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Testimonianza di un imprenditore romano vittima di usura

Marcello (nome di fantasia) racconta la sua storia a Radio Cusano Campus

Marcello, 60 anni circa. Il nome è di fantasia. Una vita fa, Marcello era un imprenditore, con un’attività avviata e redditizia. C’erano ancora le lire, e Marcello gestiva un negozio di ferramenta. A raccontarlo è proprio lui, ai microfoni di Radio Cusano Campus, nell’ambito della trasmissione radiofonica ECG Regione Lazio condotta da Andrea Di Ciancio e Roberto Arduini.   

Un giorno, però, Marcello sconfina di circa 5 milioni il suo castelletto salvo buon fine. È la banca (il nome non viene rivelato, ndr) a chiamarlo immediatamente per dirgli che se non fosse rientrato col contante, sarebbe stato protestato. A quel punto Marcello cerca di farsi aiutare da amici e parenti, ma non riesce a rimediare la cifra richiesta. Una volta uscito dalla banca, dove si era recato per spiegare la situazione, “fatalità” – dice ai microfoni di ECG Regione Lazio, incontra un signore, pronto ad ‘aiutarlo’, erogandogli la cifra di cui aveva bisogno. Marcello quindi accetta, quasi costretto, e si fa dare i 5 milioni di lire, da restituire ‘in comode rate’ da 500 mila lire a settimana, finché non sarebbe stato in grado di restituire l’intera somma.

La prima volta, Marcello, riesce ad uscirne quasi subito. La colpa di un versamento andato male: rimediati i soldi, riesce a rimediare all’ammanco e a restituire l’intera somma dovuta.

C’è anche una seconda volta, però. La ricaduta. E Marcello, stavolta, non riesce a rialzarsi. L’ammanco è di 8 milioni di lire. Di nuovo la chiamata della banca, di nuovo Marcello cerca aiuto da amici e parenti, ma riesce a mettere insieme solo 2 milioni di lire. Ne mancano 6, per non avere più problemi. Di nuovo, ad attenderlo all’uscita della banca un signore, un altro, pronto ad offrire aiuto al povero malcapitato di turno. Marcello, di nuovo, costretto – “Sono molto bravi ad esporre la loro merce”, racconta – accetta. “Ci sono cascato con tutte le scarpe”, commenta. Di nuovo, stessa modalità di pagamento: 600 mila lire a settimana, fino a che non c’è la disponibilità dell’intera somma.

Per Marcello però, stavolta, le cose si complicano: un grave lutto in famiglia, lui stesso costretto a sottoporsi ad un’operazione. E il debito si accumula, il pagamento non viene onorato. Gli strozzini gli stanno con il fiato sul collo: “A loro interessano solo i soldi, non si preoccupano degli affetti o delle esigenze delle persone” – spiega Marcello. Il debito è troppo elevato, e per estinguerlo Marcello deve pagare “una cifra da matti”. Oppure cedergli “a due lire” il suo negozio, frutto di sacrifici e di lavoro. “Se la presero con me e con la mia famiglia”. A quel punto, Marcello accetta la ‘transazione’, e dà il suo negozio agli usurai.

Oggi il negozio è ancora aperto, racconta ancora Marcello. Non sappiamo se a gestirlo siano ancora quelli che “l’hanno estorto in maniera più o meno lecita a me e alla mia famiglia” o se lo “abbiano rivenduto”.

L’impressione di Marcello è che si trattasse di “un’organizzazione capillare”, non certo di sprovveduti. Che però Marcello non ha mai denunciato. Non poteva, non ci riusciva: “Avevo due bambini piccoli, non potevo pensare che venisse fatto loro del male”. Oggi Marcello è un operaio, ma soprattutto un’altra persona, e vive un’altra vita. 

ROMA CAPITALE DELL'USURA. Secondo le stime di Sos Impresa riferite da L’Espresso, Roma è la Capitale dell’Usura, con cifre imbarazzanti: i commercianti nelle mani degli usurai a Roma sono almeno 28.000,  pari al 35% delle attività economiche del Lazio, per un totale di almeno tre miliardi di euro l’anno.

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