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Sovranismo e globalizzazione: due facce della stessa (spaventosa) medaglia

Manifestazione ultranazionalista in Polonia e rigurgiti totalitari in Europa: combinazione di globalizzazione e sovranismo

bandiere e folla per la Festa dell'Indipendenza in Polonia

Vedere migliaia di persone fiere di dichiararsi di estrema destra, partecipare all’annuale “giorno dell’indipendenza“ sulla piazza centrale di Varsavia in un tripudio di bandiere polacche, fumogeni e cori nazionalisti ( termine che ormai fa rima con sovranisti ) dovrebbe far riflettere sul periodo storico che stiamo vivendo.

Sovranismo in Europa e manifestazione ultranazionalista in Polonia

Malgrado l’inutile tentativo di bloccare la manifestazione da parte del sindaco liberale Rafal Trzaskowski, lo stesso Governo polacco, definendo la stessa come “di Stato”, ha annullato l’ordinanza ostativa del Sindaco patrocinando quella che potrebbe considerarsi la prima vera espressione di potere acquisito da parte di una destra estrema non più costretta a nascondersi o giustificarsi.

Pochi hanno potuto stigmatizzare gli slogan del corteo che invitavano le forze dell’ordine polacche dispiegate al confine con la Bielorussia a sparare contro le migliaia di migranti desiderosi di entrare nei territori dell’Unione Europea.

Sembrano passati secoli dalle popolari manifestazioni di “Solidarnosc”, il sindacato benedetto da Papa Woityla che si rese protagonista dell’ultima rivoluzione popolare figlia della fine dell’Impero Sovietico.

La Polonia, dopo aver scoperto gli agi prodotti dal capitalismo ultraliberista ed averne gustato gli effetti quanto ad una qualità di vita sconosciuta, vuole rendersi ancora una volta protagonista iniziale di una proposta di cambiamento della storia. L’assurdo storico è che se solo qualche decennio fa, tutto il mondo occidentale si dimenava per l’abbattimento di un Muro (fra tutti quello di Berlino), adesso, una gran parte delle popolazioni europee si batte per innalzarne di più alti ed estesi.

Rigurgiti totalitari nell’Europa ultracapitalista

Quello che sembra manifestarsi nelle popolazioni adulte del nuovo millennio, è un recupero inconscio delle ideologie totalitarie portate dalle occupazioni e dominazioni subite a partire dalla fine della 1^ guerra mondiale. Fascismo, Nazionalsocialismo, Stalinismo continuano a mietere consensi e proseliti anche tra quei giovani di cui gli avi ne hanno magari patito le pene più gravi. I simboli esoterici così fascinosi, i riferimenti alla storia degli antichi imperi, l’idea di poter essere protagonisti eroici del proprio destino in cui la Patria e la bandiera rivestono la ragione di vita più ambita in contrasto con un mondo globalizzato senza frontiere.

Sono queste manifestazioni infantili figli di una subcultura confusa o gli ultimi appigli per giustificare da protagonista l’esistenza dell’individuo?

Sovranismo, benessere apparente e ideologie estreme

Senza volerci addentrare in ulteriori considerazioni sociologiche, forse la causa di questo rigurgito è la “normale” conseguenza al fallimento delle politiche scellerate ed incompetenti dei governi confusamente democratici ed ultrabuonisti che non hanno mai prodotto sufficiente uguaglianza, meritocrazia, sicurezza e libertà effettive.

Adesso, osservare il benessere diffuso di quei Paesi fino a ieri ritenuti arretrati e lontani da livelli di sviluppo economico accettabili, ed oggi, sull’onda di un liberismo quasi antico ed un nazionalismo fermo e protettivo divenuti benestanti e realizzati, comincia a creare più di qualche dubbio su quale sia la strada da seguire.

Certamente, come qualcuno ha sempre detto, alla fine di tutto, quello a cui una popolazione ambisce è il benessere economico, forse anche primariamente alla libertà o alla democrazia. A ben vedere, il sovranismo moderno non è altro che la difesa del proprio spazio vitale nei confronti della spinta invasiva dettata dal gigantesco flusso dei migranti economici, ma al tempo spesso, gli Stati che maggiormente lo rappresentano sono i più avvantaggiati fruitori delle regole della globalizzazione. Sicuramente, la globalizzazione economica non ha mai inteso eliminare i confini territoriali per gli esseri umani, a meno che gli stessi non siano “diversamente utili” alle catene produttive.

Quindi, in realtà, il mondo non è più diviso per razze, o credenze religiose o culture; e neanche per territorio di appartenenza. La nuova discriminante dettata dall’uomo è quella che decide, a seconda della momentanea convenienza, sull’inutilità o meno del proprio simile.

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