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‘Ndrangheta a Roma, arresti nella famiglia Crea

Le indagini della Polizia di Stato hanno portato agli arresti di questa mattina

I REATI CONTESTATI. La Squadra Mobile della Questura di Roma ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP presso il Tribunale di Roma, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di alcuni indagati ritenuti responsabili, a vario titolo, del reato di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione abusiva di armi ed accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico, tutti aggravati dall’art. 7 l. 203/1991 per aver agevolato l’operatività della ‘ndrangheta, con articolazioni territoriali operanti in Calabria e nella provincia di Roma per il controllo delle attività illecite sul territorio.

GLI ARRESTATI. I nomi degli arrestati: Enrico Rocco Crea, Massimiliano Crea, Mario Crea, Mirki Bava, Marco Pisani, Sebastiano Cossu, Valter Mancini.

LE INDAGINI. Le indagini della Squadra Mobile, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, si sono concentrate sulle attività criminali poste in essere dagli appartenenti alla famiglia calabrese dei Crea insediatasi nella Capitale da diversi anni ed originaria di Stilo (RC), centro dell’alto ionio reggino situato tra i comuni di Monasterace e Guardavalle, già teatro nel recente passato di violente faide tra famiglie di ‘ndrangheta e, da ultimo, della nota “faida dei boschi” che ha mietuto diverse decine di morti ammazzati tra i clan contrapposti. Proprio l’elevata ostilità tra le famiglie di ‘ndrangheta operanti nel centro di Stilo ha spinto, già da alcuni anni, alcuni membri della famiglia Crea a trovare spazio fuori dalla Calabria.

In primis i fratelli Adolfo e Aldo Cosimo Crea, cugini dei Crea finiti in manette oggi. Fuggiti dalla guerra di mafia contro i Gallace-Novella, che li stava vedendo soccombere, si sono stabiliti a Torino all’inizio degli anni 2000 per poi essere arrestati il successivo 8 giugno 2011 per il reato di associazione di tipo mafioso, nel corso dell’operazione “Minotauro”. Da qui il mutamento della stessa struttura portante del “Locale” di ‘ndrangheta di Stilo che ha visto emergere, in maniera preponderante, la famiglia mafiosa dei Gallace di Guardavalle a discapito dei Novella, dei Vallelunga e dei Sia-Procopio, un tempo capi incontrastati di quel territorio.

È stata documentata la penetrazione del gruppo Crea nel territorio della Capitale e, in particolare, nel quartiere di Primavalle, dove gli stessi sono riconosciuti come autonomo gruppo criminale e gestiscono diversi bar e attività commerciali che hanno rappresentato, secondo quanto emerso dalle investigazioni, un “punto di incontro” e di riferimento per altri personaggi legati alla criminalità. Tra le eterogenee attività criminali messe in atto dalla famiglia Crea, sono state evidenziate lo spaccio di sostanze stupefacenti e le estorsioni ai danni di commercianti, tenuto anche conto che – proprio grazie alla gestione diretta di attività commerciali – i Crea sono riusciti a inserirsi nel tessuto economico, commerciale e sociale del quartiere, imponendo la loro presenza nel territorio.

A conferma della pericolosità criminale degli arrestati, sono state acquisite anche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Gianni Cretarola – esecutore materiale dell’omicidio di Vincenzio Femia ritenuto il “referente romano” del noto clan NIRTA di San Luca (RC) – il quale ha svelato, con dovizia di particolari, la struttura criminale dei Crea e i suoi collegamenti operativi con altre organizzazioni presenti nella Capitale, primo tra tutte il clan Alvaro di Sinopoli (RC). È emerso, in particolare, il ruolo criminale preminente dei fratelli Enrico Rocco e Umberto Crea che, nonostante le restrizioni dello stato di detenzione in cui si trovavano, inviavano nel corso dei colloqui in carcere le disposizioni esecutive che venivano puntualmente eseguite, in maniera sistematica, dagli altri componenti e affiliati della famiglia.

In particolare, è interessante rilevare come i componenti più giovani della famiglia, Mirko Bava e Mario Crea, si recavano periodicamente ai colloqui in carcere, portando notizie e ricevendo le disposizioni che poi distribuivano agli altri affiliati. Proprio Bava e Crea sono stati arrestati lo scorso 8 maggio, poiché trovati in possesso rispettivamente di un’arma da fuoco priva di matricola e diverse munizioni e di due manufatti esplosivi artigianali.

Oltre a Umberto ed Enrico Rocco Crea, le redini della famiglia erano tenute anche dall’altro fratello, Massimiliano, prevalentemente deputato alla gestione dei traffici di sostanze stupefacenti.

Da ultimo l’attività della Squadra Mobile ha documentato la presenza di altre “giovani leve” che si occupavano di tutte le attività operative della famiglia Crea, come l’incombenza di “fare da autista” agli anziani del sodalizio, all’accompagnamento di “ospiti” che venivano dalla Calabria e, infine, l’utilizzo quale “manovalanza spiccia”, quando era necessario utilizzare violenza o minacce verso terzi, anche con l’uso delle armi da fuoco, ovvero per dirimere controversie. Tra questi, oltre ai già citati Mirko Bava e Mario Crea, anche Jacopo Vannicola, genero di Enrico Rocco Crea – arrestato il 22.04.2014 per detenzione di sostanza stupefacente del tipo cocaina -, Valter Mancini e Sebastiano Cossu, che detenevano illecitamente elevate quantità di sostanze stupefacenti di varia natura destinate alla cessione a terzi. L’arresto di Jacopo Vannicola, inoltre, ha creato grande fermento all’interno della famiglia CREA confermando, in tal modo, che il traffico di sostanze stupefacenti costituiva l’attività principale del sodalizio criminale.

Tra gli indagati, colpiti da provvedimento cautelare in carcere, è stato altresì identificato un poliziotto, in servizio presso la Squadra Mobile, che è ritenuto responsabile di essersi introdotto nel sistema d’indagine Interforze SDI, con abuso dei poteri e in violazione ai doveri inerenti il servizio, per raccogliere informazioni in merito a indagini a carico dei soggetti coinvolti nell’indagine, reato parimenti aggravato dall’art. 7 l. 203/1991.

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