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Se ti spogli hai l’articolo, Fulvio Abbate: “La fregna è potere”

Lo scrittore: “I maschi sono ossessionati”. E aggiunge: “Il movimento #MeToo si è depotenziato per colpa della cultura maschilista”

Fulvio Abbate

Fulvio Abbate

Sono storie controverse, avvolte nel mistero. Storie che aspettano di essere manifestate, raccontate. In tutti gli aspetti più languidi, più crudi. Verità vere o presunte, tracce socioculturali preponderanti. Si ritorna a parlare in questi giorni del movimento #MeToo, nato ormai sei anni fa, per dimostrare e denunciare una serie di violenze sessuali perpetrate ai danni di alcune donne, soprattutto sul posto di lavoro.

Un movimento conosciuto e sviluppatosi anche in Italia. All’indomani della notizia relativa alla proposta fatta da un giornalista nei confronti di un’imprenditrice, alla quale veniva chiesto uno spogliarello in cambio di un articolo, abbiamo fatto una chiacchierata con Fulvio Abbate, scrittore e filosofo, per comprendere meglio le dinamiche di un fenomeno tristemente noto, ma spesso largamente ignorato.

Il movimento #MeToo

Che ne pensa del movimento #MeToo? In generale e nello specifico di quello italiano, che per alcuni sembra non esser mai iniziato

“Esiste la volontà di denunciare qualsiasi forma di molestia. Mi pare che chi subisce molestie lo faccia. Non c’è niente di più irricevibile, in una posizione di debolezza rispetto alla necessità materiale lavorativa, di subire un ricatto: “Me la dai o non accedi al mondo della professione””.

Sembra quasi a giudicare da alcuni contributi che ci arrivano, di conoscere sempre le vittime di queste violenze. Ma mai, o quasi mai, i carnefici. Come mai?

“Molto spesso il presunto carnefice ha anche un nome. Spessissimo. E giustamente riceve uno stigma. Purtroppo una cultura maschilista fa sì che si dica che addirittura la minigonna sia un’istigazione alla molestia. C’è dunque asimmetria in questo. Perché se tu subisci e denunci una molestia, da parte di un maschio che si trova in una posizione di potere, hai il dovere d’essere creduta. E non di supporre che in realtà tu lo stia diffamando. Chi fa una denuncia ha una ragione per farlo. Esistono però i casi singoli, come quello di Stefania Pellicoro, raccontato nel programma “Le iene“.

La vicenda di Stefania Pellicoro

Che idea si è fatto della vicenda?

“Innanzitutto il fatto che abbia un profilo Onlyfans non è di certo un’aggravante, come qualcuno potrebbe insinuare. In realtà quello che in questa vicenda sembra inaccettabile, è che questo giornalista (di cui si fa anche il nome) abbia utilizzato o millantato la sua posizione per contenere un favore di tipo onanistico. Questo è meschino. Ricorda la vicenda di un aspirante re d’Italia che anni fa in alcune intercettazioni tirava su il prezzo con alcune prostitute. C’è un dato oggettivo. Come diceva Remo Remotti: “La fregna, regna!”. E’ potere, perché i maschi ne sono ossessionati. E’ sempre più un ansiolitico. Questa persona, davanti al miraggio dell’avvenenza si è precipitato”.

“#MeToo” si è depotenziato

Di questi fenomeni se ne parla per un po’ troppo spesso a fasi alterne, quasi ad intermittenza. Molti di questi casi sembrano finire in un dimenticatoio, irrisolti, smarriti. Perché?

“Nonostante le manifestazioni, come il berretto di lana rosa, il movimento “#MeToo” sembra essersi depotenziato. Ho fatto un’intervista a un’attrice di Hollywood, Paz de la Huerta. Lei aspetta giustizia rispetto alle avances subiti da Weinstein. Spessissimo si tende a minimizzare, in virtù di una cultura maschilista molto predominante”.

A volte si pensa che alcune denunce vengono fatte solo per ricevere visibilità. Come la vede?

“Sono convinto che la visibilità che questa persona sta ottenendo ha un valore assai maggiore di qualsiasi articolo che avrebbe potuto raccontare, relativamente alla sua impresa. Il confine tra il vero e il falso fa i conti con la prova provata. Vale il racconto di Albert Camus, ne “Lo straniero”. Quando al processo, dopo che il protagonista uccide in spiaggia un arabo, si dice: “Il giorno del funerale di sua madre, non aveva lacrime”. Si entra in un ambito che è quello dell’insinuazione“.