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Italia Viva ha bisogno di te: logo 1, logo 2, logo 3. Vota online: è facile…

Affrettatevi, signore e signori. Basta una mail o un cellulare. E tenetevi pronti a battere le manine all’annuncio finale: alla Leopolda, sabato prossimo, alle 18 in punto

La frivolezza è un batterio, patogeno. La stupidità è un virus, letale. La frivolezza prepara il terreno e inizia e erodere le difese immunitarie del cervello e dell’anima. La stupidità annichilisce quello che è rimasto vivo di intelligente, di significativo, di sostanziale.

Prendete quest’ultima notizia, di provenienza renziana. In vista della consueta adunata annuale alla Leopolda, in cui stavolta c’è il Super Gadget del partito appena nato (abbreviazione di confezio-nato), c’è da scegliere il logo di “Italia Viva” e si chiede consiglio a… chiunque voglia dire la sua. Mica agli iscritti. O almeno a chi dichiari di volersi iscrivere in seguito. O, se non altro, di essere intenzionato a dare il proprio voto nelle prime elezioni in cui sarà possibile.

No, a chiunque.

Yes, you can. Passante fa rima con militante. Vai con la sigla.

Siccome però anche le buffonate devono avere una minima patina di serietà, ecco le istruzioni. Non proprio rigorose ma tuttavia restrittive, almeno in teoria: si dovranno “utilizzare indirizzi email e numeri telefonici attivi e funzionanti. Solo i voti provenienti da questi ultimi verranno conteggiati”.

Certo, ci mancherebbe. Ma se poi qualcuno ha due schede, o quattro mail, o viceversa, o anche di più?

Amen. Non stiamo a sottilizzare, che si rovina il grande clima di festa.

Italia Viva. Intelligenza morta

Una volta c’erano i congressi politici, e in particolare quelli fondativi. Oggi ci sono le adunate virtuali. Anzi, occasionali. La “democrazia” dei click. L’ecumenismo degli smartphone. Sms. Tweet. Like. Si fa prima a dirlo che a pensarlo.

Sui temi importanti decide chissà chi, sulle sciocchezze si chiede supporto al Popolo della Rete. O alle comitive dei Social.

La questione del voto online per scegliere il logo di Italia Viva può sembrare una cosa da nulla, ma anche questa impressione di vacuità inoffensiva fa parte del trucco. A colpi di talkshow si è stati indotti a scordare che cosa significhi un dibattito degno di tal nome: che non deve essere “divertente”, ma approfondito. A forza di risse verbali in favore di telecamera si è cancellata la domanda cruciale: e se invece fosse tutta una messinscena?

La politica non è mai un libro aperto. E quando ce lo spalancano davanti – quando fanno finta di spalancarcelo davanti per darci modo di esaminarlo noi stessi – c’è da insospettirsi ancora più del solito. Su quale pagina vogliono bloccarci? Su quali righe? O persino, come nel caso della trovatina renziboschiana del sondaggio sul logo di Italia Viva, su quali immagini?

La politica non è un intrattenimento popolare a ingresso libero: quello è il Luna Park, o la festa del patrono. La politica, se la si vuole comprendere davvero, esige studio, meditazione, severità anche o innanzitutto con sé stessi.

Gli anni Settanta – ci hanno detto – erano grigi, lugubri, ideologici: Anni di Piombo, oh yes.

Gli anni Ottanta hanno invertito la rotta. I decenni successivi hanno prolungato la simpatica crociera fino a portare le miriadi di passeggeri creduloni al largo, sempre più lontani dalla terraferma della cultura e della consapevolezza. Forse, o probabilmente, già al di là del punto di non ritorno

Siamo partiti con la leggerezza (ritrovata) e siamo approdati alla totale inconsistenza (rincoglionita). E nel vuoto, si sa, tutto quanto rimbomba meglio e le ovvietà si ingigantiscono.

Pronti per la Leopolda?

Ripetete con Matteo e con Maria Elena: wow! Wow! WOW!

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