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Mino Raiola muore e risorge, fa un tweet mentre lo commemorano: poi oggi l’annuncio ufficiale

Oggi l’ufficialità della morte ma giovedì scorso il noto procuratore Mino Raiola era morto e resuscitato in poche ore: l’ennesima fake del giornalismo

Mino Raiola

Mino Raiola

Oggi, sabato 30 aprile è arrivato l’annuncio ufficiale della morte di Pino Raiola. E’ la famiglia che, giustamente, lo dà: “Con infinito dolore annunciamo la scomparsa di Mino, il più straordinario procuratore di sempre”.

Ma 2 giorni fa, giovedì 28 aprile c’era stato l’ennesimo caso di diffusione di una fake news tramite canali importanti e autorevoli del giornalismo italiano. Si tratta della morte, poi smentite da più vie ufficiali, del più noto procuratore del mondo del calcio, Mino Raiola.

Raiola, il grande dei procuratori

Mino Raiola, nato a Nocera Inferiore il 4 novembre 1967, è uno dei procuratori più importanti del panorama calcistico, il primo di una fazione di procuratori, sempre più ampia, capaci di essere al centro degli interessi delle società. Nessuno come lui ha infatti avuto il potere di disegnare a suo piacimento diverse trattative. Quella di Donnarumma su tutti: il giovane portiere sembrava poter essere il futuro del Milan finché il dio denaro non ha chiamato a tal punto da farlo prima dubitare, nel 2017, e poi dire addio nel 2021. La bravura di Raiola la si può comprendere soprattutto dalla sua scuderia fornita dei più grandi talenti degli ultimi anni: da Pogba a Ibrahimovic passando per Haaland e Verratti.

La notizia della morte

Nella giornata di ieri 28 aprile diverse testate importanti hanno lanciato la notizia della sua morte. Mino Raiola non ce l’avrebbe fatta in seguito ai problemi di salute che già da tempo lo affliggevano. Solo qualche mese fa si era infatti diffusa la notizia di un suo ricovero d’urgenza. Tuttavia per mesi non si era più parlato delle sue condizioni a tal punto da non mettere più la sua vita a rischio. Molto lo aveva probabilmente fatto il comunicato della sua agenzia, il quale aveva specificato che si trattava di un normale controllo di routine in cui è servita anche l’anestesia. Poi ieri il fulmine a ciel sereno. “Mino Raiola non c’è più“. Tra messaggi di cordoglio e le frasi storiche del noto procuratore il web lo stava già commemorando.

Morte e risurrezione

Un’evoluzione, quella della notizia, che tuttavia lasciava a desiderare già nel momento in cui si era diffusa la voce. Il primo approccio della morte di Raiola sul web c’è stato tramite alcuni profili Twitter e fonti non del tutto attendibili. Una voce che si è diffusa anche tramite chat di Whatsapp, per esempio, fino al lancio di diverse testate note, riprese ovviamente dalle altre e via discorrendo. La prima pulce l’aveva tirata fuori, poi, il Corriere della Sera il quale aveva riportato la notizia specificando che le fonti vicine a lui non confermavano. Poi il lancio di agenzia da parte dell’ANSA che ha riportato le parole di Zangrillo in merito al suo stato attuale: “Indignato dalle telefonate di pseudogiornalisti che speculano sulla vita di un uomo che sta combattendo“. Parole che hanno sciolto diversi dubbi in merito alle sue condizioni: Raiola non è morto ma è ricoverato in uno stato grave.

Il Tweet di Raiola

Stato di salute? Incazzato perché è la seconda volta che mi uccidono in 4 mesi. Pare sia in grado di resuscitare” ha scritto infatti sui suoi canali social, aggiungendosi alle dichiarazioni di Zangrillo e ponendo in cattivo occhio l’atteggiamento avuto dal giornalismo italiano per l’ennesima volta negli ultimi tempi. L’ennesima dimostrazione che il giornalismo deve forse ancora adeguarsi al meglio a questa realtà in cui in molti hanno voce e le fonti non ufficiali si sono moltiplicate. Nell’era dei social e dell’overload informativo ci si mette poco a cambiare la storia di una notizia. Quella che probabilmente è stata una voce di corridoio circa la presenza di Raiola al San Raffaele e delle sue condizioni non ottimali si è trasformata nella notizia della sua morte. Un passaggio non indifferente in una società in cui non ci si può permettere di fondere giornali autorevoli con vie informative non credibili.