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Roma, incendio all’Ospedale San Pietro Fatebenefratelli. Urgono risposte

Il rogo è ormai spento e non ci sono state vittime. L’accaduto, però, non si deve archiviare come una mera fatalità

Un corto circuito. Le prime ricostruzioni lo danno per certo ed escludono, quindi, una possibile origine dolosa. Il fatto che la Procura di Roma abbia aperto un fascicolo di indagine, procedendo contro ignoti per il reato di incendio, si ridurrebbe perciò al classico “atto dovuto”.

Anche ammettendo che non si tratti di un attentato, lascia però sconcertati che un incidente di questa natura abbia portato a conseguenze così rilevanti: lo sgombero dell’intera struttura (con danni in attesa di inventario) e il trasferimento in altri nosocomi di tutti i 400 degenti, tra cui una ventina di pazienti in gravi condizioni e una dozzina di neonati.

L’assessore regionale alla Sanità, Alessio D’Amato, non ci trova nulla di strano e anzi spende parole di apprezzamento per il personale, che «è stato rapido ed efficiente nella reazione». Ma le domande rimangono: il rischio di un corto circuito è messo in conto dalle procedure esistenti? Esistono delle contromisure che possano limitarne gli effetti? O bisogna accettare l’idea che di fronte a un malfunzionamento di questo tipo non ci sia nulla da fare, a parte chiamare i pompieri e sperare che le fiamme non raggiungano i malati?

Domande che, ovviamente, non riguardano il solo ospedale San Pietro Fatebenefratelli.

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