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Al Teatro Villa Pamphilj in scena gli Agricantus il 27 maggio

“Festival Popolare italiano” al Teatro Villa Pamphilj a Roma. Il 27 maggio alle ore 11.30 di scena gli AGRICANTUS

"FESTIVAL POPOLARE ITALIANO

Canti e corde, mantici e ottoni"

​Ultimo appuntamento per l'edizione 2017/18 del “Festival Popolare italiano – Canti, corde, mantici e ottoni” al Teatro Villa Pamphilj a Roma. Il 27 maggio alle ore 11.30 di scena gli AGRICANTUS che presenteranno il loro nuovo ultimo lavoro discografico "AKOUSTIKOS​"

AKOUSTIKÒS

La band siciliana Agricantus, guidata dai due fondatori Mario Crispi e Mario Rivera, da sempre in partnership con Compagnie Nuove Indye, è certamente uno dei gruppi italiani più famosi della scena internazionale della world music prodotta in Italia. La loro è una miscela musicale particolare creata con strumenti tradizionali, elettronici, tecniche moderne ed arcaiche che trasportano l’ascoltatore in un viaggio in cui le tradizioni orali, le voci ed i rituali del Sud Italia e del Mediterraneo descrivono lontani territori musicali e di grande evocazione.

“Akoustikòs” è il nuovo progetto musicale nato dall’incontro con la vocalist e pianista siciliana Anita Vitale, cantante di formazione jazzistica che ha sempre avuto un particolare feeling verso la musica etnica e world.

In questo nuovo percorso, timbri e strumenti elettronici, elementi che da sempre hanno fatto parte della cifra stilistica e della ricerca musicale del gruppo, lasciano spazio al suono naturale, fatto di legni, corde, canne, pelli, tavole armoniche, voci, nella loro dimensione più pura.

Il gruppo rivisita parte del suo repertorio in chiave “essenziale” e, muovendosi tra sonorità arcaiche, acustiche e di musica d'autore, ne esalta la magia dei suoni, delle melodie e dell'aria che vibra.

​ Il viaggio non si ferma, ma prosegue con entusiasmo ancora maggiore e si rigenera attraverso nuovi incontri e confronti.
 

L’attuale line-up comprende Mario Crispi (strumenti a fiato etnici, voce), Mario Rivera (basso acustico, voce), Anita Vitale (voce, Fender Rhodes, pianoforte), Giovanni Lo Cascio (drum set, percussioni).

Ospiti speciali: Massimo Laguardia – tamburi a cornice, voce / Enzo Rao – violino, oud / Seby Burgio – pianoforte, tastiere.

“Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre” (Josè Saramago).

Lo sanno bene gli Agricantus, che sono andati e tornati e che tornano ancora, oggi, in questi primi mesi del 2018, con un nuovo appuntamento discografico che ci restituisce un percorso intensissimo di musica e suggestioni. Ci è mancato, in questi ultimi anni, il racconto dei loro viaggi musicali tra la Sicilia, l’Africa e il resto del mondo, con la fascinazione dei suoni, ma anche dei profumi che sembrano fluire in odorama da ogni traccia dei loro dischi. Ma, come in certi film, a volte tornano, per fortuna e l’happy end è servito. Perché certe passioni sono difficili da spegnere e le storie vissute insieme sono così forti che si fa fatica a nasconderle sotto il tappeto del già detto.

“Akoustikòs” è l’album che continua il viaggio iniziato con CNI Compagnia Nuove Indye della più importante band di world music che il nostro paese abbia prodotto. Narrazioni sonore che hanno attraversato quasi quarant’anni. E’ più o meno intorno alla fine degli anni Settanta, che un gruppo di ragazzini dotati di talento musicale e di sguardo lungo sul futuro, comincia a sperimentare suoni che non somigliavano a niente di conosciuto: i canti e gli strumenti della tradizione siciliana incontravano quelli della terra di fronte, attraversavano il Mediterraneo per insinuarsi nei villaggi africani battuti dal ghibli, seguendo il cammino degli Uomini Blu e scoprendo che le cose che legano i codici musicali sono gli stessi anche a latitudini diverse. Però gli Agricantus sono anche figli del loro tempo, quindi sì alla tradizione, ma la musica si presta ad essere manipolata e piegata alle regole della modernità, degli strumenti elettronici, dei bassi potenti, delle tastiere e dei sequencer, accanto ai tamburi, a strumenti della tradizione mediterranea, ma anche sudamericana, asiatica e mediorientale. Toccano ogni angolo del pianeta con i loro tour, entrano nelle classifiche di mezzo mondo, scrivono colonne sonore, si concedono collaborazioni eccellenti e producono dischi irrimediabilmente belli.

Ma in una storia così lunga ci sta che arrivi anche la crisi, anzi più d’una. Perdono pezzi, si spaccano, tornano, si ricombinano. Non è un caso che uno dei loro lavori più recenti s’intitoli proprio “Turnari”, un destino e ancora un tributo alla lingua siciliana, a cui gli Agricantus, pur portabandiera della musica del mondo, hanno sempre reso omaggio. I padri fondatori sono sempre lì, con l’ispirazione a portata di strumento e l’incanto di voci femminili che si avvicendano a richiamare il potere evocativo dei vicoli di Palermo, pistacchi, mandorle e scirocco, l’immensità desertica attraversata dai nomadi, archeologie sonore e futuristiche intuizioni.

Oggi c’è Anita Vitale, l’anima nuova, ma antica dello spirito ritrovato della band, c’è l’energia del ritmo sistole-diastole di basso e percussioni di Mario Rivera e Giovanni Lo Cascio e c’è il respiro profondo e il soffio vitale degli strumenti arcaici di Mario Crispi . Da questa combinazione nasce Akoustikòs, il nuovo lavoro degli Agricantus, che, per il gran ritorno, decidono di rivisitare alcune pietre miliari del loro percorso, col supporto di altri amici arrivati anch’essi dalla Sicilia: Enzo Rao Camemi, violino e oud, Seby Burgio, pianoforte e tastiere e Massimo Laguardia, tamburi a cornice e voce. Un ritorno particolarmente significativo, quello di Laguardia, che del primo nucleo degli Agricantus è stato uno dei fondatori, nel 1979 e per anni nell’organico stabile del gruppo. Poi, nel moto perpetuo delle partenze e dei ritorni, anche lui ne è uscito per dedicarsi ad altre esperienze internazionali, ma tornando a casa, ogni tanto, per l’incisione di dischi o in qualche tour. Come suggerisce il titolo del nuovo capitolo discografico, tutte le proposte sono riviste in una chiave molto essenziale, in cui i suoni sono fedelmente coesi alla loro matrice naturale.

Si ritrovano con piacere canzoni che risorgono dal passato in tutta la loro bellezza (Carizzi r’amuri, Ciavula, Istanbul Uyurken ed il recente successo “Sentu”, tratto dalla colonna sonora di “Felicia Impastato”, tra le altre) e magicamente ci si ritrova nel mezzo di una tempesta di sale e mare, di acqua e vento, di notti e sabbia, a condividere destini di gente errante, di eroi del nostro tempo e di storie passate. Sempre fedeli a se stessi e sempre diversi. E capaci di suggerire all’ascoltatore visioni di luoghi mai visti, ma che appaiono subito familiari. Il folgorante deja-vu del viaggio perfetto.

Un emozionante film on the road. Bentornati, Agricantus. 

Ida Guglielmotti

 

Il Festival, con la direzione artistica di Stefano Saletti (polistrumentista e compositore, alla guida della Banda Ikona e di diversi ensemble internazionali di world music), si propone come nuovo spazio per la musica popolare, folk, etnica, world della Capitale.  Un laboratorio di idee che nel nome dell’incontro e dello scambio si sta affermando come una vera e propria officina creativa.

Il sottotitolo del festival “Canti e corde, mantici e ottoni” vuole testimoniare la varietà di sonorità, di strumenti e di stili che da sempre caratterizzano la musica popolare, folk, etnica, world.

E’ la musica dell’incontro, capace di far dialogare tradizioni regionali differenti, ritmi e dialetti distanti, ma capaci di aprirsi al mondo e di contaminarsi creando nuovi linguaggi espressivi.

Un insieme di musiche e di storie che rappresentano un patrimonio da tramandare e riscoprire per non perdere la memoria musicale – vero elemento identificativo di una comunità e di una nazione – ma pronto a reinventarsi, ad aprirsi al mondo, alle musiche che arrivano dai tanti migranti e artisti che vivono ormai stabilmente in Italia, di dialogare con le altre sponde del Mediterraneo e oltre.

Nella precedenti edizioni (la prima si era tenuta al Baobab di Roma, luogo che nasceva come centro di accoglienza per immigrati e si era trasformato anche in un centro policulturale)  si sono alternati alcuni dei più importanti rappresentanti della scena popolare italiana, tra i quali Lucilla Galeazzi, Riccardo Tesi, Rocco De Rosa, Novalia, Orchestra Bottoni,  Fink e Bigazzi, TaMa Trio di  Nando Citarella, Mauro Palmas e Pietro Cernuto, Agricantus, Kabìla, Lavinia & Semilla, Giuliana De Donno e Gabriella Aiello, Unavantaluna, Banda Ikona, Raffaella Misiti e le Romane, Têtes de Bois, Lamorivostri, Canio Loguercio & Alessandro D’Alessandro, Cafè Loti.

Teatro Villa Pamphilj

Villa Doria Pamphilj Via di San Pancrazio 10 – P.zza S. Pancrazio 9/a,  00152 ROMA 

Foto: Paolo Soriani

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