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Scatta il ricalcolo degli straordinari: tagli fino a 1.500 € in busta | la verifica aziendale non perdona

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Nelle aziende sanitarie è partito il recupero sulle ore extra tassate in modo agevolato: molti lavoratori si ritrovano con trattenute fino a 1.500 euro, con effetti pesanti anche sulla tredicesima.

La situazione sta creando allarme tra migliaia di dipendenti del comparto sanitario del Veneto, dove stipendi e tredicesime risultano improvvisamente ridotti a causa del ricalcolo degli straordinari. Le trattenute, applicate nei cedolini di novembre e destinate a proseguire anche a dicembre, derivano dall’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate contenuta nella risposta n. 272/2025, che ha ridefinito quali prestazioni possono godere dell’imposta sostitutiva ridotta al 5% prevista dalla normativa vigente.

L’orientamento dell’ente fiscale ha portato le aziende a rivedere quanto erogato nei mesi precedenti, classificando come retribuzione ordinaria — e non più come straordinario agevolato — alcune ore di pronta disponibilità seguite da richiamo in servizio. Ciò comporta una tassazione piena e la necessità di recuperare le somme considerate indebitamente percepite. Per molti dipendenti l’impatto è stato immediato e significativo, con conguagli che raggiungono importi fino a 1.500 euro.

Il nodo della tassazione e cosa contesta il personale

La questione nasce dalla distinzione tra le prestazioni che rientrano nello straordinario previsto dal contratto del Comparto Sanità e quelle che, pur retribuite come ore extra, non soddisfano i requisiti fissati dal legislatore per accedere all’aliquota agevolata. Secondo l’Agenzia delle Entrate, le ore di pronta disponibilità con richiamo non possono essere considerate straordinario ai fini del beneficio fiscale, poiché non rientrano nella fattispecie prevista dalla normativa.

Questa interpretazione ha però acceso la protesta dei sindacati, che sostengono che tali ore rappresentino a tutti gli effetti lavoro straordinario obbligatorio, imposto dal servizio e non volontario. La distinzione, secondo le sigle, non tiene conto delle condizioni operative dei reparti, spesso caratterizzati da carenze di personale e necessità di coprire turni in emergenza. La restituzione delle somme già pagate, oltre a essere economicamente gravosa, viene giudicata contraria allo spirito del contratto e alla natura stessa delle prestazioni rese.

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Le ripercussioni sugli stipendi e il rischio di una mobilitazione ampia

Le trattenute in alcuni casi superano i 300 euro, in altri raggiungono quota 1.500 euro, con conseguenze dirette anche sulla tredicesima mensilità. Molti lavoratori si sono trovati nell’impossibilità di prevedere l’entità dei recuperi, generando un clima di forte incertezza e tensione tra gli operatori.

I sindacati hanno già avviato assemblee nelle diverse strutture sanitarie interessate e minacciano azioni legali contro una misura che ritengono ingiustificata. Contestano inoltre l’assenza di un intervento tempestivo da parte delle istituzioni regionali, chiamate a fornire indicazioni omogenee alle aziende per evitare differenze di trattamento tra territori. Nel frattempo, cresce il timore che la vicenda possa incidere sulla motivazione di personale già sottoposto a carichi di lavoro elevati, con ripercussioni sull’organizzazione dei reparti più delicati.