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A Roma il buon giorno si vede dal mattino

“Non dobbiamo usare Roma ma servirla” le prime parole da sindaco di Ignazio Marino

Se le dichiarazioni ufficiali hanno un valore – e nessuna dichiarazione è più ufficiale di quelle fatte al popolo esultante sotto gli occhi attenti di decine di televisioni – Ignazio Marino parte col piede giusto.

Le prime dichiarazioni del nuovo Sindaco, nella sala della Camera di Commercio e subito dopo nell’antistante Piazza di Pietra, sono state: “Non dobbiamo usare Roma ma servirla” e poi: “Partiremo dalle periferie perché dobbiamo essere più vicini a chi è più in difficoltà”; infine, ma solo per citare le principali: “faremo di Roma la Capitale d’Italia anche per la moralità”. Non è roba da poco. Una sfida coraggiosa ma, a mio avviso e vado come sempre controcorrente, piuttosto facile da vincere.

L’analisi del voto “a caldo” è un esercizio spesso inutile, quindi lo lasciamo ad altri, ma la maggioranza degli osservatori è unanime nel considerare il voto romano un voto prevalentemente contro Alemanno. Sia per la massa di astenuti che per l’elevato scarto percentuale tra il suo risultato e quello dello sfidante. Finora a Roma i Sindaci hanno avuto, nella seconda candidatura, risultati plebiscitari. Per aver fatto bene, ma soprattutto per aver convinto i loro concittadini di aver fatto il massimo possibile. Alemanno è diventato Sindaco all’inizio della crisi economica che ha travolto l’Italia, trovando, per giunta, una situazione di bilancio imbarazzante.

Quindi nessuno poteva aspettarsi miracoli. Ma sarebbe bastato l’impegno concreto ad affrontare seriamente i problemi unito all’ascolto delle istanze che provenivano dai cittadini e ad una gestione onesta e trasparente della macchina capitolina.
Invece è stato il disastro; persino a prescindere dalle scelte avventate e dagli scandali che hanno travolto i suoi collaboratori più stretti. E speriamo che sia finita qui.

Quello che ha infastidito di più i romani, che per natura sopportano poco i “piagnoni”, è stato il continuo e lamentoso attribuire ad altri ed al “destino cinico e baro” la responsabilità delle proprie mancanze e dei propri fallimenti. Il successo di un Sindaco dipende molto dai suoi collaboratori. Osservando le scelte di Alemanno, fortemente criticate dai suoi stessi amici, la catastrofe era annunciata.
Alemanno si è battuto come un leone fino alla fine, esagerando forse con le inaugurazioni dell’ultima ora, ma combatteva contro se stesso e dunque era destinato alla sconfitta. La tardiva e forse eccessiva assunzione di tutte le responsabilità della debàcle forse non lo assolve, ma gli fa meritare almeno l’onore delle armi.

Ora si volta pagina e la strada di Marino, almeno all’inizio, può essere in discesa per varie ragioni. Innanzitutto perché non è stato amato subito da tutti i suoi elettori. Alcuni, addirittura, l’hanno scelto come il male minore. L’assenza di attese eccessive potrebbe quindi aiutarlo a conquistare rapidamente i romani, inclusi quelli che non l’hanno votato e ai quali, da oggi, deve dimostrare di essere anche il loro Sindaco. Per assurdo, quelli che non l’hanno votato – ma non per ragioni di interesse personale – saranno i più facili da conquistare, perché si attendono ancora meno.

A Marino basterà, si fa per dire, scegliere assessori onesti, credibili e rispettabili, per conquistare l’immediata fiducia dell’opinione pubblica. Subito dopo gli basterà mettere nei punti chiave della macchina tecnico-amministrativa i funzionari migliori e più capaci, mantenendo la promessa di utilizzare tutte le risorse interne dell’Amministrazione e di valutare il curriculum dei dirigenti. Così potrà far ripartire immediatamente la macchina capitolina, che negli ultimi anni, già prima di Alemanno, aveva iniziato ad arrugginirsi, finendo oggi con qualche incrostazione di troppo.

E poi ascoltare i cittadini, condividendo le loro preoccupazioni, riducendo al minimo gli inevitabili filtri, rafforzando i punti di ascolto oltre il pur utile servizio di primo ascolto telefonico assicurato dallo 06-06-06.
A prima vista può sembrare chiedere troppo, ma non è cosi, perché è esattamente ciò che Marino ha promesso in campagna elettorale. E Marino, lo dico senza ironia, è davvero uomo d’onore.

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