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Selene Ticchi assolta per Auschwitzland. Il Tribunale: “il reato non sussiste”

Selene Ticchi è stata assolta per la vicenda che nel 2018 la vedeva indossare la maglia con la scritta Auschwitzland. L’Anpi si era costituita parte civile

Selene Ticchi indossa la maglia Auschwitzland

Indossava la maglia con la scritta “Auschwitzland” durante il raduno dei nostalgici a Predappio, per questo Selene Ticchi finì, nel 2018, in tribunale per rispondere di violazione della Legge Mancino, la vicenda si chiude con la sentenza del Tribunale che vede la donna assolta.

La legge Mancino (dal nome del Ministro Nicola Mancino) nata nel 1993 che condanna gesti, azioni e slogan legati all’ideologia nazifascista, aventi per scopo l’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali. La legge punisce anche l’utilizzo di simbologie legate a suddetti movimenti politici.

Selene Ticchi assolta, la maglia Auschwitzland non costituisce reato

È di questi giorni la notizia dell’assoluzione della donna perché “il fatto non costituisce reato”.

Questa la formula con la quale il tribunale di Forlì ha assolto Selene Ticchi, all’epoca militante di Forza Nuova e ora nel Movimento nazionale rete dei patrioti, che il 28 ottobre 2018 indossò la maglietta con la scritta “Auschwitzland” con il profilo del campo di sterminio prendeva il posto del castello del parco di divertimenti.

La Procura aveva chiesto per lei una condanna a nove mesi e 600 euro di multa. “Siamo felici e soddisfatti”, commenta Ticchi, difesa dal marito, l’avvocato Daniele D’Urso.

La vicenda Auschwitzland, a meno di due settimane dal Giorno della Memoria

La sentenza arriva a due settimane dal Giorno della Memoria, il 27 gennaio. La vicenda creò tanto sgomento, scalpore e indignazione che addirittura la stessa Forza Nuova decise di prendere le distanze. Sulla scia delle polemiche Selene Ticchi si scusò.

Nel processo l’Associazione Nazionale Partigiani si costituì parte civile. Il presidente dell’Anpi Emilio Ricci non nasconde il rammarico per la conclusione della vicenda giudiziaria nel comunicato diffuso dal sito dell’Anpi.

“Colpisce che, ancora una volta, l’ostentazione di condotte apologetiche non siano ritenute penalmente rilevanti quando, nel caso che ci occupa, si ridicolizza una delle vicende storiche più gravi e drammatiche vissute nel periodo della seconda guerra mondiale”.

E prosegue: “Rileviamo la contraddittorietà delle decisioni della Magistratura che, in alcuni casi condanna e in altri assolve, pur in presenza di condotte sostanzialmente analoghe; va anche rilevata la discrasia tra il comportamento della Procura (che chiede una significativa condanna) e il Giudice che assolve. Da tempo l’ANPI si batte perché la normativa in materia di esaltazione e apologia del nazifascismo sia sostanzialmente e drasticamente riformata, anche mediante la presentazione di un progetto di legge di riforma. La battaglia per la difesa della memoria dei martiri e dei perseguitati dal nazifascismo prosegue con l’impegno dell’ANPI a perseguire i responsabili di tutte le condotte rilevanti penalmente”.