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Quintavalle: “Il 20 gennaio tutti insieme”

La lettera di Micaela Quintavalle

Pubblichiamo di seguito una lettera ricevuta da Micaela Quintavalle, autista e leader delle proteste targate Atac che stanno agitando le piazze romane a seguito della proposta di privatizzare l'azienda di trasporto pubblico.
Proteste che hanno riguardato anche Genova e che, di recente, hanno coinvolto altre città italiane, che si sono messe in contatto con la pasionaria romana.
Non solo. Micaela Quintavalle ha anche dato vita ad un nuovo sindacato, Cambia-Menti m410, che del vecchio sindacato ha solo il nome, in quanto si propone di essere una realtà realmente vicina a lavoratori e utenti e non un luogo dove poter realizzare le proprie ambizioni professionali, come la stessa Quintavalle ha denunciato, riferendosi all'inefficienza dell'attività dei sindacati maggiormente rappresentativi.

Ecco il testo della lettera.

"Carissime cittadine e carissimi cittadini di Roma,
mi chiamo Micaela Quintavalle
, la donna che i giornali definiscono la pasionaria dell'Atac e la leader di un movimento autoferrotranvieri nato a Roma. In realtà io sono solo un'autista che tenta di far valere i diritti della propria categoria.
Noi colleghi di Roma e alcune delegazioni d'Italia, lunedì 20 gennaio dalle ore 14 scenderemo in piazza per manifestare contro la privatizzazione del servizio pubblico. Voi cittadini avete già espresso il vostro dissenso in merito con un referendum nel 2011. La politica e il governo, però, che si mostrano completamente scollati rispetto a ciò che accade nel mondo reale, hanno ormai deciso che il binomio 'pubblico uguale inefficienza' sia ormai inscindibile, perdendo di vista la realtà incontrovertibile secondo la quale con la presenza di un privato in alcuni servizi che oggi sono pubblici, o parzialmente tali, verrebbe meno la ragione sociale, in quanto ogni privato che si rispetti deve produrre un utile.

In questi giorni sto girando con i miei compagni alcune città d'Italia, scoprendo una realtà in materia assolutamente sbalorditiva. Eppure non serve percorrere 1500 km in un giorno per rendersi contro di tale cosa. Il privato noi lo abbiamo anche qui a Roma. Si tratta di linee periferiche affidate ad aziende private come la Roma Tpl, Trotta e tante altre. Gli orari di lavoro sono massacranti. Io so bene che voi cittadini lavorate anche 15 ore al giorno. In tempi di crisi, se si vuole garantire una istruzione ai propri figli è necessario farne anche 2, di lavori, se non tre. Ma se l'errore di un impiegato stanco può portare ad un deficit di calcolo, l'errore di un autoferrotranviere metterebbe in pericolo di vita gli utenti che trasporta all'interno del proprio autobus o del proprio treno.
Per non parlare della manutenzione dei mezzi: è sotto gli occhi di tutti che tali vetture siano davvero fatiscenti e con una manutenzione terribilmente carente.

Siamo la Capitale d'Italia. Siamo una delle Nazioni più ricche del Pianeta. Il trasporto pubblico è gestito da una delle aziende più grandi d'Europa. Eppure, voi siete costretti ad aspettare i mezzi per ore in mezzo alla strada, senza luoghi sotto i quali ripararvi, al freddo d'inverno e al caldo d'estate. Pagate un abbonamento assolutamente inadeguato rispetto al servizio che ricevete.
A me viene da sorridere quando percepisco le parole di alcuni signori come Alemanno che in passato dicevano che 1,50 euro fosse un prezzo da turisti, perché con l'abbonamento annuale il cittadino non avrebbe subito rincari. Oppure, il dottor Saccà, che tronfio ci comunica dell'acquisto – per chissà quante migliaia di euro – di un'applicazione che avrebbe comunicato agli utenti i minuti di attesa alle fermate.
Forse all'ex sindaco bisognerebbe dire che sono davvero pochi i cittadini che possono permettersi per loro ed i propri figli abbonamenti annuali, così come bisognerebbe spiegare al dottor Saccà che l'utente sarebbe più felice di vedere l'autobus passare sotto la propria abitazione o il proprio ufficio ogni 10 minuti, piuttosto che essere informato del fatto che potrà fare uso del mezzo una volta ogni 50 minuti.

Ora, si potrebbero scrivere manuali enciclopedici sul perché le cose in Atac – che dopotutto è un universo polimorfo e variegato – non funzionino. Così come in Italia le cose siano statiche e non cambino.
Tutti parlano di discontinuità, ma poi continuano imperterriti nell'errore, non mettendo mai al primo posto né il cittadino né il lavoratore.

Noi stiamo cerando di denunciare tutto questo. Cittadini e lavoratori hanno già dato. E hanno dato molto. Qualcun altro, invece, ha preso. E ha preso molto.
Io credo che sia giunto il momento di interrompere questo gioco al massacro. Siamo cittadini e lavoratori onesti, che non chiedono altro che dignità. Che non chiedono altro che vivere, e non solo sopravvivere. Perché l'essere umano non può solo pensare alla soddisfazione dei propri bisogni, come il mangiare, il bere e il dormire. L'essere umano deve volgere lo sguardo verso le proprie esigenze, come leggere, studiare, dipingere un quadro, suonare uno strumento, fare l'amore con la propria donna o il proprio uomo.
Forse è utopia pensare ad una Nazione che ci permetta, con il pagamento delle tasse, di avere un servizio sanitario, di trasporto e di istruzione gratuiti per tutti. Ma sicuramente non è irrealizzabile il pensiero di vedere uniti insieme cittadini e lavoratori in piazza, senza bandiere né colori, per urlare alla Nazione il proprio dissenso.

Per anni l'Atac è stato il bancomat dei partiti politici e bacino di voti per chi si occupa dei propri interessi, e mai di quelli della collettività. Di certo, noi lavoratori a volte ci mostriamo maleducati. Purtroppo siamo solo stressati. Stressati dalle ferie non concesse, dalla carenza d'organico dilagante, dalla mancanza di organi di informazione che dovrebbero supportare l'utente. Così noi al capolinea siamo costretti a scegliere se andare in bagno, telefonare al fidanzato, mangiare un panino o dare a voi le informazioni richieste.

A nome di tutti i miei colleghi, vi chiedo scusa se a volte siamo carenti nella gestione del rapporto col pubblico, ma a nome di tutti i lavoratori che credono fermamente nell'importanza del ruolo che ricopriamo, vi chiedo di unirvi a noi in questa lotta per una sola ragione: perché è giusto!
Perché insieme a noi dovete pretendere una flotta di vetture idonee e all'avanguardia, un numero di conducenti adeguato, organi predisposti con personale formato per rispondere ad ogni vostro dubbio.

Insomma, io sono assolutamente consapevole dei miei limiti e non penso di poter cambiare il mondo. Ma mi auguro con la manifestazione del 20 gennaio – alle 14, in piazza dell'Esquilino – di riuscire a dare il buon esempio. Insieme a voi.

Il divide et impera esplicitato per la prima volta nel descrivere una tecnica socio-politica romana esiste da millenni. L'unione lavoratori-cittadini, invece, sarebbe una novità assoluta. Sarebbe una cosa nuova, e per questo spaventa.
Crediamoci. Dimostrando di essere giovani, belli, stanchi e arrabbiati verso un sistema corrotto e corruttibile che non funziona.

Micaela".

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