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Scontri Roma-Cska, una riflessione sulla violenza negli stadi

Due feriti, tre arresti e quattro daspo: non inizia sotto i migliori auspici il nuovo anno calcistico

Due feriti, tre arrestati e quatto daspo: l'incontro Roma – Cska Mosca, tenutosi ieri sera, mercoledì 17 settembre, ci ha regalato un altro bollettino nero degli scontri da stadio, nonché un altro bello spettacolo di gioco pulito. L'ennesimo. In questo caso, sembra che i tifosi delle due squadre siano inizialmente arrivati a contatto sul lungotevere Maresciallo Diaz, iniziando una schermaglia che ha dato come primo esito un ricovero per accoltellamento ed un arresto. Va detto che è poca roba rispetto ad episodi precedenti, ma è comunque un triste "buon inizio" per l'anno calcistico 2014-2015. Sugli spalti, poi, questa schermaglia iniziata per le strade, e fortunatamente stroncata da alcune cariche della polizia, ha corso il rischio di diventare una vera e propria battaglia, giacché i tifosi russi hanno ripetutamente cercato di sfondare il cordone di stewards che, insieme alla vetrata, li separava dalla tifoseria romanista. Nel video di riferimento agli scontri sugli spalti si vede infatti nitidamente la tifoseria del Ceska che assalta il personale dello stadio, o a mani nude o con oggetti reperiti sul luogo, stendendo a pugni alcuni tra gli stewards, disarmati e di certo non preparati a reggere l'urto di centinaia di tifosi.

Approfittando del triste evento, varrebbe la pena di soffermarci sul ruolo degli stewards e la non-proporzionalità della loro tutela e retribuzione rispetto ai rischi che corrono ad ogni partita (in effetti sono la prima linea difensiva, non in grado di difendersi), ma non abbiamo purtroppo lo spazio per questa riflessione.

Ciò che invece ci chiediamo è se non sarebbe forse l'ora di adottare il pugno di ferro riguardo la violenza negli stadi, che specialmente in questi ultimi tempi ci sta dimostrando di essere un fenomeno non solo vivo e presente, ma in costante crescita. In realtà, tale fenomeno necessita di essere visto sotto un'ottica diversa: non più accettato come una condizione sociale, una manifestazione intrinseca allo sport calcistico, ma come un elemento demenziale, stupido, dannoso, che non ha alcun tipo di giustificazione razionale, neanche la più lontana. Picchiarsi in un una manifestazione politica, uno sciopero o una protesta è un gesto immorale e sbagliato, ma segue una logica, che sta dietro il conseguimento di un obiettivo tangibile e concreto; viceversa, picchiarsi in uno stadio, per uno sport, non ha invece alcun tipo di logica concettuale, nessun obiettivo, nessuna ragione. In parole più semplici, è il gesto animale di chi, all'evidenza inconfutabile dei fatti, ha un basso quoziente intellettivo, ed agendo stupidamente non segue la razionalità.

Il problema, in tutto ciò, è che dietro a questa follia si cela l'altra follia del compromesso, della semi-accettazione, dell'affrontare il problema come un qualcosa che oramai fa parte di noi e della nostra cultura sportiva, accettando persino il dibattito "tifosi-polizia" e prendendo una posizione. Non c'è dibattito, non c'è fazione: c'è solo la stupidità di chi sfoga sul tifo le frustrazioni personali.

Ripartiamo allora da un concetto chiaro e semplice: non andare allo stadio una domenica non ha mai ucciso nessuno (semmai è proprio il contrario), e non è una prerogativa costituzionale da garantire alla cittadinanza. Vale forse allora la pena di mettere un pò da parte questioni politiche e finanziarie per dare una bella svolta "di ferro" alla questione, iniziando a falciare questa idiozia, facendo fioccare in maniera più copiosa diffide e daspo, senza rimorsi, remore o ripensamenti. E se Dimitri o Marco alla domenica non potranno più andare allo stadio, ce ne faremo una ragione: faranno posto a Giovanni ed a suo figli di sei anni, che oggi allo stadio non possono andare per il rischio di ritrovarsi con la testa spaccata.

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