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Roma, il prossimo 28 maggio indetto uno sciopero dei tassisti: cosa sta accadendo

Rilanciare il “Chiama Taxi” e avere più tutela nel mercato dominato da piattaforme e NCC: le richieste del settore

Traffico, taxi

Mercoledì 28 maggio 2025, le strade di Roma non saranno attraversate dai tassisti, che saranno in sciopero. Una protesta di 24 ore proclamata dal sindacato USB che, ancora una volta, porta alla ribalta una frattura profonda tra i lavoratori del trasporto pubblico non di linea e le istituzioni cittadine. Stavolta, però, l’elemento di rottura è una frase dell’assessore alla Mobilità Eugenio Patanè: “abusivismo relativo”. Due parole, lette come un’ammissione di resa, che hanno acceso la miccia.

Sciopero tassisti, i motivi della protesta

Secondo i tassisti, si tratta della conferma che il Comune ha rinunciato a regolare un mercato sempre più squilibrato, dove la concorrenza sleale di noleggi con conducente (NCC) e piattaforme come Uber ha eroso diritti, certezze e – non ultimo – il senso stesso del servizio pubblico.

Chi guarda alla protesta con fastidio – spesso dall’ottica dell’utente che non trova un taxi o ne critica le tariffe – fatica a cogliere il punto essenziale di questa mobilitazione. I tassisti non scioperano solo per difendere una corporazione, ma per denunciare l’erosione progressiva di un patto di fiducia con le istituzioni e con i cittadini. E lo fanno in un momento cruciale, a ridosso dell’estate e in un anno segnato dal Giubileo, quando Roma deve mostrarsi efficiente, ordinata e accogliente.

La categoria lamenta non solo la concorrenza dei servizi NCC, spesso accusati di aggirare le regole sul rientro in rimessa o sugli spostamenti fuori comune, ma anche un quadro di controlli giudicato del tutto inadeguato. I numeri parlano da soli: mentre i taxi devono sottostare a rigide regolamentazioni, gli NCC – spesso appoggiati da grandi piattaforme – operano con margini di manovra assai più ampi, talvolta in un regime che i tassisti definiscono senza mezzi termini “fuori legge”.

La proposta: rilanciare il “Chiama Taxi”

Il sindacato USB, che guida la protesta, ha formulato richieste precise. La prima è l’applicazione piena degli articoli 29 e 31 del regolamento taxi, che disciplinano rispettivamente le modalità di rilascio delle licenze e le norme di comportamento degli operatori. Norme già esistenti, ma che secondo il sindacato vengono troppo spesso ignorate o disapplicate.

Poi ci sono le richieste di maggiori controlli: accessi in ZTL verificati incrociando dati tra autorizzazioni comunali e movimenti reali, sanzioni effettive per chi viola le regole. E infine, un punto che guarda alla comunicazione: rilanciare il numero Chiama Taxi 060609, una piattaforma utile e pubblica, che però negli anni ha perso visibilità soffocata dal marketing aggressivo delle app private.

Il cuore della protesta, però, risiede principalmente nella crescente presenza di piattaforme digitali che offrono servizi di trasporto privato in una zona grigia normativa. Uber, ma non solo. Oggi esistono decine di applicazioni, spesso nate all’estero e poi diffuse in Italia, che mettono in contatto autisti NCC e utenti con una facilità d’uso che i taxi tradizionali faticano a eguagliare.

Sciopero tassisti, la rottura con Patanè

Il problema non è tanto la concorrenza in sé – che molti tassisti accettano come naturale – quanto la disparità delle condizioni in cui si gioca la partita. Da un lato chi opera sotto il rigido controllo di licenze, tariffe, turni e dispositivi fiscali; dall’altro un modello che punta tutto sull’elasticità, ma che spesso sfugge alle maglie normative italiane.

La reazione del Campidoglio, finora, è apparsa debole. L’assessore Patanè ha parlato di “abusivismo relativo”, ma le parole sono sembrate ai lavoratori più una presa di distanza che un’assunzione di responsabilità. Per i tassisti, è il segnale che la politica cittadina ha deciso di non esporsi, di non entrare in conflitto con le multinazionali del trasporto privato, lasciando il settore taxi in una lenta agonia.