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Islam-Italia: in molti Paesi musulmani l’amore è un ingrediente importante ma non indispensabile

Questo articolo non vuole né scoraggiare un matrimonio misto né incoraggiarlo, vuole solo fare chiarezza sulle differenze tra Islam e Italia

Islam Italia

Islam, matrimonio Marocco

Islam-Italia. Immaginiamo che Mario, milanese trentenne in viaggio di lavoro in un paese musulmano moderato ove l’Islam è religione di stato, incontri Miriam, giovane studentessa 25enne musulmana. Tra i due nasce prima una simpatia, poi un sentimento. Per accorgersi infine di essersi innamorati. E fin qui nulla di strano. E’ quello che accade alla maggior parte delle persone nel mondo. Mario propone a Miriam di trascorrere un weekend romantico in un hotel a Marrakech ma lei spiega a Mario che la legge lo vieta poiché non sono sposati.

Islam-Italia, Mario e Miriam si amano

Mario propone allora a Miriam di affittare un appartamento in un’altra città per poter passare qualche giorno da soli e conoscerti meglio. Miriam spiega a Mario che nessuno affitterebbe loro un appartamento poiché non sono sposati. Mario propone allora a Miriam di raggiungerlo in Italia affinché egli possa mostrarle il proprio Paese e farle conoscere la propria famiglia. Miriam ne sarebbe felice ma spiega a Mario che lei non potrà perché non ha un visto per l’Italia e che il consolato italiano non le rilascerà mai un visto per raggiungere il proprio fidanzato in Italia a meno che Miriam non abbia un contratto di lavoro o non sia regolarmente sposata. Anche in caso di richiesta di visto per viaggio turistico le formalità sarebbero talmente complicate che alla fine sia Mario che Miriam rinuncerebbero.

Dopo un po’ di tempo e dopo alcuni viaggi in cui Mario è andato a trovare Miriam a Casablanca e si sono incontrati per strada, al ristorante, in un bar un cinema ma nulla di più, Mario chiede a Miriam di conoscere la sua famiglia. Miriam spiega che ne sarebbe onorata Ma che quello significherebbe in qualche maniera ufficializzare la relazione in previsione di un matrimonio.

Il fidanzamento per i musulmani

Perché il fidanzamento, se non è la premessa al matrimonio non è considerato cosa buona, anzi la ragazza rischia di essere considerata male. Mario è molto innamorato ed è disposto a tutto per lei. Decide quindi di accettare e si presenta alla famiglia di Miriam. Viene accolto, come nella maggior parte dei casi, in maniera molto affettuosa e molto rispettosa. Con entusiasmo. Prima di andare avanti è bene chiarire un aspetto. Noi italiani nella maggior parte dei casi, se non sempre, ci sposiamo prima di tutto, per amore.

In molti paesi musulmani l’amore è considerato un ingrediente molto importante ma non indispensabile. Ci si sposa perché lo prevede la cultura. Lo impone la legge. Lo impone la società. Perché non ci sono alternative al matrimonio per quanto riguarda la vita di coppia. Inoltre il matrimonio rappresenta per l’uomo la possibilità di avere una discendenza. I figli fuori dal matrimonio sono di fatto considerati inesistenti. Per lo Stato non esistono e la madre è considerata una donnaccia e spesso ripudiata dalla propria famiglia. E per la donna, la possibilità di emanciparsi dalla propria famiglia, di avere dei figli e perché no, anche di una vita migliore.

Ma questo succedeva anche da noi fino a pochi decenni fa. Specie nel sud, in cui le famiglie in qualche modo, in buona fede, spingevano le proprie figlie a sposare uomini ricchi. Uomini importanti, con una “buona posizione”, anche se più anziani. Con lo scopo di garantire alle proprie figlie un futuro migliore. Non è quindi raro vedere coppie musulmane rappresentate da spose molto giovani e uomini molto meno. Così come è facilissimo trovare giovani spose marocchine sposate a uomini italiani anche molto in là con gli anni. Tutto questo non è visto in maniera negativa nell’islam. Non importa la differenza di età. Importa il successo del matrimonio.

Ma torniamo a Mario e a Miriam. Mario, ormai pronto a tutto per lei è disposto anche a convertirsi all’islam pur di poterla sposare e di vivere con lei visto che comunque non avrebbe scelta. Ma nessuno ha spiegato a Mario quali sarebbero le conseguenze. Così Mario e due testimoni si recheranno presso le autorità religiose del posto ove Mario dichiarerà di accettare la conversione e di rispettare tutti i dettami dell’islam. A quel punto si potrà procedere al matrimonio durante il quale, tra le altre, Mario giurerà di crescere i propri figli nella religione musulmana.

Un uomo che si converte all’islam dovrà assumere un nome nuovo

La maggior parte dei casi tutto questo ha un aspetto piuttosto esotico e affascinante ma nella vita pratica le cose non staranno esattamente così.
Quando si accetta di vivere in un altro paese se ne dovrebbero accettano le leggi rispettandole. Molti uomini vivono la conversione alla leggera, pensando che in fondo si tratta solo di una dichiarazione e e nulla più. Ma non è così. Oltre al fatto che si tratta di una questione di rispetto e coerenza e non un atto di ipocrisia. Una menzogna nei confronti della propria futura sposa, del suo paese e della religione islamica. Ma torniamo alla nostra coppia. Mario e Miriam sono finalmente marito e moglie. Mario ha però dovuto anche cambiare il proprio nome: adesso, nel Paese della moglie, si chiama Mustafa. Perché un uomo che si converte all’Islam è invitato dalle autorità religiose al momento della conversione ad assumere un nuovo nome.

Se Mario e Miriam torneranno in Italia non saranno obbligati a rispettare i dettami dell’islam. Mario continuerà a chiamarsi così anche nei documenti italiani. Durante il mese del Ramadan non saranno obbligati per legge ad astenersi da cibo e acqua dall’alba al tramonto e non rischieranno quindi sanzioni penali, né dovranno per forza educare i propri figli alla religione musulmana. Non dovranno mangiare esclusivamente carne macellata con rito religioso attraverso lo sgozzamento (qualunque altro tipo di carne macellata diversamente sarebbe vietata). Potranno liberamente mangiare prosciutto, salsicce e carne di maiale e bere vino in pubblico o in privato come, dove e quando vorranno. Mario potrà continuare ad andare in chiesa o farsi il segno della croce o a portare la catenina con il crocifisso d’oro ricevuto il giorno del suo battesimo.

Ma se dovessero decidere di vivere nel paese d’origine di Miriam o di andarci ogni tanto in vacanza magari assieme ai figli, tutto questo cambierebbe. Perché se in Italia Mario e Miriam indipendentemente da dalla propria fede sono cittadini Italiani uguali a tutti gli altri, nel Paese di nascita di Miriam le cose non stanno così perché Miriam è musulmana agli occhi della famiglia, agli occhi dei vicini, agli occhi della comunità. Ma soprattutto agli occhi della legge. Quindi Mario non si chiama più Mario ma è Mustafa ed è esattamente nelle stesse condizioni di Miriam. Dovrà rispettare il mese del Ramadan, non potrà mangiare maiale in pubblico o bere vino in determinate circostanze. Sarà buona cosa che si rechi in moschea a pregare il venerdì. Dovrà mostrarsi un vero e buon musulmano e soprattutto mostrare che i figli sono dei buoni musulmani.

Anche i figli avranno per legge l’obbligo di assumere dalla nascita, per primo nome, un nome musulmano seguito da una virgola e magari da un nome italiano. Il primogenito di Miriam e Mario si chiamerà ad esempio Hicham, Alessandro. In Italia lo chiameranno tutti Sandro, nel Paese della mamma si chiamerà Hicham. E se nel privato potranno anche vivere all’italiana, in pubblico non potranno farlo. Dovranno rispettare i dettami dell’Islam che coincidono quasi sempre con la legge. Questo articolo non vuole né scoraggiare un matrimonio misto né incoraggiarlo.

Tanto meno rappresentare una critica all’Islam, religione che personalmente rispetto profondamente così come rispetto tutte le altre fedi. Piuttosto vuole essere una opportunità di riflessione per tutti coloro che pensano che convertirsi all’Islam per ottenere un certificato di matrimonio sia un gioco. Una firma su un foglio e niente più. Non è un gioco. Non è uno scherzo. Farlo senza convinzione profonda, non spinti da un sincero e spontaneo atto di fede solo per ottenere un certificato di conversione, sarebbe non soltanto un gesto ipocrita, una bugia, ma potrebbe comportare delle conseguenze più o meno piacevoli sul piano sociale e giudiziario. Conosco italiani che si sono convertiti all’Islam per fede e sono diventati dei veri musulmani.

Per loro tutto questo non ha rappresentato nessuna forzatura, nessun cambiamento traumatico, nessuna difficoltà. Per altri, convertiti solo per poter sposare una donna musulmana è diventato una specie di incubo. Dover vivere una doppia vita, una alla luce del sole e l’altra all’interno delle proprie case con conseguenze quasi sempre negative nell’ambito familiare che hanno portato poi a separazioni e divorzi.

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