Bank of America prevede tre miliardi di robot entro il 2060. Sarà Musk a costruirli? Spinapolice spiega cosa cambierà
Bank of America stima 3 miliardi di robot umanoidi entro il 2060 e un mercato da migliaia di miliardi. Dati, effetti e nodi sociali
Un robot intelligente - Romait.it - Depositphotos
Bank of America mette nero su bianco una proiezione destinata a far discutere ben oltre i mercati: entro il 2060 nel mondo potrebbero esserci fino a tre miliardi di robot umanoidi “in proprietà” (unità in circolazione), con un’accelerazione delle vendite già dal prossimo decennio e un potenziale economico misurabile in migliaia di miliardi di dollari. Non è una previsione “da fantascienza”: nel documento gli analisti legano questa traiettoria a fattori concreti, dall’evoluzione dell’intelligenza artificiale alla riduzione dei costi hardware, fino alla possibilità che gli umanoidi coprano quote rilevanti di mansioni industriali e di servizio.
Tre miliardi di robot umanoidi entro il 2060: cosa dice Bank of America e su quali ipotesi si regge
Nel report “Humanoid robots 101”, BofA Global Research parla di 3 miliardi di unità come stima di lungo periodo, legandola a un set di condizioni: robot con funzioni abbastanza mature da operare in ambienti reali, interazione fluida con le persone, produzione a costi accessibili. La proiezione è accompagnata anche da ipotesi sul possibile grado di sostituzione o affiancamento del lavoro in alcuni comparti, soprattutto in ambito industriale e nei servizi. In parallelo, la banca colloca la “multi-industry adoption” sul finire del decennio, con una curva che salirebbe in modo significativo negli anni successivi.
Tre miliardi di robot umanoidi entro il 2060: un mercato da migliaia di miliardi e una nuova corsa globale
Il punto economico è chiaro: se gli umanoidi passano da prototipi a prodotti scalabili, si apre un mercato che non riguarda solo “il robot” ma l’intera filiera — sensori, attuatori, batterie, visione artificiale, software, manutenzione, assicurazioni, formazione, infrastrutture di sicurezza. È anche per questo che vari osservatori e media economici hanno collegato il tema a una competizione planetaria, con la Cina spesso indicata come polo industriale molto aggressivo e gli Stati Uniti come hub di capitali, software e piattaforme. L’idea di un robot ogni tre persone, inoltre, non rimane in borsa: implica trasformazioni in fabbriche, magazzini, sanità, assistenza agli anziani, logistica urbana, persino retail e accoglienza.
Tre miliardi di robot umanoidi entro il 2060: perché Elon Musk viene citato come protagonista naturale
Quando si parla di “protagonista naturale”, il riferimento corre a Tesla e al suo progetto di robot umanoide Optimus, su cui Musk ha investito reputazione e narrativa industriale. L’idea è coerente con la strategia Tesla: una stessa base tecnologica — AI, visione, calcolo a bordo, produzione in scala — applicata prima all’auto, poi alla robotica. Intorno a Optimus si concentra molta attenzione mediatica e finanziaria, anche se il settore resta pieno di incognite: affidabilità in contesti non controllati, destrezza fine, costi reali, responsabilità legale in caso di errore, standard di sicurezza. La sensazione, in questa fase, è che la robotica umanoide stia vivendo una spinta di visibilità simile a quella dell’auto autonoma: promesse alte, progressi rapidi in alcuni ambiti, ma una strada ancora lunga verso un impiego generalista davvero quotidiano.
Tre miliardi di robot umanoidi entro il 2060: lavoro, produttività e rischio di “non essere necessari”
L’elemento più delicato non è solo quanti posti cambieranno, ma che tipo di società nasce se una quota crescente di attività ripetitive e operative viene svolta da macchine. Bank of America, nel suo scenario, parla esplicitamente di robot capaci di coprire porzioni importanti di mansioni industriali e di servizio: è un passaggio che può spingere produttività e ridurre costi, ma che chiede risposte pubbliche su riqualificazione, nuove tutele, contratti, fiscalità. La tensione si sposta dal “lavoro che scompare” al “lavoro che perde centralità” come collante sociale: se la produzione aumenta mentre l’occupazione tradizionale non cresce allo stesso ritmo, diventano inevitabili nuove politiche su redditi, accesso a servizi essenziali e protezione delle fasce vulnerabili.
Tre miliardi di robot umanoidi entro il 2060: scuola più umanistica, non solo più tecnica
Un riflesso immediato, spesso, è invocare più competenze STEM per “stare al passo”. Serviranno, certo. Però l’avanzata dell’automazione rende anche più preziose le capacità che non si comprimono in un algoritmo: interpretazione, pensiero critico, cultura storica, diritto, etica pubblica, capacità di leggere conseguenze sociali e asimmetrie di potere. Se gli umanoidi diventano strumenti di massa, la cittadinanza dovrà saper discutere regole, responsabilità, limiti d’uso e controlli, evitando che “efficienza” diventi automaticamente “normalità”. In questo quadro, un’istruzione più umanistica non è nostalgia: è un dispositivo di autonomia civile.
Tre miliardi di robot umanoidi entro il 2060: welfare, potere e regole prima che la tecnologia decida per tutti
L’ultima partita è quella che mette insieme finanza, istituzioni e potere: chi controlla le infrastrutture robotiche e i grandi modelli AI controlla anche una parte della produzione e dei servizi. È qui che le reazioni politiche diventano decisive: standard di sicurezza, certificazioni, trasparenza sui dati, responsabilità in caso di danno, limiti d’impiego in ambiti sensibili (cura, sorveglianza, gestione di minori, decisioni su accesso a prestazioni). Senza un perimetro chiaro, il rischio è che l’adozione sia guidata solo da convenienza economica e pressione competitiva, lasciando ai cittadini l’adattamento come unico destino. Il report di Bank of America fotografa un futuro possibile; la direzione finale, però, dipenderà da scelte pubbliche che iniziano adesso, non nel 2060.
Giovanni Spinapolice, padre del Transumanismo Inverso
