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Roma, morte al supermercato ripresa dal telefono. Il peso di uno sguardo

Filmare col telefono la morte al supermercato diviene brutale offesa, pur di soddisfare l’impulso del protagonismo, di quel “io c’ero”

Morte al supermercato

Carabinieri in un supermercato

E’ una normalissima mattina di fine estate quando all’improvviso un uomo di 73 anni intento a fare la spesa presso il supermercato del centro commerciale Euroma2 si accascia a terra fra gli scaffali del reparto alimentare. I soccorsi subito chiamati, purtroppo non possono che constatare il decesso dell’uomo. Malgrado il tentativo di rianimarlo anche grazie all’utilizzo di un defibrillatore.

Il peso di uno sguardo nella morte al supermercato

Letta così la notizia può nel suo dramma essere protocollata fra le tante notizie di cronaca di un qualsiasi quotidiano. Ma in questo caso al dramma di una famiglia che si consuma nel reparto di un supermercato, si somma quello di un’intera società. Che ancora una volta è obbligata ad interrogarsi sui comportamenti, che spesso coloro che la compongono, assumono. E’ nell’intervista rilasciata al Messaggero dal direttore del punto vendita che la notizia assume tutto un altro senso. Perché a tradire la commozione sull’accaduto è il racconto scioccante dei momenti vissuti subito dopo l’incidente. Lo stesso direttore ha dovuto ordinare la chiusura del supermercato per far sì che la folla di curiosi con lo smartphone pronto allo scatto, si allontanasse permettendo così il passaggio dei soccorritori.

“E’ stato davvero raccapricciante vedere quella folla di curiosi ammassati a  scattare foto dell’uomo a terra”. Queste le sue parole, “e anche per questo e per rispetto di quel povero uomo ho ordinato la chiusura del supermercato”.

Lo sguardo non resta passivo

E’ in questa parte del racconto che la notizia perde la natura di fatto di cronaca e ci obbliga a considerarla inevitabilmente come argomento socio-politico. Si, un fatto socio-politico, perché dietro ad un comportamento del genere vi sono tutti i fallimenti e la degenerazione di una società che naufraga a motore spento. Il peso di uno sguardo, di un solo, a volte sfuggevole sguardo, è qualcosa di troppo importante da non poter essere più considerato tale. E’ qualcosa più della semplice curiosità che ci spinge a rallentare per vedere nella corsia opposta cosa è accaduto quando viaggiamo in autostrada e vediamo i lampeggianti fermi sull’altro lato.

Uno sguardo è da sempre qualcosa in più del curiosare davanti alla scena di due amanti, o fra due amici che si parlano guardandosi negli occhi. Lo sguardo è percezione di qualcosa ma è anche restituzione di qualcosa. Il peso di uno sguardo che si fa corpo come dice il protagonista dell’ultimo capolavoro di Sandro Veronesi, il Colibrì, è quello sguardo che non ha una direzione sola, non resta passivo e inafferrabile. Uno sguardo non vive mai di sola forma passiva, assume sempre una doppia direzione.

Morte al supermercato ripresa dallo smrtphone

Ecco allora che gli occhi di vetro nel retro di quegli smartphone intenti a fotografare quel corpo adagiato, fanno perdere tutta la valenza in cambio delle tante passive direzioni che assumeranno le immagini condivise. Divengono i moltiplicatori del bisogno di osservare senza avere responsabilità alcuna nei confronti di colui che viene osservato. Divengono brutale offesa. Deprezzano il valore di ogni cosa, pur di soddisfare l’impulso del protagonismo, di quel “io c’ero!” che diviene unica fonte di momentaneo riconoscimento. L’evento acquista più valore del rispetto per quel povero essere umano. L’evento diventa protagonista, l’uomo a terra, la vittima, solo una parte della scenografia.

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