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Roma, recuperato patrimonio “Mostra Rivoluzione Fascista” rubato allo Stato

Il patrimonio della mostra Rivoluzione Fascista era nelle mani di un collezionista ignaro che gli oggetti provenissero da archivi di Stato

Patrimonio Mostra Rivoluzione Fascista

Patrimonio Mostra Rivoluzione Fascista

I militari del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale hanno rinvenuto e sequestrato gran parte dell’ingente patrimonio del Fondo ‘Mostra della Rivoluzione Fascista’.

Esso era già custodito presso l’Archivio Centrale dello Stato. Era costituito da gagliardetti militari, labari e bandiere delle Squadre d’azione fasciste e dei fasci di combattimento che hanno partecipato alla Marcia su Roma, il 28 ottobre 1922. Purtroppo era scomparso dai locali dell’Ente in circostanze ancora in corso di approfondimento.

Mostra Rivoluzione Fascista: l’inizio delle indagini…

Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Roma, sono state avviate dalla Sezione Antiquariato del Reparto Operativo, a seguito della denuncia presentata, lo scorso mese di giugno, dal direttore pro-tempore dell’Istituto. L’amara scoperta è avvenuta per caso, dovendo ricollocare alcuni esemplari fuori posto per motivi di approfondimento e studio. L’inventariazione dell’intera collezione (1065 esemplari), infatti, era stata ultimata nei primi mesi del 2018. Un elemento importante per le indagini, che ha permesso agli investigatori di indirizzare immediatamente le ricerche in direzione di un ristretto e specifico settore criminale. Si tratta, per l’appunto, di cimeli molto ambiti per particolari collezionisti, disposti a pagare migliaia di euro, anche per un solo esemplare.

L’ignaro collezionista

Ed in effetti, tutta la refurtiva è finita nella disponibilità di un collezionista della Capitale. Compresa un’uniforme di rappresentanza del corpo diplomatico, donata all’Archivio Centrale dello Stato, dagli eredi dell’ambasciatore d’Italia Sergio Fenoaltea.

L’ignaro amatore era convinto di aver recuperato parte di quei gagliardetti e bandiere che erano andati dispersi nel corso del turbolento biennio 1943-1944, dopo la caduta del regime fascista.

Le squadre d’azione fasciste, infatti, avevano tradizionalmente come proprio simbolo un gagliardetto di colore nero. Su di esso vi era ricamato un motto o il nome, ed uno stemma, solitamente un teschio, simbolo degli squadristi, o un fascio littorio. Il gagliardetto era affidato ad un portabandiera e la sua difesa era considerata prioritaria durante le azioni della squadra.

Il patrimonio storico ritrovato

Tra le bandiere e i gagliardetti rinvenuti, ve ne sono alcuni in tessuto di colore rosso. Si tratta delle bandiere appartenute ai movimenti operai, sottratte nel corso di alcune delle violente incursioni compiute in quegli anni sanguinosi da parte delle Camicie nere, contro le sedi di partito o di camere del lavoro.

Dalla lettura di alcune pubblicazioni storiche è emerso che la prima esposizione di tali cimeli avvenne, in carattere celebrativo propagandistico, nel 1932. E in occasione del decennale della Marcia su Roma, presso il Palazzo delle Esposizioni di via Nazionale a Roma.

Mostra Rivoluzione Fascista: da Valle Giulia a Salò

Nell’ottobre del 1934, il copioso materiale, venne trasportato presso la Galleria nazionale d’arte moderna a Valle Giulia. Esso occupava un’intera ala dell’edificio, per esservi custodito in attesa della costruzione, mai avvenuta, del palazzo che avrebbe ospitato il Centro Studi sul Fascismo.

Dopo l’esposizione in altri due eventi (uno nel 1937 e l’altro nel 1942, in occasione del ventennale della marcia su Roma), con la ricostituzione di un nuovo partito fascista (il Partito fascista repubblicano) e la creazione della Repubblica Sociale Italiana, dopo l’armistizio del settembre 1943, il fondo della Mostra, insieme ad altri archivi fascisti, gli addetti lo imballarono e trasportarono a Salò.

Nessuno aprì le casse del materiale. Le avevano collocate presso il Museo Lapidario di Salò, per l’intero periodo della loro permanenza al nord, dove furono rinvenute più tardi, il 27 maggio 1945. Per quanto riguarda il materiale rimasto nei locali di Valle Giulia, esso subì probabili manomissioni e asportazioni durante i drammatici mesi dell’occupazione nazi-fascista. Dispersioni cospicue erano inoltre già avvenute nei giorni successivi al 25 luglio 1943, giorno della caduta del regime.

Inoltre risulta che il 5 giugno 1944, all’indomani della Liberazione di Roma, alcuni esponenti del Partito d’Azione si erano recati nei locali della mostra, ed avevano prelevato vari oggetti.

Al termine del conflitto, una volta rientrato a Roma il materiale che era stato trasportato a Salò, tutta la documentazione ormai riunita, venne trasferita presso l’Archivio del Regno, in funzione di pura conservazione e studio.

Le indagini dei Carabinieri del Reparto Operativo del Tpc sono tuttora in corso. Esse puntano a chiarire tutti gli aspetti della vicenda, a partire dalle modalità di sparizione del materiale dai locali dell’Archivio Centrale dello Stato. 

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