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Roma, pochi taxi e sporchi: raddoppiare i turni non basta

Per risolvere la scarsa efficienza dei taxi di Roma e venire incontro a tassisti e clienti si pensa di fare doppi turni con guida ai parenti

Taxi

Per risolvere la scarsa efficienza del servizio dei taxi di Roma e venire incontro ai tassisti e ai clienti allo stesso tempo; Milano e Roma propongono di far lavorare di più le vetture, creando doppi turni e coinvolgendo i parenti dei tassisti. Le licenze sarebbero salve e il servizio si moltiplicherebbe.

Uno dei mali atavici della Roma moderna è costituito dal servizio pubblico offerto dai taxi. Sono pochi, sono inefficienti, sono sporchi, i tassisti sono maleducati, non si riesce a pagare con la carta di credito, sono corporativi e non consentono un ampliamento del servizio che venga incontro alle esigenze dei cittadini e dei turisti.

Ovviamente queste accuse non sono tutte vere, anzi molte sono proprio infondate, ma quella che i taxi sono pochi purtroppo è la pura verità. Le code dei clienti sono sempre più lungo all’aeroporto di Fiumicino e alla stazione Termini. Adesso però è uscita una proposta.

Il male di Roma è il taxi che non arriva mai

I taxi a Roma non si trovano. Ormai è voce di popolo. E anche gli autobus non passano! Le licenze per la conduzione dei taxi sono limitate e non si riesce a scardinare questa corporazione che si fa scudo del costo delle licenze per non liberalizzare l’accesso alla professione.

Se aumentassimo il numero dei taxi si risolverebbero molti problemi per i cittadini che ne fanno uso. A Roma le licenze sono 7.800 contro le circa 5.000 di Milano, che però ha la metà degli abitanti di Roma. Poi vengono Napoli 2.365, Torino con 1.501 e Genova con 868, Firenze con 724 e Bologna 706, che tutto sommato hanno molti taxi in rapporto a Palermo dove sono solo 319 con una popolazione doppia di quella di Bologna. I dati di queste città sono del 2018 ma la situazione non è cambiata molto in questi anni.

I governi hanno paura a inimicarsi i tassisti, sono tanti voti

La soluzione sarebbe semplice. C’è una forte domanda di taxi, aumentiamo i taxi. Dal 2009 una legge obbliga i governi a presentare una relazione sullo stato della concorrenza nei settori economici più importanti, ma da allora praticamente nessun governo italiano lo ha fatto.

Soprattutto, a parte quando Pier Luigi Bersani era Ministro dello Sviluppo Economico (2006-2008), nessun governo ha presentato leggi o proposte per aumentare la concorrenza.

Neanche Mario Draghi ha avuto il coraggio di mettere mano a questo spinosissimo tema. La questione non solo va a toccare gli interessi consolidati, in questo caso dei tassisti, ma anche perché nessun partito intende giocarsi la faccia sul fatto di aumentare la concorrenza nei settori commerciali, proprio per non inimicarsi quei lavoratori che hanno posizioni di privilegio consolidate.

È quello che succede per le concessioni balneari, per le licenze dei taxi ma anche per le società idroelettriche e la nomina dei primari nella sanità. Nulla si tocca e tutto resta come prima. Ci pensi qualcun altro. Intanto chi ci rimette è il cittadino.

Governare significa anche scontentare qualcuno

Governare seriamente significa anche andare contro i privilegi e fregarsene delle proteste se la liberalizzazione significa un miglior servizio a costi più bassi. Aprire alla concorrenza nei taxi farebbe aumentare il numero di licenze, e farebbe perdere valore a quelle che già esistono.

Ma la soluzione sarebbe abolire proprio le licenze e sostituirle con un esame di idoneità. Ovviamente questo andrebbe ad aprire spazi ancora più ampi per modelli di servizio pubblico come le auto a noleggio con conducente (Ncc) e gli Uber. Un modello vincente ed efficiente che funziona in tutto il mondo.

Rispetto al 2008 è molto cresciuto il turismo internazionale in Italia, soprattutto nelle città più grandi. Eppure non è aumentato il numero di licenze di taxi, e a dire il vero neanche le licenze Ncc. Anzi, ci sono stati dei leggeri cali. L’offerta di taxi nelle maggiori città italiane risulta minore di quella di altre importanti città europee ed extra-europee.

Sono 24 i taxi ogni 10mila abitanti a Roma e 37 a Milano, mentre a Barcellona 99 e a Londra 83

Le auto a noleggio con conducente (Ncc) sono poche sulla carta, quelle autorizzate sono appena 1.000 ma ne capitano migliaia da ogni comune d’Italia. Sono Ncc di Frosinone, di Rieti ma vengono a Roma a lavorare.  Questo fa infuriare i tassisti per concorrenza sleale perché il tassista di Latina o di Rieti su Ncc paga meno imposte e toglie lavoro ai taxi di Roma.

Al tassista subentra un parente e i turni si raddoppiano

La proposta l’ha formulata il Sindaco di Milano Giuseppe Sala e ha trovato l’appoggio dei tassisti. Siccome le licenze, e il numero dei taxi, sono un tabù perché per i tassisti sono il trattamento di fine rapporto e sono vendute tipo all’asta (sui siti sono quotate tra i 150.000 e i 200.000 euro), il sindaco di Milano s’è inventato il turno lungo.

Il taxi collegato a una licenza può circolare più del turno prestabilito con le doppie guide: all’autista titolare viene affiancato un parente sino al terzo grado (è servizio pubblico, ma anche familiare!). In questo modo non vengono aumentate le licenze e quindi vengono scongiurate le proteste.

Roma s’è accodata alla proposta di Milano. “Contiamo che si possa avere quasi un raddoppio delle corse aumentando il servizio in punti e orari critici, come di sera nei fine settimana alla stazione Termini. Ci sono luoghi e orari – ha dichiarato i sindaco di Roma Gualtieriin cui la disponibilità è molto efficiente e altri in cui ci sono criticità. Se arrivassimo al tasso di adesione del 12 per cento, sarà come avere mille nuove licenze a Roma. Non si spalma sull’intero tempo e spazio del servizio, ma soltanto dove c’è necessità e in modo coerente con i picchi di domanda”.

Chi mi dice che un parente sarebbe all’altezza del compito?

La proposta è interessante ma suscita alcune perplessità. Una delle motivazioni per cui i tassisti si sono sempre opposti all’abolizione delle licenze è il fatto che in una certa misura sono un documento, una barriera, che stabilisce la professionalità del tassista. Se chiunque potesse fare quel lavoro il cittadino sarebbe meno garantito. Una parte di verità questo ragionamento ce l’ha ma allora perché dovrei fidarmi, come cliente, del parente del tassista che guida al posto suo? Il fatto di essere parente non farebbe di lui, o di lei, un tassista a pieno titolo.

Una volta si chiedeva al tassista di conoscere le strade. Oggi con Google Map è superfluo. Ma ciò non toglie che guidare un’auto trasportando persone è comunque un servizio al cittadino che va fatto con una buona dose di responsabilità. Chi mi assicura che il parente sia adeguato al compito? Forse dovrebbe superare un esame, non lo so. La questione resta aperta. Una seconda perplessità mi viene dalla considerazione che non è detto che ogni tassista abbia a chi affidare la vettura nella sua sostituzione. Sarebbero due turni da 7 ore ciascuno e in poche parole, se fosse una moglie, significherebbe non vedersi per 14 ore su 24 ogni giorno. Credo che nessun matrimonio resisterebbe a questa prova.

Mettiamo che il sostituto non sia la moglie o il marito ma un fratello, uno zio, un genitore. Anche qui mi viene da riflettere. Nel caso di zio e padre parliamo di un pensionato. Possiamo far lavorare 7 ore al giorno un pensionato? Il tassista non è un lavoro non usurante, al contrario.

Se fosse un fratello o una sorella dovrebbe essere disoccupato. Altrimenti sarebbe impossibile assumersi quest’impegno. La titolarità del servizio resterebbe al tassista ma come funzionerebbe la divisione del compenso? Diventa un’impresa familiare? Come un artigiano?  Insomma la proposta è interessante ma mi sembra più adatta a tacitare i tassisti che a risolvere il problema, con la possibilità seria di crearne altri.

La qualità del servizio lascia ancora molto a desiderare

Oltre alla questione concorrenza ve ne sono altre che riguardano la qualità del servizio. Adesso il parco auto a Roma si è modernizzato ma fino a pochi anni fa potevi capitare su un taxi sgangherato, fetido, scomodo. Dai dati più recenti risulta che a Roma più di metà delle autovetture sono relativamente giovani, avendo 4 anni o meno. Fino a poco tempo fa le auto lasciavano molto a desiderare. In questo caso è nei comuni più piccoli, quelli sotto i 30 mila abitanti, che vi sono le statistiche più virtuose, dato che i veicoli più nuovi sono oltre il 60%.

In Europa e nel mondo se vuoi pagare il taxi con la carta di credito lo puoi fare. Finanche un caffè puoi pagare con la carta. Ma prova a pagare un taxi a Roma col Bancomat!

Sarebbe obbligatorio ma vieni a scoprire che il Pos non funziona, non c’è in quel frangente, é a riparare. Così si paga in contante e si arrotonda in alto.

Poi c’è la scarsa educazione. Quella dipende dal conducente e c’è poco da fare. Bisognerebbe mettere un gradimento come fa Uber per le sue corse, su ogni tassista, che potrebbe comportare multe o perdita di punti sulla licenza, fino al possibile blocco. Come già succede per la patente di guida.

Il tassista svolge un servizio o ospita una persona sulla sua vettura?

Nei taxi non si dovrebbe fumare ma se fuma l’autista allora si è costretti a viaggiare in un abitacolo che sa di fumo. A volte manca la consapevolezza che il taxi è un servizio pubblico, non un favore che si fa a una persona accompagnandola con la propria auto, dove il padrone fa come gli pare. Ci sono delle regole e l’autista, padrone o meno, le deve rispettare.

Dal punto di vista dell’inquinamento sono pochi i tassisti che usano l’auto ibrida, per risparmiare nelle corse in città. Ma se il taxi paga poco di corrente elettrica, non si dovrebbe anche esigere meno sulla tariffa del consumatore? Sarebbe un incentivo per il cliente a cercare il taxi elettrico e a favorirne la diffusione.

Secondo i dati dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti, poi c’è la tendenza ad una maggiore densità del numero di taxi nei centri più popolosi e in quelli più piccoli. Sono 40 mezzi ibridi in media ogni 100mila persone nei comuni con più di 100mila abitanti e 42 in quelli con meno di 30mila, mentre scendono a 27, sempre ogni 100mila persone, in quelli intermedi.

Decisamente più netta è la differenza tra centri grandi e piccoli nell’ambito della tipologia di carburante usato dai tassisti. Solo nei comuni più popolosi ha preso piede la tecnologia ibrida e, in qualche caso, anche quella elettrica.

Nelle città più piccole i veicoli che adottano queste nuove forme di alimentazione sono solo 92, contro i 1.525 che vanno con benzina o diesel, o che al limite sono bi-fuel mentre a Milano, Roma, Napoli, Torino, Firenze, ecc.. sono ibride o elettriche ben 6.363 auto. Ancora una minoranza rispetto alle 15.225 con il motore a scoppio.

A Olbia si applicano le tariffe più care

A Roma i taxi applicano una tariffa base diurna di 3 €, che sale a 4,50 € la domenica e nei giorni festivi, mentre la tariffa base notturna è di 6,50 €. La tariffa per i tragitti in centro città è la Tariffa 1 ed è di 1,10 € a Km.

Una delle particolarità del settore è il costo dei taxi che è mediamente più elevato rispetto a molti altri Paesi occidentali, dove, almeno nelle grandi città, ci sono più licenze, quindi più concorrenza. E dove più spesso sono presenti anche servizi alternativi come Uber. Secondo l’Autorità di Regolazione dei Traporti è a Olbia che una corsa in taxi costa di più. Nella città sarda percorrere 5 km in un giorno feriale di giorno costa 24,5 euro e si arriva a 39 euro per 10 chilometri percorsi.

Olbia è nei pressi di una delle aree di maggior pregio d’Italia, la Costa Smeralda, e si potrebbe pensare che sia questa la causa di un costo dei taxi più elevato. Eppure nella classifica dei comuni con tariffe più costose non sembra esserci una chiara chiave di lettura economica.

Ad Agrigento e Andria le tariffe meno esose

Al secondo posto dopo Olbia c’è Sorrento, altra località molto turistica, dove una corsa si paga 22 euro se breve e 40 se lunga, ma poi c’è Agrigento, forse tra le città più povere del Paese. Qui il prezzo è rispettivamente di 20,4 e 28,9 euro.

Poi Lecco, Riccione, Merano, dove il costo dei taxi per una corsa di 5km oscilla tra i 18 e i 20 euro. Tra i comuni più grandi quelli in cui i prezzi sono più alti sono Trento, Ferrara e Siracusa, con tariffe tra i 16 e i 18 euro. A Roma una corsa breve si paga mediamente 14,25 euro, a Milano 11,29.

La città dove il costo dei taxi è più basso è Andria, con solo 5 euro, e poi Vibo Valentia, Viterbo, Oristano, Udine, tutte sotto gli 8 euro.

Appare chiaro come non essendo quello delle licenze dei taxi un settore regolato dal mercato, bensì da accordi di cartello, anche i prezzi non rispondano a criteri di scarsità e/o di concorrenza.  Mentre ad Andria l’unico taxi che ufficialmente è autorizzato a circolare non approfitta del monopolio e applica i prezzi più bassi d’Italia.

Con tutta probabilità non sarà per la maggiore competizione nella concessione delle licenze che farà calare il costo di una corsa in taxi. Ne, probabilmente, vedremo diminuire i prezzi delle tariffe se aumenteranno il numero delle corse coinvolgendo i parenti, come propongono a Roma e a Milano. Forse sono proprio le licenze il nodo da abbattere e riconoscere, a chi le ha pagate, però un corrispettivo economico che non li danneggi ulteriormente.