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Addio a Gianni Minà. Oggi viene osannato ma ieri la RAI lo censurava

Un giornalista immenso, un personaggio scomodo, è morto a Roma

Gianni Minà

Gianni Minà

Sangue palermitano, nato a Torino, una passione inesauribile per lo sport e un amore incorruttibile per la ricerca della verità, a costo di essere messo bando da parte delle aziende che detengono il monopolio dell’informazione, le stesse che prima lo avevano osannato. Gianni Minà è morto a Roma all’età di 84 anni, nella clinica Villa del Rosario dopo una breve malattia cardiaca.

Gianni Minà, passione per lo sport e amore per la verità

Giornalista, scrittore, le sue interviste ai giganti della storia hanno fatto epoca. Dialogò con personaggi della politica, dello spettacolo e dello sport, la più celebre quella di ben sedici ore a Fidel Castro, nel 1987. Gli dava del tu. Un dolcissimo Massimo Troisi disse con schietta invidia: “Io vulessi ave’ l’agenda e Minà!”.

Per la rete pubblica Minà ha seguito cinque Olimpiadi, tre mondiali di calcio e i più importanti incontri di pugilato. Ha collaborato per anni con quotidiani come Repubblica, l’Unità, Corriere della Sera e Manifesto, ha scritto libri che rappresentano oggi un patrimonio di testimonianze storiche: Il racconto di Fidel (1988), Un continente desaparecido (1995), Storie (1997), Un mondo migliore è possibile. Da Porto Alegre le idee per un futuro vivibile (2002), Politicamente scorretto (2007), Il mio Alì (2014), Così va il mondo. Conversazioni su giornalismo, potere e libertà (2017, con G. De Marzo), Storia di un boxeur latino (2020) e Non sarò mai un uomo comune (2021).

Quando gli si domandava quale fosse stato l’incontro più emozionante rispondeva: “Quello con Muhammad Alì, il più grande di tutti, perché ha rotto un sistema, una cultura. All’inizio di ogni intervista, esordiva sempre con le sue idee di riscatto per il popolo nero e enumerava tutto quello che un nero americano non era riuscito ad avere nella vita: ‘Tutti hanno una terra per la quale lottare, combattere… tutti. Solo noi, solo i neri d’America non hanno una terra di riferimento’. Purtroppo le sue battaglie non hanno prodotto grandi cambiamenti, ma non mi sento di dire che ha perso”.

Le censure in RAI e il suo “controllo parapolitico”

Non mi sono mai piegato e questo in Rai non me l’hanno perdonato. Nelle redazioni c’era un controllo parapolitico. Mentre montavo i servizi alcuni funzionari premevano per dirmi cosa tagliare e cosa mandare in onda. Io li ho sempre ignorati” ha raccontato.

La Rai lo censurava perché nemico della CIA disse al Corriere della Sera.

“Certo, spesso si ha quasi la sensazione che ci sia una inusitata prevenzione nel giudicare un argomento scabroso, come ad esempio le guerre degli Stati Uniti o gli egoismi della comunità europea o le politiche della NATO” disse a Linkiesta.

Pensiamoci oggi, prima di riempirci la bocca di appelli alla pace senza conoscere le dinamiche storiche ed economiche che portano alle guerre, come quella in Ucraina tra Usa e Russia, o prima di farci prendere in giro da chi dice che inviare armi serve ad ottenere la fine del conflitto. Rivolgiamo un pensiero a chi come Minà ci ha insegnato a ragionare a fondo e osservare il mondo con autonomia e coraggio.