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Taglio dei parlamentari: un contentino alla (giusta) ostilità per gli “onorevoli”

Per il M5S è un punto irrinunciabile e difficilmente il PD potrà sottrarsi. Ma i meccanismi e gli abusi del Potere non ne risentiranno affatto

Nessun dubbio: come cittadini siamo esasperati, e schifati, dalla classe politica nel suo insieme. Da un lato perché ci ha portati alla situazione odierna, di degrado economico e sociale: dall’enorme debito pubblico all’abbattimento dei diritti dei lavoratori, dai trattati capestro sottoscritti in sede UE alla miriade di favoritismi per le rispettive clientele. Eccetera eccetera eccetera.

Ma dall’altro, e ancora di più, perché questa oligarchia travestita da élite non si è mai assunta la responsabilità della sua pessima gestione. Anzi: essendo a corto di successi da poter vantare, si è auto attribuita il merito di aver evitato che le cose andassero ancora peggio. E per di più si è mascherata, e assolta, inscenando una serie di “nuovi inizi”: partiti che cambiano nome, la Prima Repubblica che si reinventa nella Seconda e che si accinge a riciclarsi nella Terza, leader (si fa per dire) e comprimari e scartine che si avvicendano in modo da far pensare che ci sia un continuo rinnovamento. E quindi, bufala delle bufale, un continuo miglioramento.

Stando così le cose, è del tutto naturale che molti di noi siano smaniosi di ottenere un qualsiasi tipo di rivalsa. Non potendosi liberare in un sol colpo di questi usurpatori della sovranità popolare, per sostituirli in blocco con individui migliori e davvero votati a quel “bene comune” che viene tanto citato quanto tradito, si finisce però con l’accontentarsi di troppo poco. Vedi i tagli ai vitalizi, nel recente passato. E vedi la riduzione del numero dei parlamentari che sembra ormai alle porte.

Una soddisfazione che è perfettamente comprensibile sul piano psicologico. Ma che è profondamente sbagliata su quello politico.

Dietro la cosiddetta “Azienda Italia”

L’errore è guardare alle persone. Senza capire che si tratta solo di rotelle e rotelline all’interno di meccanismi molto più ampi. E molto meno evidenti.

Quelli che noi vediamo sedere in Parlamento, e negli altri organismi elettivi, sono solo l’equivalente dei manager e dei funzionari di un’azienda. Ma dietro di loro ci sono i veri centri decisionali. Il consiglio di amministrazione, che si riunisce chissà dove. Gli azionisti di maggioranza, che non sono necessariamente italiani. La succitata azienda, la cosiddetta Azienda Italia, è in effetti parte di una holding. Di una multinazionale.

Dare una sforbiciata agli organigrammi, perciò, non cambia affatto la natura della “corporation” e le sue possibilità di perseguire – di continuare a perseguire – i propri scopi.

Eliminare un po’ di deputati e senatori è molto più una gratificazione emotiva che un successo sostanziale. La vera guerra al carrierismo dei politici di professione, o dei politicanti di mestiere, va combattuta assai prima che approdino a Montecitorio o a Palazzo Madama. La trincea su cui fermarli è nelle assemblee di sezione, nelle strutture locali, là dove i futuri “onorevoli” muovono i primi passi della loro futura ascesa a ruoli di maggior rilievo. Più vantaggiosi per loro. Più dannosi per noi.

E su questa mancata vigilanza, magari, è il caso che un esame di coscienza ce lo facciamo anche noi cittadini, se in un modo o nell’altro gli attuali parlamentari li abbiamo sostenuti. O comunque non ostacolati. Non fermati per tempo.

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