Prima pagina » Interviste » L’intervista a Marco Guidi, trent’anni dopo il crollo del Muro di Berlino

L’intervista a Marco Guidi, trent’anni dopo il crollo del Muro di Berlino

Sabato 9 novembre ricorrono i trent’anni dalla caduta del Muro di Berlino, quando lo spionaggio sovietico vigilava sulla politica italiana

Sabato 9 novembre, ricorrono i trent’anni dal crollo del Muro di Berlino. Data gravida di processi sociali, politici ed economici di grande portata.

Il simbolo fisico e imponente della Cortina di Ferro divideva in due blocchi la Germania dell’Est sotto il controllo dell’Unione Sovietica, e la Germania Ovest, sotto l’influenza americana. L’ideologia di due mondi opposti si trovava concentrata in una città spaccata.

Per trent’anni sotto il regime comunista le persone hanno vissuto in un clima di terrore, sotto una dittatura poliziesca, fondata sul sospetto. Secondo alcuni storici sono duecento le persone uccise perché cercavano di recarsi nella parte occidentale di Berlino. In questo importante anniversario ne parliamo con Marco Guidi, inviato de Il Messaggero.

Marco Guidi, ex caporedattore de Il messaggero, inviato in zone di guerra, ha conosciuto Osama Bin Laden…non da meno l’esperienza del crollo del Muro di Berlino: come ha vissuto quel momento, sia da giornalista che sotto il profilo personale e umano?

La caduta del Muro non se lo aspettava nessuno, fummo tutti stupiti, del resto lo furono anche i tedeschi, infatti alla base della caduta del muro ci fu un qui pro quo. Pensi che al portavoce del governo fu chiesto «quando pensate di aprire il muro?» e disse «lo hanno già aperto!». Da quel momento fu una marea inarrestabile.

Fummo anche molto felici oltre che stupiti, ma felici un po’ a torto perché si pensò alla fine della Guerra Fredda, alla riunificazione della Germania. Addirittura il politologo statunitense Fukuyama scrisse il saggio “La fine della storia”, credeva che il trionfo della democrazia derivato dal crollo avrebbe portato pace e uguaglianza, e così la fine dei conflitti che fanno la storia umana.

Invece le nostre aspettative vennero deluse. La Germania unita politicamente soffriva ancora una profonda differenza economica e sociale, immense ancora le disuguaglianze tra ex blocco Ovest e ex blocco Est, e grande scontento. Scontento che ha dato vita a movimenti di ritorno del nazismo e dell’estrema destra in Germania, come possiamo vedere anche oggi. Sono emerse altre tensioni, come ad esempio l’integralismo islamico. Il crollo del muro ha avuto effetti sulla disintegrazione della Jugoslavia, che ha votato per l’indipendenza.

Il mondo oggi è perfino più complesso di quando era severamente diviso in blocchi che si scrutavano.

D’Alema in diverse interviste in questi giorni ha dichiarato di rimpiangere il PCI e non l’URSS, di aver provato un senso di liberazione per la caduta perché la Stasi spiava il PCI e inoltre l’identificazione della sinistra italiana con quel regime era insostenibile per la sinistra italiana.

Berlinguer in una famosa intervista disse che preferiva stare nella sfera occidentale che in quella orientale e in un famoso discorso disse che la spinta propulsiva della Rivoluzione d’Ottobre nel 1917 era finita, e tale distacco era segno della nascita di un eurocomunismo sempre più indipendente da Mosca. Noi giornalisti sapevamo che la Stasi era infiltrata ovunque, anche in Vaticano. Uno dei segreti italiani più longevi è quello relativo al Monsignore che fu una spia della Stasi. I legami erano stretti anche con le Brigate Rosse e il coinvolgimento della Stasi nel sequestro di Aldo Moro. Ci sono cose che non sapremo mai ma di certo D’Alema aveva ragione.

Oggi in Europa, ma anche in Messico, in Israele da alcuni decenni, si rialzano i muri. Lei cosa pensa dei “muri” e delle frontiere? Che senso hanno delle barriere materiali contro le idee e contro la volontà umana di spostarsi?

I muri sono sempre un errore e la storia lo dimostra: la grande muraglia cinese che è stata la più grande costruzione dell’uomo, e non resse alla spinta dei mongoli, dei nomadi delle steppe, oppure i grandi limes Romani, le frontiere dell’Impero Romano..i muri reggono solo per un po’ ma le catastrofi che lasciano quando crollano sono immani.

Perché quelli che sfondano il muro non sono popoli che in quel momento cercano ospitalità e inclusione, ma che pretendono perché hanno saputo distruggere, autorizzati dalla distruzione.

Oggi tutti alziamo dei muri perché siamo spaventati dal welfare che si indebolisce, e da una popolazione sempre più anziana, il terrore della gente è motivato. Quello che non è legittimo sono le strategie con cui i politici sfruttano questa paura e la riversano contro immigrati e stranieri.

I fenomeni immigratori sono destinati ad aumentare per via dei rifugiati climatici; tra trent’anni nel Golfo Persico ci sarà una temperatura di 51 gradi. La gente si sposterà per sopravvivere a queste condizioni.

Dalla Storia cerchiamo allora di imparare che i muri sono illusori e fallimentari, e non potranno reggere alla crisi ambientale e climatica, e saremo costretti a pensare strategie diverse per la coabitazione nel mondo.

Lascia un commento