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Messina Denaro, Maria Falcone: “Vorrei che Giovanni vedesse questi applausi”

Dopo la cattura di Matteo Messina Denaro, Maria Falcone esprime soddisfazione per gli applausi ai carabinieri e ricorda Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

Maria Falcone e Sergio Mattarella

Maria Falcone e Sergio Mattarella

Maria Falcone, sorella del magistrato Giovanni Falcone, vittima della strage di Capaci per la quale ora, finalmente, dovrà rispondere come mandante il capomafia Matteo Messina Denaro, interviene sulla storica cattura. Le sue parole esprimono tutta la soddisfazione nel vedere come la società civile siciliana abbia accolto la notizia della cattura del boss ma anche l’invito a non abbassare la guardia contro la criminalità organizzata.

Maria Falcone: “la sua cattura è un vittoria della società italiana”

“È una vittoria di tutta la società italiana. Occorreva un salto generazionale, come auspicava Giovanni. Impressionante come tutti battessero le mani davanti a quella clinica, per strada, fra gli autobus, i passanti pronti ad abbracciare i carabinieri con i loro giubbotti antiproiettile”.

La donna ricorda come nei tempi passati le cose non fossero come ora, ha bene in mente quanto fossero “ Immagini ben diverse  quando i parenti dei boss si accanivano e inveivano a Palermo contro funzionari e agenti di scorta” .

Immancabile dopo la cattura di Matteo Messina Denaro il pensiero al fratello Giovanni Falcone e al suo collega Paolo Borsellino “Ah, come vorrei che Giovanni e Paolo potessero vedere questi applausi e le mani alzate della gente a Palermo, questo accade proprio grazie al loro impegno, che rivive in ogni incontro con i giovani, con un popolo di studenti e insegnanti al lavoro per un’educazione alla legalità’, un senso di giustizia sintonizzato sull’esercizio della memoria di chi ha pagato tutto questo con la vita”.

Cattura di Messina Denaro, la guerra non è vinta

Maria Falcone ricorda poi come queste persone, nel tentativo di sovvertire la legalità “abbiano pensato di mettere in ginocchio lo Stato. Soprattutto con le stragi del 1993 volute dal cognato di Riina, Leoluca Bagarella, e da Messina Denaro”.

Ma anche il ricordo per “Le stragi più dirette a colpire il cuore dello Stato. Nella sua cultura, a Firenze. Nel potere finanziario, a Milano. Nella religione, a Roma”.

La battaglia è vinta ma la guerra non è certo finita “Non è certamente la fine della mafia. Noi continueremo la lotta contro Cosa Nostra perché il cerchio non è chiuso e anzi le indagini devono andare avanti nella consapevolezza che il nemico è tuttora forte e capace di infiltrarsi nelle istituzioni. Quando la mafia non spara non vuole dire che non sia attiva, anzi”.