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2 agosto 1980 la strage di Bologna: scienza e coscienza di un massacro

Quello che accade a Bologna il 2 agosto 1980 cambia la storia di tutti, la cambia alle vittime e ai loro parenti. La cambia a tutta l’Italia. Per sempre

2 agosto 1980, la strage di Bologna

2 agosto 1980, la strage di Bologna

È difficile crescere e ragionare oltre il proprio punto di vista dicotomico. Da piccoli, il mondo è semplice, si divide in maschi e femmine, in buoni e cattivi, in eroi e perfidi nemici. Con l’età ci si aspetta un miglioramento e un superamento di questa continua bipolarità. La verità è altro: si resta uguali, ma si muta la mitologia di riferimento. La chiamano scelta ideologia e si può usare talvolta nello sport, a volte nella politica, a volte fino all’interno delle riunioni condominiali. Dove c’è comunità, c’è fazione, dove c’è fazione c’è lo scontro: dicotomico e sanguinoso che spesso perde le vere ragioni per cui è nato. Che sia una partita di calcio o un alto ideale socio economico, che sia la difesa della patria o l’idea di un mondo globale, le fazioni abbondano. I buoni ed i cattivi. Bambini infiniti.

2 agosto 1980, la verità sepolta sotto una montagna di carte

La strage alla stazione dei treni di Bologna, il 2 agosto 1980, è stata l’ennesima occasione di rivendicazione di una parte sull’altra o di contrattacchi a sorpresa di tipo politico istituzionale. L’unica triste verità a monte di tonnellate di carte. Al di là delle tante sentenze che hanno dato una realtà verisimile al fatto e quel poco di ristoro a superstiti e parenti delle vittime, quello che è accaduto a Bologna è sempre stato ammantato anche di altro, quasi ci fosse, a margine della sentenza, un bordo infinito nel quale ognuno poteva prendere parte. Una superficie soffice, un deserto infinito che poteva prendere la forma e i desideri e spesso, la volontà di potenza di figure che hanno voluto vedere l’ideologia come responsabile di tutto, nel bene e nel male. Una strage però è una strage. Un infame atto che spegne la vita di esseri umani. Come noi.

Chi ha messo quella bomba, chi l’ha portata lì

Persone prima di nomi su una lapide, corpi ed anime prima di una rivendicazione. Gente e non cognomi. Vita. Vita spezzata. Un crimine non solo contro qualcuno, ma contro la vita stessa, l’umanità. Per questo la verità non è un atto dovuto o parziale, né un inderogabile diritto, ma un atto di Umanità. Chi ha messo quella bomba, chi l’ha portata lì, chi l’ha detonata, coloro che hanno permesso questo, sono degli esseri disumani al di là della loro ideologia. Sono dei disumani. Non si può neanche giustificare un fatto simile con la famosa frase della strategia della tensione, l’attacco allo Stato, la destabilizzazione, perché ci sono dei cadaveri a raccontare una storia di vita. Ci sono dei superstiti che ogni giorno si chiedono perché loro hanno ricevuto quella grazia terribile. Anche 40 anni dopo. C’è l’orrore di chi ha soccorso. C’è la tragedia che dissolve e non risolve.

Per questo, un fatto del genere non può dimostrare una tesi o smontarne un’altra. Questo fatto sanguinoso e assurdo merita un approfondimento che non possa essere strumentalizzabile né in un senso, né in un altro.

2 agosto 1980, il libro di Imma Giuliani

Nel mio libro, in uscita il 21 luglio, “2 Agosto 1980, la strage di Bologna – scienza e coscienza di un massacro” (Armando editore), pongo  un limite invalicabile: la scienza. Scrivere un libro sulla Strage di Bologna vuol dire approfondire gli atti e non trattarli solo come il resoconto di un evento, non fermarsi alle sentenze, usare un metodo scientifico e non uno induttivo. Qui non si racconta una strage, non ci sono favole o film horror, non c’è la conclusione felice o il messaggio positivo, c’è solo la realtà dei fatti. Parlare della Stazione di Bologna, il 2 agosto del 1980 vuol dire assurgere alla complessità del fatto e non ad un riduzionismo che conferma l’ipotesi sostenuta in ambienti estranei alla vicenda. La scienza risponde e chi sa leggere deve prenderne atto.

Ad esempio è un fatto ciò che è evidenziato nella perizia esplosivistica del 2019 a firma dei periti nominati dal Giudice Michele Leoni nel corso del processo a Gilberto Cavallini (ex NAR). Nella relazione di Adolfo Gregori comandante del Racis di Roma e del Dott. Danilo Coppe geominerario esplosivista, è riportato, con estrema sorpresa dei periti, che la composizione della miscela esplosiva dell’ordigno abbia lasciato, sui reperti analizzati, tracce di pentrite. Queste tracce non sono mai state repertate fino al 2019. La pentrite è tipica di un certo tipo di ordigno esplosivo che finora non era stato preso in esame. 

Il testimone oculare mai ascoltato

Già all’indomani della strage, infatti, un testimone oculare, mai ascoltato dagli inquirenti, avrebbe parlato del ritrovamento (il cui verbale di repertazione è scomparso), proprio di parti di un ordigno particolare con una cosiddetta miccia combusta. Un ordigno il cui innesco (la miccia) conterrebbe appunto pentrite.

È un doveroso chiarimento e approfondimento investigativo necessario. Si evidenzia infatti uno scenario più preciso di ciò che è successo a Bologna il 2 agosto del 1980. Di ciò che è esploso, di come è esploso: un diverso tipo di ordigno usato, rispetto a quello considerato nei processi fino al 2019. Quel tipo di congegno esplosivo indicherebbe ulteriori chiarimenti investigativi che riallaccerebbero i fatti di Bologna a eventi precedenti al 2 agosto. Questo potrebbe non cambiare la sostanza delle sentenze, ma potrebbe indicarci, ad esempio, chi ha messo fisicamente l’ordigno nella sala d’aspetto di seconda classe ed essere lo spunto per approfondire il destino di due vittime che ancora risultano, l’una scomparsa e l’altra, un lembo di viso senza un nome.

Nella Prefazione al libro a firma del Prof. Vincenzo Scotti, politico che ha partecipato per tre lustri al complesso lavoro di democratizzazione del nostro Paese si legge: “il lavoro della Giuliani arriva oggi quanto mai necessario. A lei bisogna essere grati proprio per il modo di ordinare i fatti e nel comunicarli con efficacia. Fin dalle prime pagine della Giuliani si percepisce un approccio che ti coinvolge. La nostra ricercatrice ci presenta subito due elementi della ricostruzione non lasciati al caso: il testo, cioè le vittime innocenti e il contesto Bologna. La città “stà lì adagiata e ordinatamente complessa”

Era la “cornice” il contesto della orribile tragedia

A differenza di altri attentati quello di Bologna presentava una prima caratteristica, le vittime provenivano da 50 diverse città e oltre ai 9 stranieri, gli assassinati coprivano un ampio spettro della società: 19 studenti, gli insegnanti 5, gli operai 14, gli impiegati 12, i pensionati 7, le casalinghe 11, vi erano poi artigiani, militari, ferrovieri, tassisti, dirigenti, e altre categorie e un disoccupato.

La Giuliani introduce il lettore nella tragedia costruita con un cinismo disumano e gestita con una abilità di depistarlo in tutti gli anni in cui investigatori e magistrati cercheranno di trovare una verità giudiziaria e studiosi analisti e politici cercheranno di ricostruire una ragione politica, civile e barbara comprensibili. “E lo stato di incredulità si allunga a dismisura come un bianco deserto, una distesa di neve sabbiosa che si perde all’orizzonte, lì dove l’orizzonte non c’è. Una superficie soffice che non riesce a prendere forma. Non c’è la linea che definisca il quadro, ma lo spazio. Spazio infinito come in un buco nero. Le cose perdono i loro contorni e tutto diventa bidimensionale, Un assurdo infinito”

Quaranta anni iniziava questa tragedia

“Quello che accade a Bologna è uno di quei punti di snodo, come la città di Bologna, che cambia la storia di tutti, la cambia alle vittime e ai loro parenti direttamente. Drammaticamente. La cambia a Bologna. La cambia a tutta l’Italia. Per sempre”.

La nostra ricercatrice si addentra, con abilità di rigorosa analista, in quel groviglio di verità e di depistaggi così ben studiati e innescati a tempo debito, come la bomba del 2 agosto 1980 in quella sala di aspetto di seconda classe della  stazione di Bologna. La ricerca della Giuliani arriva nelle librerie in un momento delicato della storia del nostro Paese e del mondo. Con l’emergere di tendenze razziste e soprattutto con l’accentuarsi del degrado della lotta politica che sta intaccando i fondamenti di una democrazia basati sul rispetto dell’avversario e sulla difesa dei valori, fondamenti alla base della Costituzione patrimonio di tutti. Mai come in questo momento questo libro è un contributo positivo di una coscienza civile limpida. 

E’ fondamentale offrire ai giovani la lettura delle pagine più terribili dell’attacco terroristico facendo loro scoprire la barbarie disumana di disegni eversivi da non dimenticare mai. “La  coscienza civile evocata dal Prof. Scotti si dovrebbe tradurre in un atto di umanità per restituire ciò che c’è, ciò che è stato, senza strumentalizzazioni. È  un atto di umanità superare le voci e i dubbi soprattutto perché si parla di vittime, di persone e non solo di colpevoli, di cui perlomeno abbiamo una risultanza giudiziaria. Qui non sono in discussione i nomi dei mostri che hanno fatto una strage, ma l’umanità di una Repubblica troppo spesso divisa in bandiere e in fazioni dimenticandosi di chi magari, un giorno, voleva solo andare in vacanza. 

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