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Roma, la Raggi mette in ginocchio anche il settore auto

Le Diesel Euro 6 considerate di punto in bianco vetture inquinanti, crollo immediato delle vendite. A rischio i posti di lavoro di migliaia di famiglie

La fantasia al potere non è sempre un bene. La fantasia ideologizzata, invece, è sicuramente deleteria. Lo sanno bene i cittadini della Capitale, ormai da anni alle prese con amministratori, diciamo, estemporanei, che a colpi di fanatiche assurdità continuano a fare strame della Città Eterna come forse solo i barbari dei tempi antichi. Se, per esempio, Ignazio Marino si era guadagnato l’epiteto di “sindaco marziano”, l’attuale primo cittadino Virginia Raggi ben meriterebbe, mantenendo l’analogia alla John Gray, l’etichetta di venusiana.

Dopo l’ignobile balletto con la Regione Lazio sulla crisi dei rifiuti, su cui sono stati già versati fiumi d’inchiostro, dal Campidoglio è infatti arrivata l’ultima, lungimirante decisione: considerare di punto in bianco le nuovissime diesel Euro 6 come vetture inquinanti – e questo malgrado la comunità scientifica sia abbastanza concorde nel ritenere che le auto a gasolio siano le migliori dal punto di vista dell’impatto ambientale.

Un provvedimento folle, che va a colpire anzitutto i guidatori romani, considerato che l’investimento per una macchina è spesso il più importante dopo quello per l’abitazione. E che, oltretutto, sta già ottenendo di mettere in ginocchio quello che è uno dei settori più importanti dell’economia di Roma, con decine di aziende che fatturano centinaia di milioni l’una e danno lavoro a migliaia di famiglie capitoline: le une e le altre, ora, a fortissimo rischio sopravvivenza.

Gli indici di vendita, infatti, sono immediatamente crollati – a differenza di quelli delle sostanze inquinanti nell’aria che sono addirittura aumentate nei giorni del blocco del traffico. E, non a caso, concessionari, venditori e petrolieri sono sul piede di guerra.

Peraltro, questa vicenda ricalca, mutatis mutandis, quella dello Stadio della Roma, per cui c’era una delibera già approvata dalla giunta precedente che Virgy ha smantellato da un giorno all’altro: che è un po’ come aver ottenuto l’autorizzazione a fare dei lavori in casa propria, e vedersela ritirata di colpo da un nuovo burocrate con idee del tutto diverse da quelle del predecessore che aveva dato il placet.

Solo per dire che non c’è più nemmeno da sorprendersi, visto il tasso di recidiva di Palazzo Senatorio. È l’incompetenza, bellezza.

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