Prima pagina » Cronaca » A Roma le bande criminali si dividono il territorio. Ecco le zone più a rischio

A Roma le bande criminali si dividono il territorio. Ecco le zone più a rischio

Roma è diventata una delle principali capitali della droga, con oltre un centinaio di piazze attive, come ha spiegato bene Panorama

Carabinieri in servizio a Piazza Vittorio Emanuele, Roma

Carabinieri in servizio a Piazza Vittorio Emanuele, Roma

In connessione con settori rispettabili del mondo economico e finanziario, con la politica e le associazioni di categoria, operano negli immobili, la ristorazione, la distribuzione agro alimentare, esercitano l’estorsione, l’usura, lo spaccio di ogni tipo di droga. Godono dell’omertà degli strati più poveri della popolazione, usati come manovalanza.

Recentemente i reparti dei Carabinieri che operano a Roma, nella lotta al traffico di stupefacenti, hanno arrestato una quindicina di persone, di varia nazionalità e sequestrato ingenti quantità di droghe in diverse aree, anche centrali, della Capitale. È la prova che a Roma agisce una vasta rete di criminalità organizzata, con profonde connessioni con settori imprenditoriali, economico-finanziari e anche politici con i quali ci sono interessi collegati e scambi di favori che rendono questa malavita inattaccabile sul piano della sua sopravvivenza.

Roma è diventata una delle Capitali dello spaccio di droghe

Arresti sono stati effettuati in varie strade e piazze della città. Le persone sono state scoperte con notevoli quantità di cocaina e ingenti somme di denaro, di cui non sapevano giustificare l’origine, probabilmente frutto del lavoro di spaccio. Questi arresti sono avvenuti a Monte Sacro, a Tor Bella Monaca, a Trastevere, al Tuscolano, alla Garbatella, a Piazza Dante, a Ponte Sisto, all’Esquilino, insomma un po’ in tutta la città. Hashish, marjuana e cocaina le sostanze prevalentemente sequestrate dai militari. Cosa significa? Significa che Roma è diventata una delle principali capitali della droga, con oltre un centinaio di “piazze attive”, come ha spiegato bene Linda Di Benedetto in una inchiesta del 16 gennaio di quest’anno su Panorama.

Uno studio mostra lo stato delle cose a Roma e città metropolitana

L’inchiesta ci mostra una Roma in mano alla criminalità organizzata, dove le bande vivono in un equilibrio precario, dividendosi i settori dello smercio illegale ma anche di molte attività legali.  Nell’ultimo rapporto Mafie nel Lazio, redatto dall’Osservatorio tecnico scientifico per la sicurezza e la legalità della regione Lazio, l’attività mafiosa cresce in modo esponenziale in città e soprattutto nelle aree più povere, con decine di piazze di spaccio sia chiuse che aperte.

Le piazze chiuse sono i territori più protetti dalla criminalità

Le piazze chiuse sono quelle dove un elevato sistema di sicurezza protegge gli spacciatori e i signori della criminalità. Vedette e sentinelle vigilano su clienti e “impiegati del malaffare” affinché qualsiasi intrusione della Polizia venga segnalata per tempo. Il carisma dei leader criminali li rende intoccabili all’interno di questi feudi. Tor Bella Monaca, per esempio, rappresenta l’emblema della nuova mafia, con 13 piazze attive 24/7, sfruttando la marginalità e povertà degli abitanti e le necessità di avere un minimo di introiti per poter sopravvivere.

Togliere a queste persone l’opportunità di un lavoro o di un’assistenza, da parte dello Stato, significa gettarle in braccio alle mafie e far crescere la criminalità per poi poter dire che c’è bisogno di più Polizia, più Ordine, più Carceri… mentre ci vorrebbe tutto il contrario: più lavoro, più dignità, più assistenza, più scuola, più sanità gratuita, meno corruzione e più presenza dello Stato in ogni momento della vita civile. Ma costruire è complicato, mentre distruggere è facilissimo.

Nelle piazze aperte la criminalità è comunque presente ma con meno assicurazioni

Le piazze aperte come Pigneto e San Lorenzo non hanno sistemi di sicurezza e di controllo o sorveglianza così capillari come le piazze chiuse. Qui l’attività di spaccio esiste ma con altre modalità che pongono clienti e spacciatori a rischio di essere individuati e allora subentrano norme di sicurezza più personali, affidate al singolo spacciatore e cliente, con attenzioni e luoghi che vengono attivati dai singoli protagonisti.

L’inchiesta ha messo in luce che le ‘ndrine calabresi (clan del malaffare) come i Filippone, Marandro, Bellocco, Molé e Piromalli si sono radicate fuori del GRA e sono presenti nell’economia legale e illegale della città.  Negli anni ’90 i Filippone stabilirono il loro quartier generale a Borgo Pio, a due passi dal Vaticano, mentre i Marando gestivano San Basilio e le aree circostanti.

Le zone dov’è maggiormente presente l’attività criminale delle famiglie coinvolte

La presenza criminale è particolarmente sentita a Ponte di Nona ma anche a Tor Bella Monaca, uno dei focolai criminali più noti, dove vige una pacificazione momentanea fra fazioni criminali come con il clan Cordaro-Sparapano, i Moccia e la famiglia Bevilacqua, tutte attive nella zona. Qui lavorano sulle 13 piazze chiuse: San Basilio, Acilia, Ponte di Nona, Tufello, Giardinetti-Borgesiana, Montespaccato, Borghesiana, Romanina, Torre Nova, Quartaccio, Bastogi, Nuova Ostia e Boccea. Una vera industria della distribuzione e dello spaccio, che mira a massimizzare i profitti, assicurando alla popolazione affiliata, protezione, stipendi e anche assistenza legale alle famiglie dei membri finiti in carcere. Questa sorta di protezione è quella che garantisce alle bande criminali l’omertà e la copertura necessaria tra le persone delle aree interessate, per poter reggere alla pressione delle forze di Polizia.

Lo stesso sistema omertoso che vige in Sicilia ora è diffuso in tutta Italia

Succede a Roma, ma anche a Milano e in altre città del Nord, quello che succedeva a Palermo e Catania e che forse succede ancora oggi. Le mafie commerciano predisponendo una rete di complicità e di connivenze che mettono al riparo i propri “dipendenti” dalle restrizioni della Polizia.

Questo assicura il controllo del territorio e la sicurezza degli acquirenti, tra i quali non mancano personaggi noti e importanti, che si riforniscono di cocaina, nascosti dietro la copertura di una rispettabilità ipocrita. I servizi segreti probabilmente conoscono questi clienti e collaboratori ma nessuno interviene per evitare scandali e gestire lo status quo. Fintanto che non accade un incidente, un disguido, un omicidio a regolamentare uno sgarbo. La letteratura in materia come la cinematografia è ampia e ben conosciuta.

Camorra, ‘ndrangheta e mafia si sono suddivise il territorio romano e laziale

La camorra è presente con il clan Senese e opera nella droga e nei settori imprenditoriali, principalmente nell’area sud del quadrante Cinecittà Tuscolano. La famiglia Moccia ha investito nella ristorazione e nell’immobiliare. Neanche immaginano i romani, quando vanno a fare spesa o al ristorante e quando comprano un appartamento, quante volte finiscono per essere clienti di famiglie camorristiche o mafiose. Molte di queste attività hanno la funzione di riciclare denaro sporco proveniente da attività illegali, come lo spaccio delle droghe appunto.

Cosa Nostra, rappresentata dalla famiglia Rinzivillo, opera negli appalti pubblici e nella distribuzione ortofrutticola e alimentare. Le mafie che sono a Roma ormai interagiscono da tempo con quelle importate, come i ben noti Casamonica che si sono allargati dalla gestione delle corse dei cavalli a quella dello spaccio nelle zone dei Castelli romani, il Quadraro, il Tuscolano e la Romanina.

A Montespaccato famiglie locali come i Gambacurta e gli Sgambati hanno in mano il narcotraffico, l’usura, il recupero crediti e le estorsioni. La stessa Dia (Direzione investigativa antimafia) probabilmente conosce perfettamente nomi, piazze, livello del malaffare e tiene sotto mira le organizzazioni malavitose, pronta ad entrare in azione quando sia necessario. Ma debellare del tutto questo business sembra impossibile, proprio per il livello di penetrazione popolare (e borghese) che ne garantisce in qualche modo l’immunità.

Anche le aree metropolitane di Roma Capitale sono investite delle attività criminali

La presenza di gruppi di delinquenti misti italo-albanesi che operano nelle zone di Ponte Milvio e del Tuscolano ma anche ad Acilia, Ostia, e ai Castelli o nel viterbese, mostra che al di là di un effetto di contenimento delle forze dell’ordine, queste attività godono di un impulso crescente che ne fanno le iniziative più redditizie del substrato popolare più bisognoso, con il quale si può sopravvivere e che tutto sommato rappresenta lo scudo protettivo, e per questo difficile da estirpare. In pratica sono stati riprodotti nel Lazio gli assetti organizzativi della ‘ndrangheda calabrese.

Un regolamento di conti è in atto tra bande criminali: il caso Piscitelli

Regolamenti di conti attraverso efferati omicidi sono avvenuti tra il 2019 e i nostri giorni. Sono uno squarcio nelle falle della organizzazione del malaffare romano e delle cosche che lo gestiscono. Quando il 7 agosto 2019 venne assassinato nel Parco degli Acquedotti, un noto militante fascista e capo ultras della Lazio: Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik, con una vera esecuzione, un colpo di pistola alla nuca, qualcosa deve essere andata storta nella gestione della malavita di zona.

In passato Piscitelli era stato collegato a diversi scandali legati alla criminalità romana, tra cui il caso di corruzione noto come Mafia Capitale, una rete di politici, funzionari e persino un ex terrorista di estrema destra (Massimo Carminati) scoperta nel 2014. Piscitelli era il responsabile di quell’area e forse ha pagato con la vita un errore o uno sgarbo. Il suo assassino, Raul Esteban Calderòn, venne fermato il 13 dicembre 2021. Già negli anni 1991 e 1992 il suo nome era stato legato all’allora capo della camorra napoletana, Michele Senese , e a suo fratello, Gennaro. Con loro, secondo le accuse dell’epoca, Piscitelli avrebbe tentato di organizzare un trasporto di eroina dalla Turchia e hashish dalla Spagna.

Altri regolamenti di conti tra bande continuano fino ai giorni nostri

Verso la fine del 2022 Roma si è trovata al centro di una serie di fatti di cronaca nera: omicidi e sequestri di persona e violenze. A novembre Giandavide De Pau, autista di Michele Senese, uccise tre prostitute in un’ora, esecuzioni su mandato.

A Tor di Quinto un ragazzo venne rapito fuori da un ristorante. Ne venne coinvolto Danilo Valeri, 20 anni figlio di Maurizio, al centro di una sparatoria per narcotraffico e occupazioni di case popolari.

Nel marzo 2023 venne freddato con un colpo di pistola a Ponte Mammolo Roman Stefan Mihai.  Il 13 marzo venne ucciso nel quadrante su est Luigi Finizio, parente di Girolamo, legato a Michele Senese. Dieci giorni dopo viene assassinato nel quartiere Tuscolano Andrea Fiore, già coinvolto con fatti che riguardavano la manovalanza albanese, legata alla camorra. A Corviale viene crivellato di colpi Cristiano Molè, la sera del 15 gennaio di quest’anno.

I mondi della legalità e dell’illegalità non sono separati e le connivenze tra bande criminali e settori “perbene” sono continue ed è sempre più difficile scoprirle

Questi omicidi vogliono dire solo una cosa, che il punto di equilibrio tra bande criminali nella gestione del territorio è sempre in bilico e la pacificazione avviene solo attraverso punizioni e regolamenti di conti, per il mantenimento o la conquista di nuove piazze di spaccio. Nella lotta quotidiana per il controllo dei territori può succedere che un clan si ritiri o che si lasci libera una piazza, perché il boss è stato colpito da un provvedimento cautelare e allora si scatenano le altre bande, per occupare le aree lasciate momentaneamente libere.

Quello che risulta come aggravante è che a Roma, come in tutto il mondo, quello della criminalità non è affatto un mondo separato e autonomo da tutti gli altri settori che operano legalmente sul territorio e le contaminazioni e i collegamenti con settori imprenditoriali locali, con partiti politici, associazioni di categoria, con il mondo della finanza e dell’economia, sono all’ordine del giorno. La stessa questione del rapimento di Emanuela Orlandi, avvenuta nel lontano 1983, ha portato alla luce un sottobosco intricato di relazioni tra malavita organizzata, finanza e settori del Vaticano e della politica romana che esistono da decenni e che col tempo non si sono affatto fermati, anzi.