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Talebani su Twitter: propaganda digitale mentre la popolazione cancella i suoi profili Social

Il terrorismo al tempo dei Social. Non la provocazione distopica di una trama fantapolitica ma la realtà grottesca che ci troviamo ad affrontare dopo la caduta di Kabul

talebani nel palazzo presidenziale

Talebani nel palazzo presidenziale di Kabul

Talebani su Twitter, così si promuove il terrorismo al tempo dei Social. Non la provocazione distopica di una trama fantapolitica ma la realtà grottesca e il dilemma, anche filosofico, che ci troviamo ad affrontare dopo la caduta di Kabul sotto la conquista fulminea dei talebani. Le colossali Big Tech della comunicazione ci mettono davanti a nuove sfide che riguardano il diritto di espressione.

I Social ci pongono davanti ad antiche questioni giuridiche ed etiche sulla libertà di parola e su quella che viene chiamata “Sovranità digitale”, ma con inediti risvolti al problema. Chi deve applicare le categorie concettuali della libertà e del pluralismo, ma anche delle limitazioni alle offese e alla disinformazione nelle piattaforme online?

Con la presa di Kabul la questione si estremizza drammaticamente.

Talebani 2.0 (anni dopo)

I talebani 2.0, ossia vent’anni dopo la missione Usa, occupano il palazzo presidenziale di Kabul presentandosi con gli smartphone in mano e i fucili sulle spalle. Simbolo di una nuova strategia di comunicazione, in cui si mira a costruire un canale diretto con il mondo, non filtrato dai governi. Sono passati dai Vhs e dai Tg alla propaganda online; stavolta gli studenti sono alla ricerca di legittimazione, e hanno anche affermato esplicitamente di non volere nemici. Anche se il loro governo non sarà democratico, perché la loro legge è la Sharia.

Il ricercatore Kabir Taneja ha commentato: “La presenza di smartphone dappertutto nonostante la bassa diffusione di internet è un simbolo dei tempi. Tanto i click quanto i kalashnikov fanno parte della guerra di oggi” riporta Wired.

Dialogare con i talebani? Il paradosso di Popper

L’alto Rappresentante della politica estera della Ue, Josep Borrell ha affermato che ora occorre trattare e dialogare con i talebani, e l’Italia ha affermato che seguirà in tal senso la posizione indicata dall’Unione Europea. Dunque se occorre venire a patti con il nuovo governo di fatto del paese asiatico, perché invece censurarlo sulle piattaforme?

Facebook e Tik Tok hanno banditi i talebani in quanto organizzazione terroristica, mentre Twitter consente ancora al portavoce delle milizie islamiche di pigolare con i suoi follower-adepti.

E così uno dei portavoce dei talebani Zabihullah Mujahid ha invitato i giornalisti a chiedere a Facebook “che si dice promotore della libertà di parola perché impedisce al movimento a capo dell’Afghanistan di pubblicare contenuti su Facebook, Instagram e WhatsApp”. Così riporta infatti il Corriere della Sera.

Evidentemente Mujahid non ha mai sentito parlare di quello che viene chiamato il Paradosso della Tolleranza in Karl Popper: la tolleranza incondizionata e indiscriminata (anche se in quelle che Popper stesso definisce società aperte, e in cui non rientra certo quella imposta dai neo-insediati talebani) conduce necessariamente al sopravvento delle frange più intransigenti e violente della società stessa. Insomma, non si può essere tolleranti con gli intolleranti.

La risposta di Facebook


La risposta comunque l’ha data direttamente la sede di Facebook a Menlo Park: “I talebani sono sanzionati come organizzazione terroristica dalla legge degli Stati Uniti. Quindi sono banditi dai nostri servizi in quanto organizzazioni pericolose. Questo significa che rimuoviamo gli account gestiti da o per conto dei talebani, evitiamo di dare loro supporto e rappresentanza”, mezzi per reclutare e radicalizzare. Accade tuttavia che mentre l’ex presidente Trump è stato rimosso a vita dal microblogging del cinguettio, i portavoce talebani possono rivolgersi ai loro 293.400 follower.

Come conciliare il diritto internazionale e la complessità geopolitica attuale con la potenza di un gigante privato? A quali leggi, (nazionali?) devono rifarsi queste piattaforme private che possiedono un megafono pubblico sovranazionale?

Talebani su Twitter

La situazione poi nella fattispecie si complica ancora di più perché i talebani non compaiono nell’elenco delle organizzazioni terroristiche straniere del Dipartimento di Stato americano. La società dell’uccellino di san Francisco ha infatti bannato gli account legati ad Hamas ed Hezbollah ma non ai talebani.

Intanto, scrive Wired, gli account social dei cittadini afgani vengono chiusi e gli archivi dei telefoni, video, foto e documenti cancellati per paura di ritorsioni da parte dei nuovi padroni. Una memoria storica, culturale, personale e collettiva che si svuota per salvare la nuda vita.

Le guerre e le persecuzioni si trasformano nella rete mentre la pace resta un ideale compromesso e contrattato.

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