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Dal “consenso” a Chat Control: quando il diritto erode i diritti

Bruxelles fa rientrare dalla finestra l’assurdo Regolamento per spiare le conversazioni private: mentre in Italia si blocca la legge (incostituzionale) che inverte l’onere della prova

Riforma della giustizia, consenso

Giustizia (© Sang Hyun Cho / Pixabay)

Cos’hanno in comune l’euro-Regolamento “Chat Control, e il nostrano ddl consenso? A voler essere generosi, il fatto che le vie dell’inferno sono proverbialmente lastricate di buone intenzioni. Per quanto, andreottianamente, venga più da pensare male, ché si fa peccato ma spesso ci si azzecca.

Riforma della giustizia, consenso
Giustizia (© Sang Hyun Cho / Pixabay)

Il Regolamento “Chat Control

Cominciamo dalla cosiddetta Child sexual abuse regulation di Bruxelles che, col pretesto del contrasto alla pedopornografia, pretendeva dalle piattaforme la scansione automatica anche delle comunicazioni crittografate. Il provvedimento, paradigma perfetto dell’Unione Euro-sovietica, sembrava essere stato provvidenzialmente affossato a metà ottobre, e invece, scrive Il Sole 24 Ore, è magicamente rientrato dalla finestra.

Bandiera dell’Europa con falce e martello, Commissione Ue di Ursula von der Leyen
Bandiera dell’Europa con falce e martello (© liftarn / Openclipart)

La sola differenza, aggiunge Il Fatto Quotidiano, è che il monitoraggio non sarà più cogente, ma verrà effettuato su base volontaria. Il che non fa dormire sonni tranquilli, considerando che, come ha evidenziato lo scandalo Cambridge Analytica, le aziende digitali lucrano sui dati personali degli utenti. Senza contare che, aggiunge l’Adnkronos, una clausola del mandato negoziale del Consiglio Ue incarica la Commissione Europea di valutare l’introduzione di obblighi di rilevazione in futuro.

Palazzo Berlaymont, sede della Commissione Ue a Bruxelles, von der Leyen, Europa
Palazzo Berlaymont, sede della Commissione Europea a Bruxelles (© EmDee / Wikimedia Commons)

En passant, a spingere la misura sono soprattutto i socialdemocratici, tra i cui principali esponenti figura Henrik Sass Larsen, ex Ministro di quella Danimarca prima firmataria del documento. Il quale ha appena ottenuto una pensione parlamentare anticipata dopo essere stato condannato per possesso di circa 8.500 file di abusi sessuali su minori. Ma sicuramente non c’è alcun legame col fatto che i politici comunitari si siano convenientemente auto-esonerati dalla sorveglianza massiva dei propri messaggi, come insinua Pavel Durov, fondatore di Telegram.

Il ddl consenso

Venendo al nostro giardino, il nodo del contendere è una norma penale in una doppia accezione codicistica e fallica, nel senso che è una legge del c***o. È quella sul “consenso libero e attuale”, un monstrum giuridico ispirato alla peggior cancel culture e al più becero femminismo.

Cancel culture, woke e politically correct
Cancel culture (© wiredforlego / Flickr)

Il testo è stato votato all’unanimità, esattamente come il suo gemello perverso che ha istituito il reato di femminicidio (termine peraltro tradizionalmente detestato, a ragione, dai sovranisti). Inutile perché, come ricorda Panorama, l’omicidio del coniuge è già punito con l’ergastolo, e notoriamente sono previste pure aggravanti quali i futili motivi. E quindi non si capisce la necessità di rendere le donne una “categoria protetta”, peraltro discriminando le altre vittime di crimini d’odio.

Manifestazione di “Non Una di Meno” per Giulia Cecchettin. Consenso
Manifestazione di Non Una di Meno contro il “femminicidio” di Giulia Cecchettin (immagine dalla pagina Facebook di Non Una di Meno)

Quest’ultima proposta, comunque, è stata approvata definitivamente in maniera bipartisan, mentre sul ddl consenso è provvidenzialmente venuto a mancare il “consenso attuale” di parte del centrodestra. E meno male, perché, come ha spiegato Il Giornale, si tratta di un obbrobrio che non avrebbe mai passato il vaglio della Consulta. Che già in passato ha bocciato dei tentativi di togliere discrezionalità al giudice con un automatismo come la pena vincolante del carcere a vita.

Per non parlare del concetto di “vulnerabilità”, lasciato talmente nel vago da potersi applicare a qualsiasi circostanza, non solo psicofisica, ma anche economica o emotiva. Che renderebbero perseguibile, la prima, la prostituzione consensuale, e la seconda, potenzialmente, metà delle relazioni affettive del Belpaese.

È mancato il “consenso attuale”

Soprattutto, però, si sarebbe invertito l’onere della prova, da spostare sugli uomini wokeisticamente ritenuti tutti potenziali stupratori, come nell’interpretazione di Fabio Roia, Presidente del Tribunale di Milano. Il quale ha confidato a Repubblica che «se io fossi un Pm, davanti ad una donna che mi dice di aver subìto violenza, la prova c’è già». E poi, forse rendendosi conto di aver fatto strame di 3.000 anni di giurisprudenza, ha provato a metterci una pezza, senza però smentire i suoi minima immoralia.

Fabio Roia, ddl consenso
Fabio Roia (immagine dalla pagina Facebook di In Giustizia)

Bene dunque che la coalizione FdI-Lega-FI abbia iniziato a rinsavire, scorgendo finalmente i rischi di abusi e vendette personali, oltre a quelli di incostituzionalità. E pazienza se Elly “pausa teatrale” Schlein, segretario del Pd, ha chiesto (anche giustamente, dal suo punto di vista) di rispettare l’accordo. L’errore, a monte, è stato proprio inseguire le patetiche sorti e progressiste, e anche per questo la base elettorale conservatrice è inevitabilmente andata su tutte le furie.

Elly Schlein
Elly Schlein (immagine dalla sua pagina Facebook)

D’altronde, come ha rivelato Filippo Facci, il Premier Giorgia Meloni ha (probabilmente) dato l’avallo politico alla misura senza conoscerne il contenuto. E anche la fratellista Carolina Varchi, co-firmataria del famigerato emendamento assieme alla dem Michela Di Biase, ha ammesso che era da riscrivere. O piuttosto, aggiungiamo noi, da non presentare affatto.

Giorgia Meloni irritata
Giorgia Meloni (© Governo.it)

Pro futuro, insomma, dalla maggioranza (ma il discorso si estende pure al Vecchio Continente) sarebbe lecito attendersi un po’ meno di superficialità. Perché l’autentico diritto protegge i diritti fondamentali, non li erode. E sì, anche qui c’è un duplice significato.