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Italia Fase 3: i sogni di Colao, la Confindustria e zero soluzioni per i cittadini

Il piano Colao per l’Italia Fase 3, sembra scritto per industriali monopolisti, economisti liberisti e politici al servizio della finanza internazionale

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Le Ministre Elena Bonetti (Pari Opportunità e Famiglia) a sinistra e, a destra, Nunzia Catalfo (Lavoro e Politiche Sociali)

Italia Fase 3. Ora che il pericolo della pandemia si è molto ridotto, a giudicare dalle analisi statistiche e dalle più varie dichiarazioni, il Paese sta uscendo con cautela dal periodo di emergenza per ripristinare un normale ritmo di vita e di attività. Molto faticosamente, il nostro Governo sta tentando di attuare la cosiddetta fase 3 che dovrebbe rimettere in moto l’economia e migliorare la pubblica amministrazione ed i servizi.

Un compito niente affatto semplice, che purtroppo non ha avuto un minimo di preparazione durante la fase 2, interamente dedicata al grave problema di affrontare l’emergenza sanitaria con le restrizioni sociali ai contatti ed agli spostamenti, che ben conosciamo.

La fase 3 inizia con molte difficoltà

E’ vero che in quel periodo sono stati varati alcuni ammortizzatori sociali: reddito di cittadinanza, come sostegno ai più deboli; cassa integrazione ai lavoratori di aziende ferme; un piccolo fondo per le imprese. Purtroppo, nessuno di questi ha finora avuto qualche effetto benefico, in qualche caso  per l’esiguità della risorsa; ma soprattutto perché non è ancora arrivato a chi ne aveva bisogno, per le lentezze della burocrazia o perché dovevano essere scritti i decreti attuativi.

La stessa sorte sembra toccare al Decreto Rilancio che, sulla carta, ingigantisce l’impegno economico del Governo (dagli iniziali 25 ai 50 milioni di euro), ma non ha ancora trovato attuazione nella realtà.

I cittadini si sentono abbandonati. Il governo propone gli stati generali

Pertanto, sembra che finora l’azione dell’Esecutivo presieduto da Conte sia stata una mera successione di buoni propositi, esternati con i discorsi del premier a reti unificate, in cui inoltre si chiede a tutti uno sforzo di comprensione e collaborazione. Richiesta di per sé giusta, data la critica situazione in cui ci troviamo, ma che non sembra raccogliere grande entusiasmo da parte dei cittadini, che si sentono abbandonati a se stessi, per i motivi di cui si è detto sopra. Infine, gli appelli del governo vengono fortemente osteggiati dall’opposizione per ragioni sì pregiudiziali, ma anche perché l’azione dello stesso appare autoreferenziale.

Così, vuoi per recuperare consenso dalle parti sociali, o per giustificare meglio le sue future iniziative, propone lo svolgimento di una composita assemblea, della durata di parecchi giorni, pomposamente denominata Stati Generali.

A chi piace il piano Colao

Ad essa sarebbero invitati esponenti dell’opposizione, del mondo economico e sindacale, grandi economisti,politologi, e vertici dell’Unione Europea. Lo scopo sarebbe quello di elaborare un progetto complessivo per la ristrutturazione dell’economia, della pubblica amministrazione, della giurisdizione e un piano di riforme condiviso, magari gradito alla UE.

La discussione potrebbe partire dal Rapporto per la “ripartenza di un’Italia resiliente, elaborato dalla task force di esperti presieduta da Vittorio Colao, ex AD di Vodafone, e presentato a Conte nei giorni scorsi. All’apparenza, il piano Colao sembra un libro dei sogni, poiché indica genericamente “tre assi” per la trasformazione del Paese: digitalizzazione e innovazione nel settore pubblico e nel privato; rivoluzione verde; parità di genere e inclusione.

Fase 3, condono e patteggiamento

Se però si va a leggere qualcuna delle più di 120 schede di lavoro che dettagliano i principi, si trova, per esempio: esclusione della responsabilità penale del datore di lavoro per il contagio da Covid-19; deroga per il 2020 al decreto Dignità, cioè libertà di rinnovo dei contratti a termine.

Ancora, voluntary disclosure, cioè il condono per il lavoro nero e soprattutto il patteggiamento a condizioni di favore per il rientro dei capitali dall’estero; inoltre, semplificazione del Codice degli appalti ed eliminazione delle gare per l’affidamento delle grandi opere.

Si capisce perciò che il piano piaccia molto a Confindustria, che già nei giorni scorsi aveva alzato la voce in modo minaccioso contro il Governo. Questi, peraltro, non aveva incontrato ostacoli rilevanti nel cedere al ricatto di FCA, come abbiamo detto in un altro articolo; né ad approntare un esborso miliardario per salvare ancora Alitalia, con tutte le pregresse corruttele.

Gli attori della ripresa e noi cittadini                      

Si capisce bene quali saranno gli attori (come li definisce Conte) veramente importanti presenti all’interno degli Stati Generali: industriali monopolisti, economisti liberisti e politici al servizio della finanza internazionale, crociati fanatici della globalizzazione.

E quale lo spazio riservato ai cittadini, cioè quello della sedia o poltrona in casa propria da cui seguire comodamente (!) le esternazioni in TV di lor signori, che si impegnano così tanto per il nostro benessere. Magari si chiederà/manipolerà il nostro parere con i soliti sondaggi dei talk show o, al massimo, ci si consentirà di esprimerlo tramite un click su una piattaforma online che, del criterio della volontà generale e del contratto sociale di Rousseau conserva soltanto il nome.

Noi cittadini e il politically correct

Giusto per essere pignoli sulla nomenclatura, come fanno paladini e servi del politically correct, i quali pretendono di inventare la realtà alterando il significato originario dei termini, vorrei sottolineare che cittadino è colui che può sempre esprimere la propria opinione, confrontarsi con gli altri e decidere insieme tramite organizzazioni rappresentative ; cosa che a noi è nei fatti impedita da molto tempo. Ciò implica diversi problemi relativi al diritto ed alla legalità che la prassi in corso sta stravolgendo, trasformando la democrazia in una funzione controllata.

Lasciando da parte questo problema, che necessita di un discorso a parte, torniamo a quello della ricostruzione economica e sociale.

Ricostruzione e sfruttamento locale e globale

Fino a ieri si è proclamato, da diversi commentatori e politici, che potremmo usare positivamente la lotta contro la pandemia per migliorare l’economia nell’interesse di tutti, salvaguardare l’ambiente e risolvere i mali storici come la povertà e la fame della maggior parte del pianeta.

Ma come ? Utilizzando sempre le solite ricette liberiste che hanno aggravato quei mali?

Soltanto per essere preparati ad affrontare nuove crisi dovremmo investire moltissimo  per restaurare una sanità distrutta dal profitto privato e dal malcostume pubblico, soprattutto quello locale. Per la scuola dovremmo investire altrettanto, o di più, se è vero che abbiamo bisogno di cittadini ben preparati che lavorino per la comunità, ricevendone un adeguato riconoscimento.

Fase 3, gli investimenti necessari

Ancora, investimenti occorrerebbero per forze armate e protezione civile, fondamentali per il mantenimento di un ordine democratico, per la difesa del territorio e gli interventi speciali in caso di calamità. E si potrebbe continuare…

Ma tutto ciò stride fortemente con l’esigenza conclamata di riforme intese a ridurre il debito pubblico e favorire l’aumento del profitto come richiesto dai padroni della tecnologia, sia all’interno che all’esterno del nostro Paese. Inoltre è in contrasto con le garanzie che ci richiede l’UE perché si possa ottenere qualche forma di aiuto “peloso”: MES, Recovery Fund o altro.

Globalizzazione spinta

In definitiva si può prevedere che la ricostruzione sarà effettuata nel senso di una globalizzazione ancora più spinta, poiché il potere economico tenderà a concentrare la ricchezza mondiale in poche mani, in pochi stati e grandi trust di oligopoli.

Per contrastare questa tendenza occorre acquisire coscienza dell’interdipendenza dei problemi degli individui e dei popoli, e sforzarsi quindi di sviluppare movimenti capaci di restaurare una corretta dialettica Politica-Economia.

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