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Nuovo Mes, l’osannata riforma che in realtà è inutile, se non dannosa

L’Eurogruppo approva le modifiche al Fondo salva-Stati, che nella migliore delle ipotesi non serviranno a nulla. E il Ministro Gualtieri precisa: “Non significa che lo useremo”

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Il Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes)

Dopo oltre due anni di estenuanti trattative, il nuovo Mes è realtà. L’Eurogruppo ha infatti approvato le modifiche al Fondo salva-Stati, subito pavlovianamente salutate con fanfare e squilli di trombe. Che però, as usual, hanno poca, se non proprio nessuna ragion d’essere.

Il nuovo Mes

L’annuncio, come d’abitudine, è arrivato dopo il tramonto: habemus nuovo Mes. I Ministri delle Finanze della zona euro hanno infatti trovato l’accordo sul pacchetto volto a rafforzare e semplificare gli strumenti anti-crisi. In particolare, le linee di credito precauzionali, pensate per prevenire il dissesto anziché curarlo quando è già in atto – col rischio che sia già troppo tardi.

nuovo mes: eurogruppo
Eurogruppo

La riforma elimina anzitutto l’odiatissimo Memorandum che mise in ginocchio la Grecia, sostituendolo con una lettera d’intenti che assicuri il rispetto del Patto di Stabilità. Sembra un passo avanti, ma in realtà non cambia granché.

La linea di credito resta infatti condizionata – e non a caso il nome inglese è Precautionary Conditioned Credit Lines. In effetti, lo stanziamento dei finanziamenti può essere interrotto in caso di mancato rispetto dei “soliti” criteri macroeconomici. I quali includono tra l’altro un rapporto deficit/Pil inferiore al 3% da due anni, e un debito pubblico inferiore al 60% del Pil.

Le vere modifiche del nuovo Mes

Le vere correzioni riguardano piuttosto due meccanismi. Uno è il backstop, che letteralmente significa “barriera di protezione” e costituisce una sorta di paracadute per il cosiddetto Fondo di Risoluzione Unico (SRF). Quest’ultimo è lo strumento da cui dipendono gli eventuali salvataggi delle banche, ed è foraggiato dagli stessi istituti di credito – ovvero, dagli investitori. Fatto non di poco conto nel momento in cui dovesse scattare il cosiddetto bail-in (il “salvataggio dall’interno”), che graverebbe anche sui piccoli risparmiatori.

Nel nuovo Mes, il backstop garantirà all’SRF un sostegno economico qualora vi fosse una crisi tale da esaurirne le risorse disponibili. Con una dotazione da 60 miliardi e un tempo di erogazione di 12 ore. E, visto che il Meccanismo Europeo di Stabilità è finanziato dai singoli Stati, questo significherà non solo che paga Pantalone, ma che qualche Pantalone pagherà due volte. Una come contribuente e una come azionista.

Poi c’è il restyling delle Clausole di Azione Collettiva (le CACs), che si applicano ai titoli di Stato e disciplinano la ristrutturazione dei debiti sovrani. In estrema sintesi, esse consentono di cambiare le condizioni contrattuali delle emissioni, che varrebbero però per tutti i titoli, compresi quelli detenuti da chi non aderisse al restauro.

Al momento occorre una doppia approvazione a maggioranza qualificata: una relativa alla singola emissione, l’altra generale di tutti gli obbligazionisti. Con il nuovo Mes sarà sufficiente quest’ultima, il che renderà meno probabile la formazione di “minoranze di blocco” e più facile, sulla carta, la ristrutturazione dei debiti.

Il problema è come reagiranno i mercati di fronte a quella che è praticamente la certificazione della possibilità di imporre perdite agli obbligazionisti. I titoli di Stato potrebbero venire considerati più rischiosi, i rendimenti salirebbero e a tutto ciò si aggiungerebbe l’effetto stigma, con l’annullamento dei benefici di breve periodo.

Le reazioni in Italia

La riforma del Mes dovrà essere firmata dai diciannove Stati facenti parte della zona euro, e poi ratificata dai singoli Paesi membri. C’è però il piccolo dettaglio che il nostro Cancelliere dello Scacchiere Roberto Gualtieri non ha alcun mandato parlamentare per suggellare l’intesa. Come gli ha ricordato il deputato leghista Claudio Borghi, ma anche l’europarlamentare pentastellato Ignazio Corrao. Che ha accusato il titolare del Mef di negoziare «senza il mandato di una forza che rappresenta i due terzi della maggioranza».

In effetti, il M5S sta vivendo un nuovo psicodramma. Il capo politico ad interim Vito Crimi ha specificato (come Gualtieri) che «la riforma del Mes e il suo utilizzo sono due elementi totalmente distinti». Vero, infatti le correzioni riguardano il Meccanismo Europeo di Stabilità in quanto organizzazione internazionale, non come strumento economico. E, a tal proposito, il reggente grillino ha spiegato che «non impediremo l’approvazione delle modifiche al Trattato». Tanto è bastato a scatenare l’ira dei “duri e puri” che hanno imputato ai vertici la genuflessione alla logica del compromesso.

nuovo mes: vito crimi
Il reggente del M5S Vito Crimi

Peraltro, il vero casus belli sono i 36 miliardi della linea sanitaria – che pure non c’entra niente col nuovo Mes. E su cui, peraltro, lo stesso bi-Premier Giuseppe Conte è stato tranchant: «Non ci serve, l’Italia non ne ha bisogno». Soprattutto, aggiungiamo, in un momento in cui la Bce sta acquistando titoli di Stato mediante il programma pandemico PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme).

Alla luce di tutte queste considerazioni, pur con tutta la buona volontà si fa davvero fatica a capire le ragioni del giubilo degli euroinomani. Salvo che non lo si riconduca all’ennesima amnesia relativa alla saggezza popolare che, notoriamente, insegna il valore dell’ultima risata.

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