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Testimonianze dal Kosovo: l’intervista

Luca intervista Marco Paunovic, responsabile della comunicazione per il Partito Radicale Serbo

Belgrado, 17 ottobre 2013 – Sol.Id ha incontrato il Partito Radicale Serbo, occasione unica per i volontari, che hanno avuto così modo di illustrare la loro attività umanitaria.
All’incontro ha preso parte anche il vicepresidente, Nemanja Šarović, che ha ringraziato calorosamente i volontari europei. Poi tutti in piedi per onorare l’inno serbo, intonato dai padroni di casa mostrando le tre dita, per loro vero e proprio simbolo sacro.

A margine del meeting con il Partito Radicale Serbo, Luca Cirimbilla, appartenente al Fronte Europeo per il Kosovo e attualmente in missione umanitaria nell'enclave serbe con Sol.Id, ha incontrato Marco Paunovic, responsabile della comunicazione per il Partito Serbo.
Ecco l’intervista.

“Voi dovreste essere orgogliosi di avere ancora uno dei più importanti partiti nazionalisti europei”. Così si rivolge Luca a Paunovic. Che risponde: “Abbiamo questa fortuna perché non siamo ancora entrati nell’Unione Europea”.
Il Partito per cui milita Marco Paunovic ha nel cuore la storia e, soprattutto, le sorti di questa regione che per i serbi è sacra dal 1389, anno in cui si svolse la battaglia della Piana dei Merli, dove un’intera casta nobiliare serba si immolò, in forte inferiorità numerica, in uno scontro contro l’Impero Ottomano.

“Di recente, nel settembre 2009 – spiega il responsabile del settore comunicazione – il Partito Radicale Serbo ha vissuto un’importante scissione che ha visto la nascita del Partito del Progresso guidato da Nicolic”.
“La principale ragione della scissione – continua – è stata la posizione totalmente favorevole di Nicolic circa l'ingresso della Serbia nell'Unione Europea”; posizione che ha costretto Nicolic a staccarsi e a fondare una nuova formazione.
Paunovic spiega che il Partito Radicale Serbo non è del tutto contrario all'ingresso nell’Unione Europea, ma devono essere soddisfatte alcune condizioni fondamentali, ovvero “che la Serbia – dichiara – entri nell’Ue portando con sé il Kosovo, ovviamente”. Poi, aggiunge: “Un’altra condizione per noi fondamentale è la libertà immediata per Šešelj, il nostro leader che da 11 anni è detenuto a seguito della condanna da parte della corte dell’Aja”.

Le bandiere con le immagini di Šešelj riempiono le pareti della sede del partito, dove si è svolto l’incontro con gli altri esponenti del Partito.
Il fondatore e leader del Partito si consegnò nel 2003 di propria volontà al tribunale dell’Aja; oggi, 11 anni dopo, nulla ancora si è stabilito circa la sua colpevolezza riguardo le accuse di omicidio nei suoi confronti, atti inumani, persecuzioni per motivi politici, razziali e religiosi, sterminio e attacchi contro civili.
“La prossima sentenza si terrà il prossimo 30 ottobre – annuncia Marco – e siamo tutti in attesa per sapere cosa ne sarà di lui”.

Ancora, a chiudere l’intervista, una domanda sull’Europa: c’è il timore che una volta entrati nell’Unione, la Serbia possa fare la fine della Grecia?
Siamo convinti – risponde Paunovic – che l’Ue in realtà non ci voglia: da 15 anni ci dicono che entreremo da un momento all'altro, ma alla fine non siamo ancora entrati. Noi pretendiamo che, una volta ammessi, verremo trattati alla pari delle altre nazioni. Non possiamo dimenticare che proprio l'Ue ha bombardato la nostra terra nel 1999”.

A questo punto, Luca chiede a Marco Paunovic cosa ne è dei rapporti con l’Italia, Nazione protagonista in negativo proprio di quei bombardamenti.
“Noi sappiamo che molti italiani – commenta Marco – non condividono le scelte dei loro Governi, come quella di bombardarci e di aver concesso le proprie basi militari di Aviano”. Riguardo Sol.Id, precisa: “Voi dovete sapere una cosa: in Serbia ogni singolo uomo e donna, rispettano voi e il vostro operato, e sostengono con entusiasmo quanto state facendo. Purtroppo l’attuale governo serbo sta facendo molta pressione sui media serbi affinché non trattino argomenti come il Kosovo”.

Se da una parte il governo cerca di oscurare in ogni modo questa delicata questione, la popolazione serba invece l’ha a cuore.
“I politici serbi stanno facendo di tutto per far partecipare i nostri connazionali alle elezioni in Kosovo, che però sono organizzate dagli albanesi: questo potrebbe rivelarsi un errore fatale per gli equilibri della zona”, conclude Paunovic.

L’intervista è terminata. Marco e Luca si salutano. Ma prima di congedarsi, Paunovic, per onorare l’ospitalità, descrive al volontario di Sol.Id le piazze e i monumenti di una Belgrado ancora ferita dalle bombe: chi voleva piegare una nazione e il suo popolo, come nel 1389, non ha fatto altro che accrescere l'amore verso la propria terra. E questo, a un'Unione Europea che vuole imporre spread e agenzie di rating, proprio non va giù.

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