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Roma. Il caso di Maddalena Urbani, morta a 20 anni: accusato di omicidio l’uomo che la ospitò

La triste vicenda di una giovane di Perugia, che trova la morte nella Capitale

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Polizia Scientifica

Il 27 marzo 2021, a Roma, su segnalazione del 118, veniva trovata in abitazione una ragazza deceduta, poi identificata per Maddalena Urbani, di anni 20, la cui morte era riconducibile, probabilmente, a un abuso di oppiacei.

Maddalena era figlia del medico infettivologo Carlo Urbani, il primo che riuscì a isolare e identificare sul campo il virus della SARS e morto purtroppo per aver contratto la malattia.

L’appartamento, che si presentava in condizioni fatiscenti e con la presenza di numerosi blister di psicofarmaci, era occupato dal cittadino siriano di anni 64, che si trovava al regime degli arresti domiciliari per spaccio di sostanze stupefacenti.

Immediatamente, dopo il primo intervento della Sezione Volanti, gli agenti della Squadra mobile hanno effettuato un accurato sopralluogo all’interno dell’appartamento in zona Cassia. Durante l’ispezione, effettuata anche con personale di Polizia Scientifica, sono state rinvenute e sequestrate alcune dosi di sostanza stupefacente del tipo eroina, metadone e un mix di psicofarmaci. Il siriano, nonostante la misura restrittiva, continuava il suo spaccio di droga.

Gli investigatori procedevano, allora, all’arresto dell’uomo, poi associato presso la Casa Circondariale ‘Regina Coeli’. Il telefono della deceduta veniva sottoposto a sequestro in quanto, all’interno dello stesso, erano presenti delle chat con ‘Zio Cassi’, risultato poi essere il siriano tratto in arresto, che attestavano una diretta e pregressa conoscenza fra i due.

Appartamento frequentato da numerose persone

Una volta completato il sopralluogo da parte del personale di Polizia Scientifica, l’appartamento in uso al siriano veniva sottoposto a sequestro al fine di non alterare i luoghi per eventuali e successive attività da svolgere al suo interno, non potendosi escludere che la Urbani fosse stata vittima di violenza sessuale, anche se gli accertamenti successivi effettuati dal medico legale operante in qualità di perito escludevano tale ipotesi.

Nella ricostruzione dei fatti, necessaria per determinare la causa di morte e le circostanze in cui la stessa era avvenuta, si accertava, attraverso le testimonianze dei vicini di casa dello straniero, che da diversi mesi l’appartamento in suo uso era frequentato da numerose persone.

Un’attenta perquisizione locale, eseguita nel pomeriggio del 2 aprile 2021, permetteva di rinvenire e sequestrare, tra l’altro, un’agenda con sopra scritto il nominativo “Malia Urbani via Calderini 17 Perugia”, ulteriore conferma che la giovane era una conoscenza intima dell’uomo, e numerosi frammenti di cellophane utilizzato per confezionare dosi di sostanza stupefacente.

L’unica testimone, amica della vittima

Le indagini partivano necessariamente concentrandosi sull’unica testimone, di origini straniere ma nata in Italia, che aveva chiamato il 118. La ragazza, in un primo momento, riferiva di aver conosciuto da circa un mese la Urbani a Perugia, in un locale ove quest’ultima lavorava. Tra le due era iniziata un’amicizia e il 26 marzo 2021 erano venute a Roma.

Erano arrivate nella Capitale in treno e poco prima di giungere alla stazione di Roma Termini, la ragazza riferiva di aver udito Maddalena chiamare uno ‘zio’ che le forniva indicazioni per arrivare in zona San Giovanni, luogo nel quale la giovane, dopo aver incontrato un ragazzo, probabilmente acquistava della sostanza stupefacente.

Nello stesso pomeriggio Maddalena si era sentita male a causa del troppo alcool ingerito, ma una volta giunta nell’abitazione dell’amico si era leggermente ripresa. Aveva dormito tutta la notte e l’amica si era assicurata che stesse bene. Dopo essere rientrata dalla spesa all’ora di pranzo del 27 marzo, aveva però notato che la Urbani non respirava più e solo in quell’occasione si era decisa a chiamare i soccorsi.

L’analisi dei tabulati delle utenze in uso al siriano e le dichiarazioni dallo stesso rese al P.M., titolare del procedimento, consentivano di individuare due persone, un romeno e un italiano, conoscenti del siriano, chiamate nella notte tra il 26 e 27 marzo per soccorrere la Urbani.

L’amico “medico” dell’imputato

In una successiva verbalizzazione l’amica testimone aveva riferito della presenza di un uomo, un amico medico del siriano, che si era allontanato dalla casa intorno alle 13 del 27 marzo, dopo aver fatto una puntura di adrenalina alla Urbani. La testimone ha precisato che tale uomo aveva suggerito di riferire ai soccorritori che si trattava di una overdose da oppiacei.

Attraverso le dichiarazioni dell’altro soggetto intervenuto, di nazionalità romena, rintracciato dalla Squadra mobile, che trovavano conferma nell’analisi del tabulato telefonico dell’utenza del siriano, si appurava che lo stesso era stato chiamato nella tarda serata in quanto Maddalena si era sentita male in quell’occasione aveva praticato alla giovane un massaggio cardiaco suggerendo di chiamare i soccorsi qualora la ragazza fosse peggiorata; dopo essersi sincerato di una sua ripresa, si allontanava.

L’amico medico veniva individuato, anche in questo caso, attraverso l’esame dei tabulati telefonici. Si tratta di un italiano, appellato come “medico” solo perché aveva sostenuto alcuni esami di medicina e aveva un passato da tossicodipendente, grazie al quale riteneva di essere in grado di intervenire in caso di overdose. Questi, verbalizzato dagli agenti della Squadra mobile, ammetteva di aver effettuato un’iniezione di naloxone, giudicata però ininfluente dal medico legale nelle cause di decesso.

Ordinanza cautelare in carcere per omicidio

A seguito di tale ricostruzione, su richiesta del Sostituto Procuratore Paolo Pollidori e del Procuratore Aggiunto Nunzia D’Elia, il locale Gip emetteva a carico del siriano un’ordinanza cautelare in carcere per omicidio. Il Gip ravvisava in particolare il dolo eventuale da parte dello straniero, consistente nell’aver accettato di non chiamare direttamente i soccorsi, facendo intervenire delle persone non qualificate che avevano cercato, senza alcun esito, di salvare la Urbani dal mix di droghe e psicofarmaci ingeriti.

L’amica di Maddalena

Per quanto riguarda la posizione dell’amica di Maddalena Urbani, il Gip ha ravvisato un atteggiamento meramente passivo da parte della ragazza che però non risulta aver assunto un’autonoma posizione di garanzia. L’ordinanza è stata eseguita stamattina (10 luglio, ndr) dalla Squadra Mobile che ha notificato il provvedimento presso la casa circondariale “Regina Coeli”, dove il soggetto risulta ancora detenuto dal 27 marzo scorso quando era stato arrestato per lo spaccio di eroina. (Com/Mgn/ Dire) 

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