 16 comparti manifatturieri in cui spiccano il tessile, la lavorazione del legno, le attività di stampa, la produzione di accumulatori elettrici e di apparecchi per uso domestico, di motori e accessori per auto, la fornitura e gestione di acqua e rifiuti”. Gli effetti del caro energia sono evidenti anche per il settore dei servizi: “17 comparti sotto pressione a causa dell’escalation dei prezzi di energia elettrica, gas e carburanti. Si tratta del commercio di materie prime agricole e di prodotti alimentari, ristorazione, servizi di assistenza sociale residenziale, servizi di asili nido, attività sportive come piscine e palestre, parchi di divertimento, lavanderie e centri per il benessere fisico”.

Infine i settori del trasporto, “colpiti dall’aumento del costo del gasolio: dal trasporto merci su strada ai servizi di trasloco, taxi, noleggio auto e bus con conducente, trasporto marittimo e per vie d’acqua. I rischi si estendono anche alla logistica, con attività come il magazzinaggio e le attività di supporto ai trasporti che subiscono pesanti rincari delle bollette per le attività di refrigerazione delle merci deperibili”.

Regioni: la Lombardia è la più colpita

L’impatto a livello territoriale non è il medesimo. Anzi le differenze sono molto marcate e vanno a decrescere lungo la direttrice Nord-Sud, in base alla concentrazione delle pmi. A livello territoriale, “la regione più esposta ai disastrosi effetti del caro-energia sull’occupazione delle piccole imprese è la Lombardia, evidenzia il rapporto. “Sono a rischio 139mila aziende con 751mila addetti. Non va meglio per il Veneto dove a soffrire sono 77mila piccole imprese con 376mila occupati. Seguono a breve distanza l”Emilia-Romagna (72mila piccole imprese con 357mila addetti), il Lazio (79mila imprese e 304mila addetti), il Piemonte con 62mila aziende che danno lavoro a 262mila addetti, la Campania (77mila imprese con 240mila addetti), la Toscana con 63mila imprese e 228mila addetti, la Puglia (57mila piccole imprese e 177mila addetti) e la Sicilia (63mila imprese con 165mila occupati)”.