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Al Flaminio un crollo immediato e un contenzioso lunghissimo

Solo dopo il deposito della perizia, la Procura potrà autorizzare la rimozione dei sigilli e il sovraccarico di macerie sul solaio rischia di provocare altri crolli

Sulle possibili cause che hanno provocato il crollo degli ultimi due piani della palazzina di Lungotevere Flaminio, si sono espressi già in molti, alcuni persino con ipotesi fantasiose. Ma solo la perizia del consulente incaricato dalla Procura della Repubblica di Roma potrà dare delle prime risposte attendibili. In ogni caso le risultanze del lavoro del perito saranno quelle che la Procura di Roma utilizzerà per formulare i capi d’imputazione nei confronti di coloro che verranno ritenuti responsabili del “disastro colposo” del Flaminio. Quello che nell’immediato sta più a cuore a tutti, soprattutto agli abitanti della palazzina in attesa di rientrare nei loro alloggi, è che  la perizia venga consegnata al più presto.

Per varie ragioni: innanzitutto perché solo dopo il deposito della perizia, la Procura potrà autorizzare la rimozione dei sigilli sulle macerie, che al momento sono sequestrate come prove che saranno analizzate dal tecnico incaricato della perizia. Poi perché quel sovraccarico di macerie sul solaio di copertura dell’appartamento del quarto piano – certamente non progettato per quel tipo di carico – rischia di provocare altri crolli e, addirittura, il rischio di un “effetto domino” sull’intero stabile. Infine perché subito dopo si potrà intervenire per la messa in sicurezza l’edificio, consentendo il rientro a casa di coloro che in quello stabile una casa ancora ce l’hanno.

I timori di questi ultimi sono aggravati dal rischio che l’attuale bel tempo ceda a breve il passo alle piogge che, soprattutto se abbondanti, potrebbero infiltrarsi nelle parti scoperte dell’edificio, danneggiando ulteriormente le strutture dell’immobile che vive già una condizione di equilibrio statico precario. Le indagini, e la stessa perizia tecnica, si concentreranno innanzitutto sui condoni edilizi richiesti su alcune superfetazioni che potrebbero aver ridotto la stabilità dell’edificio. Poi sui lavori che erano in corso sull’appartamento del quinto piano, per verificarne la natura e la rispondenza al progetto depositato in Municipio; infine, e forse soprattutto, sul giardino pensile che l’architetto Soprani aveva realizzato sulla sua terrazza all’ultimo piano dello stabile.

Terrazzo che pare ospitasse numerosi vasi di grandi dimensioni che, secondo  alcuni condomini erano troppo pesanti per essere sostenuti dalla struttura di quel solaio. Questa ipotesi avrebbe ovviamente senso e potrebbe indirizzare le indagini, solo nel caso in cui i vasi fossero stati messi in una zona del terrazzo non destinata a quei carichi come, ad esempio, sulla pensilina in oggetto che, non essendo praticabile, se non  per saltuari interventi di manutenzione, non sarebbe stata calcolata per quel tipo di sovraccarico. Ma è un’ipotesi che solo la perizia del Tribunale potrà accreditare.

Il percorso per accertare le responsabilità, tuttavia, non si fermerà certo qui, perché, è bene dirlo per chiarezza, inizierà subito dopo  il percorso giudiziario e il contenzioso tra le diverse perizie: quella del Tribunale, quella del Condominio e quelle dei singoli condomini, in particolare quelli degli ultimi due piani, che vorranno dimostrare la loro estraneità alle cause del crollo. Insomma un lungo confronto, non di immediata soluzione, che si risolverà, almeno in parte, con l’individuazione delle responsabilità reali solo al momento dell’emissione della sentenza penale di primo grado. E solo alla conclusione di quell’iter potrà iniziare la discussione per il risarcimento dei danni a coloro che a causa di questo crollo hanno perso molto. Tra cui, senza dubbio, il sonno e la tranquillità di una casa sicura. 

*Architetto Francesco Febbraro, dirigente apicale di Roma Capitale

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