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A otto mesi dalla morte, Michela Murgia resta la sola voce del dibattito culturale italiano

Il 10 agosto del 2023, si spegneva una delle più prolifiche e progressiste intellettuali italiane, affetta da un carcinoma ai reni che non le ha dato scampo

Il 10 agosto del 2023, si spegneva una delle più prolifiche e progressiste intellettuali italiane, affetta da un carcinoma ai reni che non le ha dato scampo.

A distanza di otto mesi dalla morte e con il suo compleanno il prossimo 3 giugno, Michela Murgia e le sue parole sono una delle poche, o forse l’unica, espressione della vitalità del dibattito culturale italiano. Sui temi a lei cari, sullo stato di salute della società civile, sull’impegno politico, le voci degli intellettuali oggi suonano flebili al confronto con quella indomita della scrittrice spentasi prematuramente.

Fu la Murgia stessa, in una intensa intervista rilasciata ad Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera ad annunciare la fase terminale della sua vita:
«Dal quarto stadio non si torna indietro. Mi sto curando con un’immunoterapia a base di biofarmaci. Non attacca la malattia; stimola la risposta del sistema immunitario. L’obiettivo non è sradicare il male, è tardi, ma guadagnare tempo. Mesi, forse molti. Non avrebbe senso operarmi. Le metastasi sono già ai polmoni, alle ossa, al cervello».

La stessa Murgia rifuggiva però la definizione del cancro come una guerra da vincere contro un nemico invisibile:

«Il cancro non è una cosa che ho; è una cosa che sono. Il cancro è un complice della mia complessità, non un nemico da distruggere. Non posso e non voglio fare guerra al mio corpo, a me stessa. Il tumore è uno dei prezzi che puoi pagare per essere speciale. Non lo chiamerei mai il maledetto, o l’alieno»

Scrittrice, drammaturga, attivista e politica, Michela Murgia ha lasciato un’eredità significativa attraverso la sua opera letteraria e il suo instancabile impegno sociale.

Fino alla fine ha scritto e fatto sentire la sua voce di donna impegnata, accogliendo la fase finale della sua vita con serenità:

«Non ho paura della morte, ho più paura del dolore…Sto vivendo la vita che voglio, ho fatto le cose che volevo, ho amato le persone che ho voluto, ho scritto i libri che volevo scrivere. Quante persone possono dire: tutto quello che volevo fare nella vita io l’ho fatto…»

Dare la vita, l’eredità politica di Michela Murgia

La sua voce, il suo pensiero, restano impresse in due libri postumi che la scrittrice sarda ha voluto fortemente lasciare ai suoi lettori. Dare La vita, un saggio in cui Michela racconta dei temi che tanto le stavano a cuore: la parità di genere, il femminismo, la maternità d’anima e la famiglia queer. Un ragionato ed appassionato libro sulle famiglie che non hanno legami di sangue, sulla difficoltà di esistere nella gabbia della legge italiana che non riconosce forme di aggregazione familiare non vincolate da ruoli prestabiliti.

«Credo che essere madre, scegliermi dei figli che mi hanno scelta – e che poi sono diventati fratelli, mentori, allievi, complici, in certi casi addirittura paterni nei miei confronti, destabilizzando persino la mia idea iniziale di filiazione d’anima – mi abbia fatto capire alcune cose»

Trova spazio nel libro della Murgia anche il tema della gestazione per altri e dell’aborto:

«La gestazione per altrə dal punto di vista formale non è altro che una gravidanza indesiderata – dato che per sé stesse non la si sarebbe intrapresa – portata a termine invece che interrotta. Lo stesso principio che difende il diritto di interrompere una gravidanza dovrebbe, a rigor di logica, essere applicato al diritto di darle inizio e portarla a compimento a prescindere dal fatto che ci sia di mezzo un accordo economico».

Il 30 aprile 2024, esce per Mondadori il secondo libro postumo di Michela Murgia, Ricordatemi come vi pare

Il secondo postumo di Michela Murgia ripercorre la vita della scrittrice di Cabras; dalla sua famiglia biologica a quella di affiliazione d’anima. Una vita fatta di lavori precari, molti, di studi teologici, fino all’apertura del blog in cui in forma anonima raccontava le dinamiche del call center in cui ha lavorato per un mese. Da lì, cambia la sua vita: viene notata da Isbn e il blog diventa un libro: Il mondo deve sapere. Diviene un caso letterario che porta alla chiusura del call center in cui lavorava la scrittrice. Michela scopre il potere delle parole e decide di usarlo per cambiare il mondo:

«Se mi avessero chiesto cosa volevo fare avrei risposto: “Voglio cambiare il mondo”. Non l’ho certo cambiato tutto, ma la parte di tempo che ho attraversato forse non potrebbe dirsi quella che è se io non ci fossi stata.»

La polemica con Salvini che l’ha definita una radical chic

Ad aprile 2019, l’attuale ministro dei trasporti Matteo Salvini, e al tempo ministro degli Interni, si scaglia contro la Murgia su Twitter e la definisce una radical chic che non ha contatto con la realtà.

La scrittrice pubblica in un lungo post su Facebook la sua “sinossi del curriculum” in cui paragona la sua esperienza di studi e lavoro con quella del Ministro:

Ieri il ministro degli interni Matteo Salvini ha pensato bene di fare l’ennesimo tweet contro di me virgolettandomi come intellettuale radical chic e snob. È il suo giochetto preferito quello di far passare chiunque lo critichi per un ricco altolocato che non ha contatto con la gente e con la realtà, che non conosce i problemi veri e che non sa cosa sia la fatica del lavoro, ambiti in cui lui invece si presenta come vero esperto. Le propongo un gioco, signor Ministro: si chiama “sinossi dei curriculum.

Di seguito alcune parti del lungo post:

Nel 91, anno in cui mi diplomavo come perito aziendale, mi pagavo l’ultimo anno di studi lavorando come cameriera stagionale in una pizzeria. Purtroppo feci quasi due mesi di assenza perché la domenica finivo di lavorare troppo tardi e il lunedì mattina non sempre riuscivo ad alzarmi in tempo per prendere l’autobus alle 6:30 per andare a scuola. A causa di quelle assenze, alla maturità presi 58/60esimi.

Nel 92, mentre lavoravo in una società di assicurazioni per sostenermi gli studi all’istituto di scienze religiose, lei prendeva 48/60 alla maturità classica in uno dei licei di Milano frequentati dai figli della buona borghesia. Sono contenta che non abbia dovuto lavorare per finire il liceo. Nessuno dovrebbe.

Nel 93 iniziavo a insegnare nelle scuole da precaria, lavoro che ho fatto per sei anni. Nel frattempo lei veniva eletto consigliere comunale a Milano e iniziava la carriera di dirigente nella Lega Nord, diventando segretario cittadino e poi segretario provinciale. Non avendo mai svolto altra attività lavorativa, è lecito supporre che la pagasse il partito. Chissà se prendeva quanto me, che allora guadagnavo 900 mila lire al mese.

Nel 1999 per vivere consegnavo cartelle esattoriali a domicilio con un contratto co.co.pro. Ero pagata 4mila lire a cartella e solo se il contribuente moroso accettava di firmarla. Lei invece prendeva la tessera giornalistica facendo pratica alla Padania e a radio Padania, testate di partito che si reggevano sui finanziamenti pubblici, ai quali io non ho nulla in contrario, ma contro i quali lei ha invece costruito la sua retorica.

Nel 2000 ho iniziato a lavorare in una centrale termoelettrica, dove sono rimasta fino al 2004. Mi sono licenziata perché ho scelto di testimoniare in tribunale contro il mio datore di lavoro per un grave caso di inquinamento ambientale. Mentre lasciavo per coscienza l’unico lavoro stabile che avessi trovato vicino a casa, lei era segretario provinciale della lega Nord, suppongo sempre pagato dal partito, dato che anche allora non faceva mestieri.

Nel 2004 ho lasciato la Sardegna per lavorare come cameriera in un albergo al passo dello Stelvio, in mezzo alla neve, con un contratto stagionale a poco più di mille euro. Mentre io da precaria rifacevo letti lei si faceva eleggere al parlamento europeo a 19.000 euro al mese.

Nel 2005 ho lavorato un mese e mezzo in un call center vendendo aspirapolveri al telefono ed ero pagata 230 euro lordi al mese più 8 euro per ogni appuntamento che riuscivo a fissare. Durante quella esperienza ho scritto un blog che ha attirato l’attenzione di un editore. Nello stesso periodo lei a Bruxelles bruciava un quarto delle sedute del parlamento ed era già lo zimbello dei parlamentari stranieri, che nelle legislature successive le avrebbero poi detto in faccia quanto era fannullone. Io sono a favore della retribuzione dei politici, purché facciano quello per cui li paghiamo.

Nel 2006, mentre usciva il mio primo libro, io facevo la portiera notturna in un hotel, passando le notti in bianco per lavorare e riuscire anche a scrivere. Lei invece decadeva da deputato, ma atterrava in piedi come vicesegretario della lega nord e teneva comizi contro i terroni e Roma ladrona. Non facendo ancora altro mestiere che la politica, immagino che la politica le passasse uno stipendio. Chissà se somigliava al mio, che per stare sveglia mentre gli altri dormivano prendevo appena più di mille euro al mese.

Dal 2007 in poi ho vissuto delle mie parole, della fiducia degli editori e di quella dei lettori e delle lettrici. Negli stessi anni lei ha campato esclusivamente di rappresentanza politica e da dirigente in un partito da dove – tra il 2011 e il 2017 – sono spariti 49 milioni di soldi pubblici senza lasciare traccia.

Festeggiatemi come vi pare, buon compleanno Michela

Il 3 giugno prossimo l’intellettuale, scrittrice e attivista politica avrebbe compiuto 52 anni e in tutta Italia si moltiplicano le manifestazioni per ricordare la vita e le battaglie di Michela Murgia. Mondadori e Teatro Carcano, due dei luoghi del cuore di Michela, la festeggiano insieme ad alcuni dei suoi amici più cari, in una serata di proiezione di contenuti video inediti. Ospiti Lella Costa, Teresa Ciabatti, Marcello Fois, Alessandro Giammei, Alessio Vannetti e Fabio Calabrò.