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Roma, emergenza rifiuti: ok da Tmb di Aprilia. Ma sono soluzioni-tampone

Accordi parziali e a termine. Che possono forse bastare a evitare il disastro incombente: non certo a risolvere il problema

In qualche modo. O se preferite: in qualsiasi modo.

La risposta del Campidoglio al venir meno del Tmb Salario, dopo l’incendio di martedì 11 dicembre, si riassume in una frase di questo tipo. Della serie: non importa come ne usciamo, purché ne usciamo.

Gli effetti pratici oscillano tra le intese già raggiunte e le richieste ancora in itinere. L’obiettivo finale è di quelli che fanno tremare le vene ai polsi: smistare le 800 tonnellate (quotidiane!) che finora venivano assorbite dall’impianto andato in fiamme e farlo nel più breve tempo possibile. Un problema che in realtà è sdoppiato, ma che non per questo è di più facile soluzione. Per un verso bisogna trovare dei luoghi di ‘trasferenza’, ovvero degli spazi in cui accumulare l’immondizia in attesa di smaltimento. Per l’altro, vanno appunto reperiti gli inceneritori o i termovalorizzatori che provvedano all’eliminazione definitiva.

Per il primo aspetto, quello della ‘trasferenza’, un sito a disposizione c’è già. Ed è in località Ponte Malnome, nei pressi della famigerata discarica di Malagrotta. Il doppio vantaggio è che lo spazio è nel territorio comunale ed è di proprietà di Ama. Il limite è che può accogliere un massimo di 300 tonnellate di rifiuti al giorno e per soli sei mesi.

Quanto al secondo aspetto, ieri si è fatto un importante passo avanti, grazie a quel supporto che il presidente Zingaretti aveva assicurato da subito, nelle ore immediatamente successive al rogo del Salario. Lazioambiente, la società della Regione Lazio che gestisce la discarica di Colleferro, ha infatti sottoscritto un accordo con Rida Ambiente, che è l’azienda proprietaria dell'impianto di Tmb di Aprilia.  In base a questo impegno, Roma Capitale potrà inviare a Rida Ambiente 300 tonnellate di rifiuti indifferenziati.

La soluzione, tuttavia, ha un limite temporale piuttosto ravvicinato, che è il 30 aprile 2019. Quattro mesi che oggi possono sembrare molti, nell’ansia di fronteggiare l’emergenza, ma che di sicuro passeranno di volata.

Emergenza rifiuti: il problema è anche politico

Mentre la corsa contro il tempo prosegue, gli appelli accorati alla collaborazione si intrecciano alle trattative convulse. Il Campidoglio ha ufficializzato la richiesta di aiuto alla Regione Abruzzo, con cui l’attuale accorso scadrà a fine mese e che nei giorni scorsi aveva sollecitato esplicitamente un’istanza formale che le desse modo di riaffermare il proprio potere di scelta. A indispettire era stata l’impressione che si considerasse l’assenso un atto dovuto, quando evidentemente non lo è. Il presidente vicario, Giovanni Lolli, lo aveva detto a chiare lettere: “Non ci sottraiamo alla solidarietà, siamo disponibili a discutere, ma soltanto con una richiesta ufficiale non da Ama, perché non si tratta di un fatto tecnico, ma dal Comune di Roma, perché la questione è politica”.

Già, la politica. Nel guazzabuglio complessivo non ci sono soltanto i problemi concreti: se da un lato scarseggiano gli spazi adatti a ricevere le enormi quantità di rifiuti che Roma deve affrettarsi a collocare altrove, dall’altro lato non è che le pubbliche amministrazioni guidate dagli altri partiti muoiano dalla voglia di dare una mano alla sindaca M5S che governa il Comune più importante d’Italia.

La tentazione di affossarla è fortissima. L’occasione, cinicamente parlando, è ideale: per Virginia Raggi è una battaglia che vale l’intera guerra. Se va allo sbando sui rifiuti, la sua credibilità è azzerata. Il commissariamento di Ama diventa il preludio dell’avvicendamento al Campidoglio.

La Capitale invasa dall’immondizia che si accumula di giorno in giorno, di ora in ora, di momento in momento, sarebbe un dramma – e un fallimento – impossibile da nascondere. E da negare.  

 

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