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“Sangue Sparso”, la verità sugli anni di piombo

Un film di Emma Moriconi che ricostruisce i fatti avvenuti tra il 1978 e il 1983

«Partimmo alla conquista di un nuovo mondo, ma non ci rendevamo conto che, in realtà, aiutavamo a puntellare quello vecchio».

Così commentava il noto brigatista Franceschini gli anni della lotta in strada, dei rossi contro i neri, delle pistole e dei manganelli, quegli anni cari ad una certa generazione che ne ha fatto mito e di cui ognuno ha la propria personalissima e speciale versione.

Ma oltre la realtà del “Sangue sparso”, qual è la verità sugli anni di Piombo? A questo ostico e complicato interrogativo si propone di rispondere la regista Emma Moriconi con il suo film. Quello che ha sempre lasciato più perplessi è che "di quegli anni si ricordano solo fatti come il caso Moro, la strage di Bologna. E di tante vittime invece non si parla mai. La cosa che mi inorgoglisce davvero è il riconoscimento del mio film come opera di interesse culturale da parte dei Beni Culturali, sono davvero grata al Ministero. Vuol dire che non è mai troppo tardi riappropiarsi di una parte trascurata della storia".

Così, con il suo lungometraggio che finalmente vedremo nelle sale, tra Monterotondo e Roma si sono volute ricostruire le vicende di quei tanti ragazzi uccisi in nome di ideali diversi e diverse bandiere, di cui, però, oggi spesso si ricorda solo un colore. Ma questa è la storia di tutti: vuole essere il messaggio della riappacificazione sociale e del valore della vita sopra ogni cosa. Un film soprattutto per le nuove generazioni: di contro l’atarassia imperante, il completo vuoto ideologico e l’omologazione forzata, il ricordo di chi morì diviene missione sociale. Qui non si manda in scena una storia di fantasia, ma storie di vite umane realmente spezzate. E di quelle vite si racconta tutto, con personaggi a tutto tondo che si svelano ogni loro faccia, ogni loro emozione, ogni loro odio.

“Quanto sangue. Esistono uomini che hanno un sogno ed esiste un sogno per alcuni, un’idea che si vive intensamente, quell’idea che si chiama rivoluzione contro un sistema corrotto, egoista. La morte era lì, dietro l’angolo «Ogni giorno, uscendo di casa accarezzavamo con lo sguardo il viso dei nostri cari come se fosse l’ultima volta»”.

I protagonisti sono Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta, assieme Stefano Recchioni, tutti caduti il 7 gennaio del 1978 sotto il colpo di una skorpion in quello che rimane uno degli avvenimenti più turpi di quei decenni. “Abbiamo scelto nello specifico gli anni che vanno dal ’78 all’83 per un motivo ben preciso: la strage di Acca Larentia al Tuscolano cambia totalmente il modo di vedere il mondo. Nella realtà l’attentato è l’inizio di un percorso iniziato già dieci anni prima, ma con questo evento lo status quo prende un taglio decisamente diverso, divenendo un terrore sempre più grande”.

Tutti gli eventi che si susseguono con il massimo realismo storico, sono frutto di un lungo lavoro di ricostruzione non solo tra gli archivi della Biblioteca Nazionale e i racconti di chi quelle vicende le sentì sulla propria pelle: documenti originali, giornali dell’epoca, stemmi, volantini, fino ad arrivare alla perfetta ricostruzione (tramite i resoconti delle varie sezioni politiche) delle reali battaglie intraprese.

Battaglie susseguitesi nella piena estremizzazione della dialettica politica, intrise di violenza, di scenari cruenti e attentati terroristici che qui trovano la loro fine nella morte di Paolo Di Nella, ultimo dei tanti ragazzi di destra e di sinistra caduti in questa lotta armata civile.

Sicuramente un film commuovente, coinvolgente, per cui una lacrima cade anche al più cinico perché lontano dalla retorica e con un chiaro intento realistico. Ciò nonostante ci sono ruoli reali e ruoli realistici inventati al fine di legare le storie fra loro. Il ruolo più rappresentativo e foriero del significante è Giulia, interpretata proprio dalla Moriconi: “Giulia è una donna vedova convinta che la morte del marito non sia causa di un incidente (come le si vuol far credere) e si batte per vie legali e non alla ricerca di chi ha reso il figlioletto orfano. Questo personaggio l’ho scritto sulle mie corde, pensando alla mia rabbia per tutti quei morti ingiusti, rabbia che Giulia incarna perfettamente e dalla quale si libera nel momento in cui, scoprendo la verità, decide di far valere il valore della vita sopra ogni altro sentimento”.

L’insegnamento è chiaro e inciso a caratteri ben leggibili: i dolori di un’intera generazione e il sangue versato sia di monito affinché mai più ci sia “Sangue Sparso”.

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