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Mafia Capitale: è il tempo della Cassazione. In attesa del prossimo “scandalo”

Il Procuratore generale lo ha ribadito: il sodalizio “di Buzzi e Carminati ha tutte le caratteristiche dell’associazione mafiosa”. Ma l’infezione ha radici più profonde

Ultimo atto, per “Mafia Capitale”? In sede penale si direbbe di sì, perché l’iter giudiziario è finalmente arrivato in Cassazione. E una volta emesse, quindi, le sentenze diventeranno pressoché inappellabili. Per riaprire i fascicoli ci vorrebbe la revisione del processo, ma non si vede neanche l’ombra di un motivo che potrebbe portare a una misura così straordinaria.

L’aspettativa generale è che venga confermata l’aggravante del metodo mafioso e quindi anche l’entità, e la gravità, delle condanne già irrogate. Da Carminati a Buzzi, e via discendendo lungo le gerarchie del sodalizio criminale, questi specifici delinquenti sono destinati a uscire di scena. Definitivamente.

Ciò che non esce affatto di scena, invece, è il rapporto di stretta e radicata contiguità tra politici, affaristi di ogni sorta e soggetti malavitosi. Una contiguità che in troppi casi è vissuta come una prassi abituale da parte sia degli eletti o aspiranti tali, sia degli imprenditori e dei professionisti perennemente in cerca di profitti. Leciti quando è possibile. Illeciti quando capita l’occasione. O quando l’occasione si crea.

La domanda iniziale va dunque riletta con più attenzione. E con una singola ma decisiva modifica: ultimo atto per la mafia nella Capitale?

Già: bisogna aggiungere “nella”. Che guarda caso è una preposizione articolata. Così come molto articolato – immensamente articolato – era il groviglio di interessi che ha legato i diversi imputati. Ma che certo, al di là di queste particolari vicende e di questi particolari reati, non è sparito dal sottobosco della nostra città. Della nostra regione. Della nostra Italia.

Mafia Capitale: spiegata dal “Nero”

«È la teoria del mondo di mezzo, compà. Vuol dire che ci sta un mondo… un mondo in mezzo in cui tutti si incontrano. Dove tutto si incontra… cioè… hai capito?… allora le persone… le persone di un certo tipo… di qualunque… di qualunque cosa… si incontrano tutti là. Tu stai lì… ma non per una questione di ceto… per una questione di merito, no?… Allora nel mezzo, anche la persona che sta nel sovramondo ha interesse che qualcuno del sottomondo gli faccia delle cose che non le può fare nessuno.»

Tanti di voi se le ricorderanno. Sono le parole di Massimo Carminati, ribattezzato “il Nero” per allinearlo ai personaggi del Romanzo criminale di Giancarlo De Cataldo. Frasi tratte da un’intercettazione. Lui sta parlando con il suo sgherro Riccardo Brugia e gli spiega come funzionano le cose in quella zona grigia, e smisurata, in cui le classiche contrapposizioni tra legale e illegale smettono di essere nette. Là dove le persone “per bene” mettono da parte le loro solite maschere e vanno dritte al sodo: se c’è da guadagnarci, lo facciamo. Eccome, se lo facciamo. Ci gettiamo a pesce.

Di Carminati si può avere la peggiore delle opinioni, ma di certo non è uno sprovveduto. E di sicuro non ha né la mentalità elementare del bullo di periferia, né la visione a scartamento ridotto di chi vive nell’illegalità al solo scopo di fare soldi.

La sua interpretazione è realistica e va al cuore del problema. “Sociologia” a mille miglia dalle università, ma ugualmente acuta. E d’altronde, se non si è completamente ottusi (o completamente in malafede), chiunque può vedere che gli indizi di queste commistioni sono dappertutto. Non costituiscono l’anomalia, ma lo standard. O quantomeno rappresentano una devianza tanto diffusa da non poter essere più liquidata come una mera eccezione.

La domanda iniziale ne dovrebbe perciò generare tante altre, a cascata. A cominciare da questa: da dove ha origine, l’infezione che alligna nella nostra società e che la pervade sempre di più, anche se solo in alcuni casi diventa materia di processo e di “scandalo” mediatico?

La risposta non è quella ipocrita e a suo modo rassicurante. Non è : dall’eterna lotta tra il bene e il male.

La risposta corretta è che il culto del Dio Quattrino ha tanto i suoi fedeli immacolati (apparentemente immacolati) quanto le sue sette oscure (manifestamente oscure).

Carminati & C. – ma in effetti sarebbe più sensato dire Buzzi & C. – non sono i demòni spuntati da chissà dove. Sono la variante criminale di una società che di etico non ha più quasi nulla, al di là delle chiacchiere di facciata.

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