Prima pagina » Opinioni » Benedetto XVI sul Concilio: un fallimento. Il Codice Ratzinger spazza via i travisamenti

Benedetto XVI sul Concilio: un fallimento. Il Codice Ratzinger spazza via i travisamenti

Uno dei fenomeni più inspiegabili è il rancore sul Santo Padre Benedetto XVI, il quale, col suo sacrificio, ha salvato la Chiesa ritirandosi in sede impedita senza abdicare

Benedetto XVI

Benedetto XVI

Uno dei fenomeni più inspiegabili della Magna Quaestio è il rancore che si appunta sul Santo Padre Benedetto XVI, il quale, col suo sacrificio, ha salvato la Chiesa (e il mondo) ritirandosi in sede impedita senza abdicare e quindi scismando le forze massonico-mondialiste coagulate intorno all’antipapa Bergoglio.

Il Papa e l’Antipapa

Sono tanti i tradizionalisti che, dominati dalle emozioni, o dagli interessi, si rifiutano non solo di capire, ma anche di discutere della questione esplicitata nell’inchiesta “Papa e Antipapa” e nel volume “Codice Ratzinger” (ByoBlu). Alcuni di loro hanno fomentato una serie di leggende sul “Ratzinger modernista”, “mezzo complice di Bergoglio”, che ha fatto un “errore sostanziale”, un Benedetto che parla del Concilio con entusiasmo etc.

Attenzione, è vero che il giovane Ratzinger, perito al Concilio, inizialmente ebbe una parentesi progressista, dalla quale però si discostò decenni fa, con pubblica ammenda, dopo l’incontro con “il grande teologo” (sua definizione) Hans Urs von Balthasar. Questi era il nemico n. 1 del gesuita Karl Rahner, le cui tesi trionfarono durante il Concilio e che tagliò fuori il teologo svizzero rivale dalla partecipazione, peraltro attribuendogli in modo del tutto abusivo la famosa frase “l’inferno esiste, ma è vuoto”. Leggete qui. (Bisogna ricordare che il primo a sfatare questo mito su von Balthasar è stato il teologo don Alessandro Minutella).

Quindi non si capisce come Benedetto XVI possa essere pro-Concilio se il suo teologo prediletto è von Balthasar, l’”arcinemico” di Rahner. Mah?

Benedetto XVI non è pro-concilio

Tanto per darvi un’idea del livello di travisamento del pensiero ratzingeriano proveniente da certo tradizionalismo, vi basti pensare che si è accusato Benedetto XVI di strizzare l’occhio al Nuovo ordine mondiale, il noto, oscuro disegno massonico-mondialista. Sapete quando? Nel discorso Urbi et orbi di Natale 2005, in questa frase: “Uomo moderno, adulto eppure talora debole nel pensiero e nella volontà, lasciati prender per mano dal Bambino di Betlemme; non temere, fidati di Lui! La forza vivificante della sua luce ti incoraggia ad impegnarti nell’edificazione di un nuovo ordine mondiale, fondato su giusti rapporti etici ed economici”.

Ora, secondo voi, Benedetto si riferiva al Nuovo ordine mondiale massonico, caro a Bergoglio (leggasi intervista del 15 marzo 2021 a La Stampa), oppure alla conversione del mondo sotto l’egida di Cristo, con l’uomo che prende per mano il Bambino di Betlemme? Vedete voi.

Allo stesso periodo appartiene, poi, il famoso discorso sull’ “ermeneutica della continuità” che, nuovamente, è stato travisato dagli ultra-conservatori cattolici come uno sdoganamento in blocco del Concilio. I tradizionalisti credono che dopo il Vaticano II, il cattolicesimo sia praticamente finito e quindi sono per un’interpretazione di discontinuità. I modernisti pure, paradossalmente, dato che pensano che il Concilio abbia tagliato definitivamente i ponti col passato.

La storia della Chiesa prosegue

Papa Ratzinger afferma, invece, che la storia della Chiesa prosegue, con continuità, fra alti e bassi, e una buona intenzione animava il Concilio, cioè quella di fare i conti con la contemporaneità senza tradire assolutamente il deposito della fede. Ecco cosa disse papa Benedetto in quel famoso discorso: “Ovunque questa interpretazione è stata l’orientamento che ha guidato la recezione del Concilio è cresciuta una nuova vita e sono maturati frutti nuovi”.

Ovvero, solo laddove è stata accolta questa buona intenzione (fedeltà + dinamica) ci sono stati buoni frutti.

Ma leggete come prosegue: “Quarant’anni dopo il Concilio possiamo rilevare che il positivo è più grande e più vivo di quanto non potesse apparire nell’agitazione degli anni intorno al 1968”. Capite? Il termine di paragone di questo “positivo” non è, quindi, assoluto, ma solo relativamente ai disastri che si prefiguravano con le più pessimistiche preoccupazioni nel ’68.

E ancora: “Oggi vediamo che il seme buono, pur sviluppandosi lentamente, tuttavia cresce, e cresce così anche la nostra profonda gratitudine per l’opera svolta dal Concilio”. Questa gratitudine, di per sé non comporta l’ammissione del fatto che il Concilio sia stata una pagina vincente e positiva. Soprattutto in ottica cristiana, anche una vicenda fallimentare, o di sofferenza può portare buoni frutti partendo da un buon seme. Ad esempio, S. Ignazio di Loyola, che si convertì dopo essere stato ferito in battaglia, avrebbe potuto essere grato a quella palla di cannone che gli fracassò la gamba perché senza essere stato costretto a letto per molto tempo egli non avrebbe potuto convertirsi, con pie letture, e diventare un grande santo.

L’ammutinamento della Curia verso Benedetto XVI

Così, in questo discorso, Joseph Ratzinger, appena divenuto papa, riuscì a dire la verità lasciando che i nemici modernisti si appagassero di quelle parole, interpretandole a modo loro. Il reale discorso di Benedetto XVI, in sintesi, è invece questo: alcune intenzioni del Concilio erano buone, solo laddove sono state recepite hanno dato frutti migliori di quanto poteva pessimisticamente sembrare nel ’68. Il cammino della Chiesa prosegue anche attraverso pagine positive o negative e quindi non c’è discontinuità tra una fase prima o dopo il Concilio.

Ma la dimostrazione di quanto affermiamo compare sette anni dopo, l’11 ottobre 2012, quando ormai l’ammutinamento della Curia era diventato endemico, tanto che di lì a pochi mesi avrebbe costretto papa Ratzinger all’autoesilio in sede impedita. Benedetto XVI fu molto più esplicito, ma in pochi hanno colto. Ecco come si rivolse ai partecipanti della Fiaccolata dell’Azione cattolica:

Cinquant’anni fa, in questo giorno, anche io sono stato qui in Piazza, con lo sguardo verso questa finestra, dove si è affacciato il buon Papa, il Beato Papa Giovanni e ha parlato a noi con parole indimenticabili, parole piene di poesia, di bontà, parole del cuore. Eravamo felici – direi – e pieni di entusiasmo. Il grande Concilio Ecumenico era inaugurato; eravamo sicuri che doveva venire una nuova primavera della Chiesa, una nuova Pentecoste, con una nuova presenza forte della grazia liberatrice del Vangelo.

Anche oggi siamo felici, portiamo gioia nel nostro cuore, ma direi una gioia forse più sobria, una gioia umile. In questi cinquant’anni abbiamo imparato ed esperito che il peccato originale esiste e si traduce, sempre di nuovo, in peccati personali, che possono anche divenire strutture del peccato. Abbiamo visto che nel campo del Signore c’è sempre anche la zizzania. E che nella rete di Pietro si trovano anche pesci cattivi. Abbiamo visto che la fragilità umana è presente anche nella Chiesa, che la nave della Chiesa sta navigando anche con vento contrario, con tempeste che minacciano la nave e qualche volta abbiamo pensato: «il Signore dorme e ci ha dimenticato”.

Il “Codice Ratzinger”

Avete capito? Ai tempi del Concilio eravamo tutti felici ed entusiasti, ma da allora, da 50 anni, i risultati sono stati disastrosi, tanto che si è visto quanto il peccato originale si possa tradurre in strutture del peccato: zizzania, pesci cattivi, tempeste, vento contrario… Ogni entusiasmo dai tempi del Concilio oggi è spento, si è ridotto a una gioia umile, penitenziale.

Se Benedetto XVI pensasse che il Concilio è stato una grande pagina, interamente positiva per la Chiesa, come avrebbe mai potuto pronunciare quelle parole così meste e dolorose?

Eppure, proseguiva il papa: “Cristo vive, è con noi anche oggi, e possiamo essere felici anche oggi perché la sua bontà non si spegne; è forte anche oggi!”. Nonostante il disastro, Benedetto XVI ha salvato la barca di Pietro con il piano antiusurpazione di cui ormai già sapete tutto e che condurrà la vera Chiesa alla vittoria finale e allo scisma purificatorio.

Ora, una cosa che ancora non colgono i tradizional-sedevacantisti che, con la loro ostinazione, ci regaleranno il prossimo antipapa accettando un falso conclave con 95 non-cardinali di nomina bergogliana, è che Benedetto XVI non aveva il potere di un sovrano assoluto, e soprattutto non era affatto obbedito, fin dall’inizio del suo pontificato. Egli si trovava dunque a dover dire la verità, in modo profondo ed essenziale, lasciando che i modernisti suoi nemici capissero fischi per fiaschi. E’ quello che abbiamo definito “proto-Codice Ratzinger”, ovvero un sistema di comunicazione che ha consentito al card. Ratzinger, poi Benedetto XVI, di dire la verità sopravvivendo fra i lupi e facendoli “contenti e canzonati”.

Questo, tuttavia, non gli ha evitato le ire dei più tetragoni tradizionalisti che oggi, infatti, senza capire niente, infieriscono sul Vicario di Cristo giuridicamente prigioniero e sofferente.

Se non si comprende la sede impedita e il Codice Ratzinger resteranno in piedi degli atroci equivoci, con disastrose conseguenze per la Chiesa e per il mondo.