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Saman Abbas. Il fratello rivela della riunione per stabilire come smembrare il corpo

Le parole del ragazzo nel corso dell’incidente probatorio: ecco la sorte che potrebbe aver subito il cadavere della giovane pakistana

Saman Abbas

Saman Abbas

Era il 1 maggio 2021. Sono passati circa quattro mesi dal giorno della scomparsa di Saman Abbas e di lei ancora nessuna traccia. E mano a mano che il tempo scorre, si fanno sempre più solide le convinzioni degli inquirenti, dei carabinieri e della procura di Reggio Emilia sul fatto che la ragazza sia stata uccisa, probabilmente dalla famiglia, a causa del rifiuto di un matrimonio combinato in Pakistan. A rafforzare tale ipotesi le testimonianze del fratello più piccolo della ragazza, il quale ha accusato – e tutt’oggi conferma le sue accuse – lo zio Danish. L’uomo in questione è latitante, insieme ad altri tre indagati: un altro cugino e i genitori della ragazza, tornati in Pakistan proprio il primo maggio. Il 21 maggio, invece, le forze dell’ordine hanno fermato in Francia un secondo cugino, Ikram Ijaz, attualmente in carcere.

La riunione: il cadavere smembrato

E le dichiarazioni emerse durante l’incidente probatorio, oltre ad essere sconcertanti, descrivono a pieno la crudezza e la brutalità con cui la famiglia della ragazza avrebbe commesso l’omicidio. Il pomeriggio del 30 aprile, ha rivelato il fratello, a casa della famiglia Abbas ci fu una riunione. Durante l’incontro si parlò di come far sparire il cadavere di Saman, smembrandolo. All’incontro erano presenti anche lo zio Danish Hasnain, considerato l’esecutore materiale del delitto, e un altro parente. Un partecipante, ha raccontato il fratello, ha dichiarato: “Io faccio piccoli pezzi e se volete porto anch’io a Guastalla. Buttiamo là, perché così non va bene”.

Il cugino di Saman

Il tribunale del Riesame di Bologna proposto dall’unico cugino in carcere è stato respinto. E le motivazioni, appena depositate, sono una ulteriore conferma al quadro accusatorio. Secondo il collegio, presidente relatore Andrea Santucci, è probabile che i due cugini abbiano partecipato con lo zio all’esecuzione materiale del delitto. Nonostante quanto dichiarato da Ijaz, ci sono prove sul fatto che anche lui abbia partecipato alla fase preparatoria e allo scavo di una fossa il 29 aprile. E la sua presenza alla riunione del 30 aprile per la realizzazione del piano è stata confermata dal fratello di Saman. Dunque Ijaz era ben conscio della sorte della giovane. Inoltre, argomentano i giudici, contro Ijaz c’è anche un altro elemento “di fortissima valenza indiziaria” e cioè “la subitanea fuga all’estero”, del 6 maggio.

Movente

Per il tribunale il movente del delitto affonda “in una temibile sinergia tra i precetti religiosi e i dettami della tradizione locali (che arrivano a vincolare i membri del clan ad una rozza, cieca e assolutamente acritica osservanza pure della direttiva del femminicidio)”. Fattore, insieme ad altri, “pacificamente emergente dall’obiettiva analisi della complessiva condotta, che fanno dell’autore o partecipe di un simile fatto delittuoso una persona di pericolosità estrema, alla fine capace di tutto”.

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