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Un terribile amore per la guerra

Con questo titolo James Hillman pubblicò nel 2004 un saggio sull’assurdo amore dell’uomo per la guerra

Guerra in Ucraina

Con questo titolo James Hillman, psicoanalista junghiano e filosofo statunitense, pubblicò nel 2004 un saggio sull’assurdo amore dell’uomo per la guerra. La lettura non è agevole come quella di un romanzo, ma fa capire come alla base delle guerre non ci siano solo i fattori ideologici, economici o espansionistici, ricorrenti in tutte le guerre, ma anche aspetti psicologici e irrazionali, tipici della natura umana.

Libro James Hillman

Anche i titoli dei quattro capitoli del libro sono indicativi: “la guerra è normale”; “la guerra è inumana”; “la guerra è sublime”; “la religione è guerra”. Il saggio è di grande attualità in questo momento nel quale si parla sempre più frequentemente e forse con eccessiva leggerezza della possibilità, di una prossima guerra mondiale.

Il rischio dell’assuefazione

Abbiamo il dovere di interrompere questo leit motiv, perché quando un’eventualità viene data troppo spesso come possibile, può trasformarsi rapidamente in probabile diventando reale. Fermare i venti di guerra, quando iniziano a soffiare così forte, non è un’impresa alla portata di noi singoli e comuni mortali, ma tutti possiamo fare qualcosa e magari, chissà, essere anche decisivi. Il primo passo è ribellarsi all’assuefazione alla quale ci stanno spingendo i mezzi di informazione, che trattano l’argomento come se non ci riguardasse direttamente.

I settant’anni di pace della Nato e gli equilibri precari

Dopo la caduta del muro di Berlino, il mondo ha mantenuto la sua divisione in sistemi contrapposti e in alleanze economiche e militari la cui geometria può variare in relazione agli obiettivi di controllo del mercato globale o delle risorse energetiche, con l’ulteriore variabile del tumultuoso sviluppo delle tecnologie digitali.

Dopo la seconda guerra mondiale, tra alterne vicende e con qualche rischio, si è raggiunto un equilibrio delicato, rimasto sostanzialmente stabile anche dopo il risveglio del gigante cinese, causato dalla smania globalizzatrice del capitalismo.

La Cina, finora, ha preferito espandersi con la forza dell’economia, che necessita della pace più che della guerra, ma nulla può assicurarci che il quadro non si modifichi improvvisamente. Per ragioni che non sono del tutto chiare o palesi, questo equilibrio viene messo ora in discussione da una sorta di follia bellica i cui risvolti sono imprevedibili, come dimostra la recente intenzione della Finlandia, paese finora neutrale, di stringere un patto di cooperazione (militare ovviamente) con l’Ucraina.

La questione Gaza

Contemporaneamente, sul fronte mediorientale, Netanyahu, che ha spinto oltre ogni ragionevole limite la sua smania sterminatrice, provocando persino le critiche degli USA, sostiene che Israele deve prepararsi a fronteggiare una possibile aggressione dell’Iran, intenzionato a vendicarsi di alcune proditorie azioni dei servizi israeliani. Parole e intendimenti che prefigurano nuovi e più pericolosi scenari di tensione internazionale.
La NATO, organizzazione militare “difensiva” (definizione che di questi tempi appare tragicomica) celebra i 70 anni della sua esistenza affermando, per bocca del Segretario Generale Stoltenberg, che si devono impegnare 100 miliardi di dollari per i prossimi cinque anni per il sostegno militare all’Ucraina.

Ma siccome l’Ucraina non ha abbastanza uomini per combattere altri cinque anni, chi dovrebbe portare avanti questa guerra? L’Europa ovviamente. Di pace nemmeno a parlarne.

La guerra è lo stato naturale dell’uomo?

Secondo Hillman la guerra è lo stato naturale dell’uomo, mentre la pace è l’eccezione e noi abbiamo il compito di capire l’attrazione che la guerra esercita sull’uomo. Questa attrazione è rappresentata in modo emblematico dalla scena del film “Patton generale d’acciaio” nella quale il generale, aggirandosi tra i cadaveri straziati e le rovine fumanti, guardandosi intorno tenendo tra le braccia un ufficiale morente, esclama: “Come amo tutto questo. Che dio mi aiuti, lo amo più della mia vita”.

Un’affermazione assurda, che fa capire quale sfida la guerra lanci alla psicologia, dato che la guerra minaccia la vita di tutti noi e la furia termonucleare non risparmierebbe nessuno, mettendo a rischio la sopravvivenza stessa dell’umanità. Per distruggere l’umanità basterebbero 50 bombe nucleari e negli arsenali mondiali ce ne sono migliaia!

In più, diversamente dal passato, la guerra stavolta non favorirebbe nemmeno un nuovo ordine mondiale, perché ci lascerebbe solo un pianeta morente e desolato. Per questa sola ragione i nostri governanti non dovrebbero nemmeno pensarla l’eventualità di un conflitto mondiale.

La spiegazione di Tolstoj

Tolstoj, in una nota su “Guerra e pace”- ritenuto lo studio più “esauriente e immaginativo” sull’argomento – si domanda: “Perché milioni di uomini cominciarono ad ammazzarsi a vicenda? Chi glielo ordinò? Si direbbe fosse chiaro a ciascuno che nessuno di loro ne avrebbe tratto alcun beneficio, ma anzi per tutti le cose sarebbero peggiorate. Perché lo fecero? Si potrebbero avanzare congetture all’infinito sulle cause di tale insensato comportamento, ma il numero infinito di queste spiegazioni e la loro convergenza dimostrano soltanto che le cause erano innumerevoli e che nessuna di esse può essere considerata la causa”.

Insomma, le cause della guerra sono inspiegabili perché essa è governata da una sorta di forza collettiva che trascende la volontà umana individuale.

Il compito del pacifismo

Il compito che abbiamo davanti è molto complesso e la soluzione di un problema complesso va cercata a un livello diverso dal pensiero che l’ha creato (Einstein).

Ma come si può cambiare il livello del pensiero? Di certo non basta il pacifismo di parte né gli appelli del Papa, rituali e inascoltati. Non basta nemmeno il monito brutale delle strazianti immagini degli effetti del bombardamento nucleare di Hiroshima e Nagasaki, ormai troppo lontane nel tempo.
Urge una crescita delle coscienze, o meglio, la crescita della coscienza collettiva sull’irreparabilità dell’olocausto nucleare, non solo per scongiurarlo, quanto per spingere i governi a impegnarsi, in modo deciso e quasi ad ogni costo, su concreti obiettivi di pace.

Partendo dall’urgenza della pace in Ucraina che, come ha detto il Papa, deve essere equa, il ché non significa automaticamente che debba essere soddisfacente per tutti. Un obiettivo difficile, se non altro per le scelte dolorose che potrebbe comportare, ma decisamente irrinunciabile, perché sul piatto della bilancia c’è la salvezza di migliaia – o forse di milioni – di vite innocenti.