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Roma Film Fest, 15ª edizione promossa: molto di buono, poco di brutto, nulla di cattivo

Roma Film Fest: bilancio positivo per la 15ma edizione, buona anche l’organizzazione conciliata con le norme anti-contagio

Roma Film Fest

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Roma Film Fest: promossa la 15ª edizione

Ancora caldi degli ultimi fotogrammi della Festa, buttiamo giù qualche nota a margine. Per confrontarci con chi c’era, per dirne qualcosa in più a chi non c’era.

Roma Film Fest 2020, un bilancio positivo

Il bilancio qualitativo sull’edizione appena conclusa è positivo, buono il livello medio delle proposte. Nessuna punta, è vero, nessuna scoperta o rivelazione, come quasi sempre in passato è capitato. Ma, attenti, lo pagavamo con una generosa dose di purghe: film che con un eufemismo potremmo dire indigesti, spettacoli che talvolta abbiamo dovuto ingollare fino all’ultimo sorso per gentilezza verso gli autori e gli interpreti presenti in sala. Facevamo un’eccezione in quei casi che definiremmo offensivi, in cui venivamo sottoposti con protervia autoriale a scherzi di cattivo gusto: in quei casi abbandonavamo la poltrona senza riguardo, rincuorati da un buon seguito di persone; e ci tocca dirvi che qualcuno di quei titoli fu poi coronato dall’alloro di premi finali.

Era soprattutto il tempo del Festival (ora non a caso è “Festa”), c’era ogni anno una Giuria internazionale nominata, fatta di augusti personaggi del cinema. E l’effetto (non solo a Roma) finiva per essere quello. Oggi la competizione della Selezione Ufficiale è circoscritta al voto del pubblico, più moderato, più medio; ha influenzato – in meglio – l’ottica della scelta iniziale dei film: si privilegia la varietà, la potabilità, diciamo pure il divertimento (in senso lato, anglosassone). Meno “arte”, ma meglio così.

A questa edizione ha giovato anche l’eredità di Cannes: come sapete quel festival in primavera si è dovuto cancellare; dopo un iniziale atteggiamento di “muoia Sansone con tutti i filistei”, il vertice di lì si è piegato a consentire che vari titoli, contrattualmente legati alla Croisette in esclusiva, migrassero, pur mantenendo il logo di Cannes, verso altre manifestazioni, Venezia esclusa. Roma ci è andata bene: ci ha guadagnato Soul, Eté 85 (che a Roma domenica ha vinto!), True Mothers purtroppo, Druk.

Buono anche il bottino di Alice nella Città: interessante e diverso il film vincitore, Kajillionaire; e tante buone proposte: Gagarine (ottimo), Ibrahim, Sul più bello

Colpisce – non è sessismo – una proliferazione senza precedenti delle tematiche LGBT(QIA): Eté 85 e Kajillionaire, vincitori delle due sezioni principali; Supernova, Ammonite, Las mejores familias, After love, Maledetta primavera, per citarne alcuni. Ma lasciamo ad altri il dibattito sui perché del fenomeno.

Plausi anche alle capacità organizzative durante la pandemia

Buona l’organizzazione. Sulle prime ci preoccupavamo in tanti, le precauzioni della pandemia – già tanto che la manifestazione non sia stata cancellata – potevano mandare in tilt il meccanismo. Il sistema delle prenotazioni online volta per volta, indispensabili per essere ammessi in sala, l’iniziale blindatura delle proiezioni per la stampa, i percorsi obbligati, potevano disincentivare. Considerate che ogni proiezione poteva essere prenotata non prima di 48 ore dal suo svolgimento; questo vuol dire stare col pulsante in mano, tipo quiz tv, allo scoccare dell’ora fatidica, e avrebbe potuto lasciare sul campo, per insufficienza di posti, molti delusi o arrabbiati. Per non contare che circa ogni 2 ore – qualunque cosa tu stessi facendo o film tu stessi seguendo – dovevi trovarti la copertura di campo per effettuare la tua prenotazione dal cellulare.

E invece si è rivelata la bella sorpresa di questa edizione: fattaci rapidamente l’abitudine, e data la buona copertura di campo ovunque, abbiamo benedetto la fine di quelle lunghe code fatte senza certezza di essere ammessi.

La maggiore distribuzione delle sale fuori dal perimetro dell’Auditorium non solo non ha creato problemi se non un po’ di parcheggio, ma ha anche diluito quel sapore vagamente concentrazionario che sentivamo dopo lunghe giornate stanziali.

L’ansia iniziale per l’esposizione ripetuta ad eventi collettivi si è rapidamente attenuata di fronte alle misure davvero a maglie strette predisposte dall’organizzazione e fatte rispettare con gentilezza ma fermezza dal giovane personale della Festa. Misure che però non hanno inciso granché sulla godibilità della visione.

E a proposito di personale, lode alla professionalità dimostrata dai giovani coinvolti nella gestione, attenti al rispetto dei protocolli, professionali nell’utilizzo di dispositivi e metodi del tutto inusuali, sempre gentili e amichevoli, mai tentati da deliri di autoritarismo.

Roma Film Fest, la mancata socialità

Cosa ci è mancato? La socialità. Incontrarsi tra una visione e l’altra, scambiarsi giudizi a caldo, condividere un break al bar, dirottarsi a un diverso spettacolo sulla scia di una dritta, o cenare con amici vecchi e nuovi a fine giornata, fanno tutt’uno con una rassegna di film. Ne abbiamo risentito, ma nessuno ne ha colpa.

Come si conviene quando si parla di film, chiudiamo con i trivia.

Il fil rouge dell’edizione 2020 era la fantascienza: non solo spezzoni di film famosi introducevano le proiezioni (purtroppo anche il più bello di loro, riciclato più e più volte, dopo qualche giorno si trasformava fatalmente in tormentone), ma la parte del leone la faceva l’annuale trailer predisposto dalla Festa, anche questo in tema: da una navicella spaziale un astronauta fluttua lentamente verso la Terra, poi l’Italia, poi Roma avvolta nell’alone delle sue luci brillanti. Atterra, come se allunasse, in un deserto di polvere bianca al centro della città, su cui imprime, tipo-Armstrong, la forma della sua suola. E’ già bizzarro, ma vuole strafare: appare lo slogan “Il Futuro è a Roma”; e non è finita, dopo qualche attimo la parola Roma comincia a sfarfallare. Il pubblico ride, alcune battute sono in pochi giorni diventate virali. Questi creativi…

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