Ospedali, il Lazio crolla con i suoi ospedali | Esclusi dal Piano Agenas sono tra i peggiori
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La fotografia scattata dall’Agenas nel nuovo Piano nazionale esiti mette Roma e il Lazio fuori dal gruppo dei migliori ospedali d’Italia, lasciando la Regione a guardare mentre Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e altre realtà macinano performance superiori. Un quadro che, pur non essendo definito una classifica formale, parla chiaro: i numeri delineano uno scarto che continua a pesare sulla sanità capitolina e regionale.
Il PNE 2025 ha analizzato 1.117 strutture ospedaliere attraverso 218 indicatori, tra esiti, volumi, processi e ospedalizzazione evitabile. Una valutazione ampia, considerata uno strumento di governance sanitaria, che però evidenzia criticità profonde nel Lazio. A livello nazionale sono 15 gli ospedali che registrano livelli molto alti in almeno sei aree cliniche su otto: nessuno di questi si trova a Roma o nel resto della regione.
Le performance per aree cliniche: dove Roma regge e dove continua a perdere terreno
Scendendo nel dettaglio, il rapporto mostra un quadro più sfumato ma comunque segnato da forti disomogeneità. In ambito cardiocircolatorio compaiono tra i migliori due ospedali della Capitale: San Camillo Forlanini e Sant’Andrea. Nel sistema nervoso emergono San Filippo Neri e Gemelli, insieme allo Spaziani di Frosinone e al polo ospedaliero di Viterbo, segnale che alcune eccellenze regionali resistono nonostante il contesto complessivo.
Il Lazio si difende meglio nella chirurgia oncologica, dove figurano Gemelli, Umberto I, Sant’Eugenio, Isola Tiberina-Gemelli Isola e la struttura di Latina. Solo il Gemelli emerge, invece, nell’area nascita, mentre l’ambito osteomuscolare vede un gruppo più ampio di strutture romane: Santo Spirito, CTO Alesini, Madre Giuseppina Vannini, San Giovanni Addolorata, Casilino, Gemelli, Campus Bio-Medico, Tor Vergata e Sandro Pertini, insieme a Pomezia, Latina, Aprilia e Velletri.

Le evoluzioni dell’ultimo anno e cosa manca a Roma per entrare tra i migliori
Il PNE segnala anche alcuni miglioramenti importanti: San Camillo e Sant’Andrea registrano progressi significativi, così come il San Giovanni Evangelista di Tivoli, il polo ospedaliero di Viterbo e l’istituto chirurgico-ortopedico-traumatologico di Latina. Tuttavia, questi passi avanti non bastano ancora per competere con i livelli di efficienza e qualità garantiti da regioni come Lombardia, Veneto o Emilia Romagna.
Dalle performance emergono nodi strutturali noti: frammentazione dei servizi, tempi di attesa elevati, disomogeneità di risultati tra i diversi presidi e difficoltà organizzative che continuano a penalizzare il sistema regionale. Il Piano nazionale esiti, pur non essendo pensato per stilare una classifica, offre così un’indicazione inequivocabile: per scalare posizioni, Roma deve consolidare le eccellenze presenti e intervenire sulle aree cliniche dove gli indicatori mostrano margini di miglioramento ancora troppo ampi.
Il quadro complessivo lascia intravedere una sfida che il Lazio non può più rimandare: riagganciare il passo dei territori più performanti per offrire una sanità all’altezza di una regione tra le più popolose e complesse d’Italia.
