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Stadio Roma, Cassazione: accuse a De Vito non reggono, motivazioni insufficienti

Ecco le motivazioni della sentenza della Cassazione riguardo l’arresto di Marcello De Vito

Le accuse contro l'ex presidente dell'assemblea capitolina Marcello De Vito non reggono e si basano su motivazioni insufficienti. Lo affermano i giudici della Cassazione nelle motivazioni della sentenza che lo scorso 12 luglio ha annullato con rinvio l'ordinanza del Tribunale del Riesame di Roma nei confronti di De Vito e degli altri soggetti coinvolti nel giro di presunte mazzette che l'imprenditore Luca Parnasi avrebbe elargito per favorire il progetto del nuovo stadio della Roma.

"L'atto contrario ai doveri d'ufficio è stato ravvisato, in relazione alla vicenda riguardante il progetto di realizzazione dello stadio della Roma Calcio, nell'aver De Vito presieduto l'assemblea del 14 giugno 2017, esprimendo in quella sede il proprio voto favorevole all'approvazione del progetto medesimo ed alle connesse varianti del Piano regolatore (avvenuta con 28 voti favorevoli e 9 contrari): l'assunto risulta gravemente insufficiente sul piano della motivazione", scrivono i giudici della Suprema Corte.

"Esso inoltre tralascia di considerare, nonostante l'espressa sollecitazione delle difese, confortata dalla documentazione prodotta in sede di udienza camerale, che la ricordata seduta del 14 giugno 2017 – presieduta da De Vito coerentemente alla veste istituzionale sua propria – interviene all'esito di un già apprezzabile iter procedurale, scandito, dopo la presentazione del progetto oltre tre anni prima, sotto la sindacatura Marino, e una prima dichiarazione di pubblico interesse dell'opera da parte della Giunta del tempo, da una convergente dichiarazione pubblica in tal senso della sindaca Raggi, pur con l'indicazione di una sensibile diminuzione della cubatura commerciale del progetto, e della successiva adozione di una collimante delibera di Giunta, cui avevano fatto seguito i pareri positivi delle Commissioni permanenti e del IX Municipio, interessato dall'esecuzione del progetto, prima della seduta di cui trattasi".

"Il tutto in assenza di qualsivoglia indice probatorio concretamente allegato – sottolineano i giudici della Cassazione – di un inopinato mutamento di linea da parte della maggioranza consiliare e di un'attività da parte di De Vito, finalizzata a scongiurare siffatta (allo stato del tutto congetturale) ipotesi, ovvero ancora di modificare in senso più confacente agli interessi del privato il già palesato favore della maggioranza comunale, essendo rimasti peraltro inesplorati eventuali profili di contrarietà all'interesse pubblico del complessivo progetto". 

"La Suprema Corte di Cassazione ha pubblicato i motivi sulla base dei quali ha gravemente censurato l'assunto accusatorio del Tribunale di Roma, accogliendo cosi le censure difensive e mettendo in discussione la legittimità del mio arresto, risultato basato su mere congetture, argomentazioni illogiche e 'addomesticate'". Così commenta l'ex presidente dell'assemblea capitolina, Marcello De Vito, le motivazioni della sentenza della Cassazione.

"Continuerò a difendere la mia innocenza, la mia reputazione e la mia onestà in ogni sede, sempre con la dignità che mi contraddistingue dagli altri miei colleghi, che senza scrupolo alcuno fanno comodi proclami senza dimostrare fiducia, garantismo e senza nemmeno il coraggio di autocritica". (Adnkronos agenzia)

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